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Almeno undici persone sarebbero rimaste uccise in un bombardamento aereo che ha colpito alcune postazioni governative siriane stanotte. Otto di loro sarebbero “stranieri”, ed è molto probabile che si tratti di Pasdaran o militanti jihadisti di Hezbollah (ci sono già diversi rumors, e forse a quelli resteremo, perché in certe situazioni è difficile avere un disclosure).

Sono stati uccisi in una serie di bombardamenti israeliani. Una reiterazione secca, diretta, per un attacco sventato ieri dalle colline del Golan. Un piano missilistico lanciato dalla Siria: quattro missili intercettati dalla Cupola di Ferro che difende i cieli dello stato ebraico. La radio militare l’aveva definito “molto grave”, ed è il politichese israeliano per anticipare una ritorsione netta.

Il raid aereo di ieri notte ha colpito il quartier generale siriano dei Pasdaran a Damasco, un grande base di una milizia sciita, e diversi nodi logistici di collegamento. L’Iran ha mobilitato in Siria una serie di milizie sciite con il doppio fine di difendere il regime amico e di trasformare il paese in una piattaforma militare contro Israele. Da anni l’unità d’élite dei Pasdaran, la Quds Force (ossia la Forza Gerusalemme) guidata dal generalissimo Qassem Soleimani,  è schierata sul territorio siriano col compito di dirigere le operazioni.

Addestrare i miliziani – soprattutto i libanesi di Hezbollah, fedelissimi e ancora formalmente in guerra con Israele dal 2006 – e passargli armamenti sofisticati per braccare militarmente Israele dal Nord. Dal Golan (dove si trovano gli Hezbollah), dal Libano meridionale (dove il gruppo ha scalato lo Stato fino ai massimi vertici attraverso la commistione politico-militare). Gerusalemme da anni cerca di eliminare con discrezione i vari pezzi del puzzle che compongono questo piano aggressivo iraniano. Da qualche tempo ne rivendica pubblicamente il diritto come operazioni di difesa preventiva, come fatto oggi.

Ieri sera l’esercito israeliano (Idf) ha scritto su Twitter: “Riteniamo il regime siriano responsabile delle azioni che si svolgono nel territorio siriano e lo mettiamo in guardia dal consentire ulteriori attacchi contro Israele. Continueremo a operare con fermezza e per tutto il tempo necessario contro il trinceramento iraniano in Siria”.

Val la pena sottolineare un elemento tecnico dal valore politico. La base dei Quds colpita a Damasco si trova nel settore dell’aeroporto internazionale che ospita anche il quartier generale della Forza di protezione aerea siriana, con le batterie missilistiche terra-aria (sei ne sono stato distrutte). Israele ha inviato i suoi aerei in profondità, a bombardare sopra quel luogo strategico, e ha compiuto la missione con successo. Uno smacco per Damasco e per l’Iran, una prova di forza israeliana; e dunque deterrenza. Possibile che siano stati usati gli ordigni a planata, e che l’attacco sia avvenuto dallo spazio aereo israeliano; possibile che tutto sia stato compiuto attraverso l’uso degli Adir, gli F35 modificati in dotazione alla Iaf.

La Russia, che controlla i cieli siriani in qualità di principale sponsor del regime e che si trova in relazioni scomode con Teheran, ha definito l’attacco una “wrong move“, una mossa sbagliata, ma considerando l’attuale vicinanza tra Mosca e Gerusalemme è del tutto probabile che resti solo retorica. I comandi radar russi potrebbero essere stati avvisati in anticipo dell’azione. Oppure non hanno visto passare gli aerei stealth israeliani, e questo sarebbe un imbarazzo, un’inferiorità, anche per il Cremlino, che per tale ragione potrebbe aver reagito stizzito.

L’attacco contro l’Iran in Siria arriva fra l’altro in giorni molto delicati per la Repubblica islamica. Per le strade iraniane si sono diffuse le proteste, a cui il regime ha risposto con la repressione. Anche in Iraq e Libano, due Paesi dove la penetrazione iraniana attraverso le realtà proxy è pesante, ci sono manifestazioni e moti che hanno anche come obiettivo andare contro le politiche iraniane in quei due Paesi (e dunque nella regione).

Cosa spiega la reazione di Israele contro l'Iran in Siria

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