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Era l’11 agosto di tre anni fa, quando su Repubblica e sul quotidiano francese Le Monde l’attuale commissario europeo per gli Affari economici, allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni firmava, insieme alla collega della Difesa Roberta Pinotti, una lettera per lanciare la volata alla “Schengen della difesa”. Si trattava dell’invocazione più autorevole, fino ad allora pervenuta, per la Difesa europea, dalla Pesco ai nuovi strumenti di finanziamento per i progetti delle industrie del Vecchio continente.

I PROGRESSI

Oggi, dopo tre anni, la Difesa comune è quasi realtà. I dettagli e le regole del nuovo Fondo (Edf) sono stati definiti e ci si prepara a stanziare 13 miliardi di euro per il prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027. In più, al vertice della Commissione europea è arrivata Ursula von der Leyen, ministro della Difesa tedesca per sei anni, tra le protagoniste (insieme alla stessa Pinotti) del trio franco-tedesco-italiano che ha promosso il processo di integrazione nel campo, sintetizzato nelle iniziative dell’ormai ex Alto rappresentante Federica Mogherini. Insomma, alla guida della Commissione c’è una politica che di Difesa se ne intende. Tra l’altro, avrà nella sua squadra Sylvie Goulard, la francese che si è aggiudicata il Mercato unico con responsabilità anche sulla nuovissima (e a lungo invocata) Direzione generale per Difesa e Spazio. Anche la Goulard, sebbene solo per un mese, è stata ministro della Difesa, un ulteriore segnale dell’attenzione che il nuovo esecutivo comunitario darà al comparto.

TRA DUBBI E OPPORTUNITÀ

Da un punto di vista strategico, restano molti dubbi sulla Difesa europea. Gli Stati nazionali hanno dimostrato a più riprese di voler mantenere la propria autonomia, nonché di avere agende di politica estera diverse se non, a tratti, divergenti. Su questo, la scelta italiana è ribadita nella fedeltà prioritaria all’Alleanza Atlantica. Eppure, da un punto di vista industriale, la Difesa comune offre opportunità importanti, considerando anche l’esigenza di evitare che l’intero processo prenda strade diverse rispetto a quelle rispondenti agli interessi italiani, a partire dalla complementarietà con la Nato. Per questo, è importante che il nostro Paese segua il dossier.

APPELLO AL GOVERNO

I ministri della Difesa e degli Affari europei, Lorenzo Guerini e Vincenzo Amendola, dovranno dedicare un pezzo della loro attenzione al tema, scegliendo con il resto dell’esecutivo figure adeguate a seguirne l’evoluzione, a Roma come a Bruxelles. Dalla rappresentanza permanente alle posizioni che si apriranno con la nuova direzione generale, serviranno funzionari capaci e ben preparati. Magari, si potrà anche pensare di affidare a un sottosegretario di palazzo Baracchini la delega per la Difesa europeo, così da avere un occhio sempre puntato alle dinamiche comunitarie.

LE FIGURE DI VERTICE

Su queste colonne, il vice presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai) Michele Nones ha suggerito la proposta di una candidatura “forte, militare e credibile” per il nuovo vertice dell’Agenzia europea per la Difesa (Eda), con l’attuale chief executive in scadenza a fine anno. L’Italia, con il generale Claudio Graziano, ha già la presidenza del Comitato militare dell’Ue, ma ciò non inibirebbe l’ipotesi della guida dell’Eda per due ragioni: primo, perché già c’è stata concomitanza di nazionalità tra i due incarichi; secondo, perché l’Italia è l’unico, tra i maggiori Paesi dell’Unione, ad aver ricoperto quell’incarico. Una partita simile si giocherà anche per l’Agenzia spaziale europea (Esa), visto che il direttore generale Jan Woerner terminerà il mandato nei primi mesi del prossimo anno.

LA SFIDA

Quella degli incarichi di vertice è una sfida importante, ma non l’unica. Servirà soprattutto uno sforzo di attenzione da parte dell’esecutivo, da srotolare poi nelle varie sedi politiche e diplomatiche. Per la Difesa, occorrerà un impegno sistemico per capire su quali progetti puntare e quali lasciar perdere, su quali tecnologie mantenere un’impostazione sovrana e quali affidare all’integrazione con altri Paesi. Resterà poi la consueta sfida del budget, visto che le risorse europee saranno erogate per lo più con la formula del co-finanziamento da parte dell’Ue. Ciò richiederà impegno finanziario per poter accedere al fondo e partecipare ai progetti, accanto alla nota necessità di una visione programmatica di lungo periodo. Per i ministri Guerini e Amendola ci sono i margini per rilanciare l’azione italiana in questo campo. A Bruxelles ci sarà Paolo Gentiloni. Da ministro degli Esteri indicò la strada per la Difesa europea. Da commissario per gli Affari economici avrà funzioni diverse in rappresentanza di tutti i cittadini europei. Chissà però che non possa dare un’occhiata privilegiata alle carte della collega francese. Intanto, a Roma, il neo ministro per gli Affari europei può essere il positivo raccordo tra Difesa, Farnesina e Commissione.

Appello al governo: attenzione (e scelte giuste) per la Difesa europea

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