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L’Ungheria di Viktor Orbán apre a Est. Alla Cina per la precisione. Al punto che il ministro delle Finanze ungherese, Mihály Varga, ha espressamente chiesto al suo omologo cinese, Liu Kun, di aumentare la presenza del Dragone nel Paese balcanico, che oggi vive una fase particolarmente florida, grazie a un regime fiscale decisamente favorevole per le imprese. Dal 2017 Budapest applica infatti una flat tax sui redditi societari al 9%, tra le più basse in Europa, scelta che ha permesso all’ex Paese del blocco sovietico di attirare numerose aziende. Discorso che vale anche per le imprese cinesi, banche incluse.

BUDAPEST CHIAMA PECHINO (E VICEVERSA)

Lo scorso martedì Varga ha incontrato a Budapest Kun, affermando di voler dare ulteriore linfa verso quell’apertura a Est inaugurata dall’Ungheria con l’adesione all’Asian infrastructure bank, uno dei maggiori conglomerati finanziari e bancari del continente. “Il governo ungherese”, ha spiegato Varga, “ha ottenuto risultati considerevoli nello sviluppo dei rapporti economici con la Cina negli ultimi anni”. Secondo quanto riportato l’agenzia di stampa Mti, il ministro ungherese ha parlato di una politica di “apertura verso l’Oriente” da parte di Budapest, che si combina con l’iniziativa Belt and Road (Bri, Nuova via della seta, ndr). Di più, nell’incontro con Liu, Varga ha affermato che sono stati prese in considerazione le relazioni bilaterali e le opportunità di cooperazione economica. Citando le parole del suo omologo cinese, Varga ha spiegato che l’economia cinese è ancora molto dinamica e Pechino prevede che possa fare ancora da traino per la crescita globale.

A tale scopo Varga ha incontrato anche il presidente di China Exim Bank e il vicepresidente della Commissione per le riforme e lo sviluppo nazionale della Repubblica popolare cinese. Che l’anello di congiunzione tra l’ex terra dei magiari e la Cina sia comunque il settore bancario è confermato poi da un altro incontro, sempre nell’ambito della visita di Kun. Quello con il presidente della Bank of China, che gestisce un hub regionale a Budapest. Il ministro ungherese ha auspicato l’apertura di più filiali di banche cinesi in loco, al fine di garantire il rafforzamento del peso finanziario di Budapest nello scacchiere dell’Europa balcanica. E non è un caso che diverse banche cinesi stiano valutando la possibilità di aprire i battenti a Budapest, tra cui la Banca industriale e commerciale cinese.

IL PRECEDENTE GRECO

Non c’è solo l’Ungheria nelle mire cinesi. Anche la disastrata Grecia sembra essere finita nei radar di Pechino. Tre settimane fa due grandi banche cinesi hanno aperto uffici di rappresentanza ad Atene. Secondo quanto riportato dal quotidiano Kathimerini, la Bank of Greece ha già informato il ministero greco dello Sviluppo che Bank of China (Europe) Luxembourg e Industrial and Commercial Bank of China (Europe) SA, anch’essa con sede a Lussemburgo. Già ad agosto 2019, scriveva il quotidiano ellenico, il capo delle operazioni europee di Bank of China, Zhou Lihong, aveva annunciato che la Banca avrebbe aperto una filiale in Grecia entro la fine dell’anno.

Budapest chiama le banche del Dragone. Le mani cinesi sui Balcani

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