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Un accordo di partenariato in dieci punti fra Ue e Giappone per la costruzione di una rete infrastrutturale comune e la fissazione di standard di sviluppo. Lo hanno annunciato questo pomeriggio il presidente uscente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il primo ministro giapponese Shinzo Abe intervenendo al Forum europeo per la connettività a Bruxelles. Digitale, trasporti, connettività sostenibile e grandi opere, tanti i settori coperti dal partenariato siglato nella capitale belga. Seguirà, ha annunciato la Commissione Ue, l’avvio dei negoziati con Tokyo per un accordo bilaterale sul trasferimento dei dati dei passeggeri. Si tratta del Pnr (Passenger name record), il set di informazioni sui passeggeri dei voli forniti dagli stessi in fase di prenotazione e acquisto dei biglietti. Un accordo per lo scambio dei dati, ha spiegato il Commissario europeo alla sicurezza Julian King, “ci aiuterà a identificare tragitti sospetti e a fermare pericolosi criminali e terroristi”.

Il partenariato rientra nel piano infrastrutturale Ue-Asia annunciato dalla Commissione Ue nel settembre 2018. Un maxi-investimento che sarà finanziato da un fondo comune stimato in 60 miliardi di euro volto ad assicurare eventuali perdite degli investitori (oltre al bilancio comune Ue del 2021 il piano attingerà risorse da banche di sviluppo e prestiti del settore privato). È il prosieguo del Partenariato strategico Ue-Giappone siglato nella capitale nipponica il 17 luglio 2018. L’accordo bilaterale aveva inaugurato una nuova stagione nei rapporti fra Tokyo e Bruxelles, in particolare rimuovendo buona parte del miliardo di dazi sulle esportazioni Ue (a partire dal settore di punta, quello automobilistico) e aprendo il mercato agricolo europeo a 127 milioni di cittadini giapponesi.

Meno rilevante nei numeri ma non meno incisivo politicamente l’accordo annunciato al Forum da Abe e Juncker. Il tempismo non lascia dubbi sul significato geopolitico del partenariato firmato dalla Commissione dimissionaria. Un avviso in direzione della Cina, che da anni è impegnata in Europa a porre le basi per la costruzione della Belt and Road Initiative (Bri), il mastodontico piano infrastrutturale terrestre e marittimo divenuto simbolo della presidenza di Xi Jinping e già accolto dal precedente governo italiano con la firma di un memorandum of understanding.

L’ex Celeste impero ha partecipato al forum con una delegazione guidata da Guo Xuejun, vicedirettore generale degli affari internazionali al ministero degli Esteri. Presente anche, assieme alle delegazioni di 50 Paesi, quella statunitense al seguito di Robert Strayer, sottosegretario di Stato per le politiche cibernetiche impegnato in un tour europeo di sensibilizzazione degli alleati sui rischi di una gestione cinese della rete 5G.

Inequivocabili le parole pronunciate da Juncker prima di siglare l’accordo. “L’apertura deve essere reciproca, basata su alti standard di trasparenza e buona governance, soprattutto per gli appalti pubblici, e accesso equo all’attività di impresa nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale”. Gli ha fatto eco Abe, con un’altra non velata stoccata al governo cinese: “Che si tratti di una singola strada o di un porto, quando Ue e Giappone giungono a un accordo, si impegnano a costruire una rete sostenibile, comprensiva e basata su regole condivise, dall’Indo-pacifico ai Balcani occidentali fino all’Africa”. Cioè lo stesso percorso attraversato dalla Bri di Pechino.

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