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A dieci anni dalla sua nascita il M5S si trova certamente ad un bivio: può rilanciare in modo più maturo e concreto la sua sfida al sistema neoliberista, che ha trovato per oltre 30 anni in tutti i partiti, sia di sinistra che di destra, i suoi devoti rappresentanti, oppure può rischiare di essere riassorbito nella dialettica partitocratica tradizionale, e quindi scomparire.

Il M5S infatti nasce e si sviluppa sull’onda travolgente di una nuova contestazione radicale, che sta emergendo in questi anni in modalità del tutto post-novecentesche e post-ideologiche, ma non per questo meno rivoluzionarie. Beppe Grillo sintetizzava bene questo anelito, già nel 2013: “Qui non stiamo parlando di sostituire una classe politica con un’altra, qui stiamo parlando di questioni generali, di problemi mondiali, di come riprogettare la vita, e per far questo ci vuole un pensiero. Non basta una politica”.

Ecco, è proprio questo pensiero che manca, e che invece può e deve essere elaborato.

Il M5S nasce il 4 ottobre del 2009, nel 2013 entra in Parlamento, e già nel 2018 va al governo come primo partito. Questa accelerazione straordinaria ha impedito la maturazione di una visione filosofica e politica adeguata. Anche per questo abbiamo organizzato, dal luglio del 2017 fino all’aprile del 2019, ben venti Seminari Rivoluzionari a Montecitorio, col costante sostegno di Roberto Fico, per accompagnare l’azione legislativa e di governo con una visione ampia che tenesse desto l’entusiasmo degli attivisti e degli elettori.

Infatti prima il governo gialloverde, e adesso ancor più il governo giallorosso, nonostante alcuni buoni risultati ottenuti da Di Maio, hanno attenuato questo slancio, hanno appannato le ragioni fondative del M5S, e questo spiega la grave perdita di consenso subìta nell’ultimo anno.

A questo punto io credo che il M5S debba necessariamente rivalutare e rilanciare le ragioni del proprio essere, e del proprio compito, proprio alla luce di questa dura e faticosa fase governativa.

Gianroberto Casaleggio era chiaro: “noi vogliamo cambiare il Sistema, non vogliamo fare un nuovo partito”. Per queste parole 11 milioni di italiani hanno votato M5S un anno e mezzo fa.

E allora è tempo di capire e di spiegare molto meglio di che cosa stiamo parlando: quale sistema vogliamo cambiare? E come vogliamo cambiarlo? E in nome di quale alternativa?

Queste sono domande che ormai, anche a causa degli allarmi climatici e ambientali, risuonano un po’ dovunque, perfino nelle gelide stanze di Bruxelles; ma è tempo che siano chiarite, e che si comprenda che stiamo parlando di una vera e propria e grandiosa e affascinante rivoluzione culturale che dobbiamo affrontare tutti insieme.

Il punto perciò non sono le alleanze, ma la precisazione della propria identità.

Più diventano necessarie le convergenze con altre forze politiche e più diviene urgente e indispensabile definire e rafforzare la propria differenza. E questo richiede pensiero, appunto, molto pensiero, e dibattito pubblico, e incontri in cui si parli di politica e di visioni complessive.

La Rete è uno strumento fondamentale del nuovo tempo, ma di per sé è del tutto insufficiente, se manca un pensiero che la animi, senza pensiero infatti rischia di diventare un luogo gelido, di relazioni false o mancate.

Credo perciò che il M5S debba ripensare non solo la propria organizzazione interna, ma anche le forme della propria comunicazione. È nato col fuoco comico-apocalittico di Beppe Grillo, con la sua invenzione linguistica e teatrale, oggi, se vuole rilanciarsi, deve inventarsi nuovi eventi, nuovi momenti di festa pubblica, di incontro in piazza, e anche nuove forme di comunicazione telematica, che rilancino quella allegria rivoluzionaria, pacifica e potente, di cui oggi abbiamo tutti un grande bisogno.

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