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Ad essere onesti non è la prima volta che se ne parla: scoraggiare l’uso del contante in favore della moneta elettronica, con la speranza di vivere, forse, un giorno, in una cashless society, una società senza banconote dove l’evasione avrebbe vita se non impossibile, almeno difficile. Matteo Salvini non credeva più di tanto alla possibilità di disincentivare l’uso della cartamoneta, perché “ognuno è libero di usare i soldi del suo conto corrente come vuole, dove vuole e pagando quello che vuole”. Ma ora che l’azionista di governo è cambiato, qualcuno ha pensato di riprovarci, nonostante la naturale predilezione dell’Italia verso la filigrana. Due giorni fa il Centro studi di Confindustria ha lanciato la sua proposta, definita da Salvini “una follia”: un credito d’imposta al 2% per chi utilizza i pagamenti elettronici, contro una tassa del 2% per chi preleva oltre 1.500 euro al mese.

TASSARE CHI PRELEVA, PREMIARE CHI USA LA CARTA

Nello specifico, gli esperti coordinati da Andrea Montanino, propongono un primo intervento di sconto sulle transazioni elettroniche, con un credito di imposta del 2% (meccanismo in virtù del quale lo Stato rimborsa al contribuente un credito maturato nel tempo) al cliente che paga con carta di pagamento. Un secondo intervento è invece costituito da una commissione sui prelievi di contante. “Sembra ragionevole”, ha scritto Csc, “assumere di esentare i prelievi mensili fino a 1.500 euro: ciò si traduce in un’esenzione dalla commissione per il 75% dei conti italiani. Applicando una commissione del 2% sui prelievi eccedenti tale soglia, si avrebbe un gettito annuale di circa 3,4 miliardi“. In pratica, chi preleva più di quella soglia dovrebbe pagare una tassa al bancomat del 2%. Per quanto riguarda il credito di imposta del 2% per incentivare l’uso della moneta elettronica lo sconto del 2% verrebbe compensato dall’emersione di attività finora non tassate a partire dal terzo anno, rendendo la misura positiva dal punto di vista degli effetti sulla finanza pubblica soprattutto nel quarto anno, nel 2023 per 2,48 miliardi di euro, secondo i calcoli di Confindustria.

I DUBBI DI VIERI CERIANI

Sulla questione Formiche.net ha chiesto il parere a Vieri Ceriani, sottosegretario al Mef nel governo Monti (2011-2013) e che ai tempi ha condotto le trattative con la Svizzera per giungere ad un accordo fiscale sul denaro depositato in nero nelle banche svizzere dagli italiani. “Onestamente ho dei dubbi su questa proposta avanzata dalla Confindustria. In realtà li ho sempre avuti, soprattutto dal punto di vista della fattibilità della cosa. Premesso che si andrebbero a infastidire gli italiani, il ristorno a mezzo credito di imposta è solo per chi è capiente (chi è tenuto a versare l’Irpef, ndr) nel 740. E quanti effettivamente lo sono oggi? Io credo che per dare una vera scossa alla lotta al contante la strada sia un’altra”, spiega Ceriani. “Faccio un esempio. Quando fu abbassata la soglia del contante a mille euro (2014, ndr), il risultato fu che cambiarono per esempio le abitudini di chi ritirava i soldi alla posta, in contanti. Quello fu indubbiamente un grosso salto di qualità nella lotta al contante”.

LA (VERA) LOTTA AL CONTANTE

Ceriani formula comunque una sua proposta, che nei fatti mira a ribaltare quella di Confindustria. “Troverei molto più intelligente tassare non i prelievi ma i versamenti di contante, perché è più frequente prelevare. Chi è che versa? I commercianti, gli artigiani. Allora l’idea potrebbe essere quella di dare un credito di imposta a chi accetta pagamenti tracciati, mentre sul versamento di contante, e non sul prelievo, metto la tassa. Si tratta di spostare il baricentro dell’operazione insomma. In ogni caso, mi pare che il governo abbia già iniziato a farsi impallinare dalle associazioni di commercianti, e questo non è un grande inizio”. L’ex sottosegretario dice infine la sua anche sull’Iva, la madre di tutte le sfide del nuovo governo. Trovare 23 miliardi è possibile? “L’esecutivo si è impegnato fin da subito, anzi direi proprio che è nato per questo obiettivo. Non vedo come non debba provare a farlo. Alla fine penso che ci riuscirà”.

 

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