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Reduci dal G20 di Osaka, fra poco i leader europei si rivedranno nel Consiglio europeo straordinario di Bruxelles per formalizzare un accordo sulle nomine che sembra essere stato finalmente raggiunto. Ovviamente, come previsto, a spartirsi il bottino, se le indiscrezioni saranno confermate, dovrebbero essere le forze che credono sostanzialmente nel progetto europeo così come finora è stato pensato e realizzato, comprese le due forze di governo della precedente legislatura pur uscite a dir poco punite dalle elezioni del 26 maggio. Esse hanno perciò dovuto aggregare alla maggioranza le forze nuove, ma pur sempre “europeiste”, che sono risultate invece in qualche modo “vincitrici” dalla tornata elettorale: i verdi e i cosiddetti “liberali” dell’Alde (un equivoco lessicale sul punto di sciogliersi già nelle prossime settimane con il battesimo del nuovo gruppo parlamentare allargato a Macron).

LO STATO ATTUALE DELL’UE

Magari fosse solo un problema di rinnovo delle classi dirigenti! Quello europeo, ad avviso di chi scrive, è un progetto da rivedere radicalmente, pena il suo rapido dissolversi. Le forze cosiddette “sovraniste” o “nazional-populiste”, che pure hanno avuto una crescita elettorale, ovviamente non sufficiente a governare l’Unione, pongono, in questa ottica, seppure in modo variegato e spesso confuso e contraddittorio, esigenze molto sentite dai popoli europei che esigerebbero risposte più appropriate per fare uscire il nostro continente dalla crisi in cui versa. Esse devono però ancora “maturare”, in tutti i sensi. E soprattutto trovare una piattaforma di azione comune che forse le nomine che emergeranno stasera cominceranno a creare.

IL GIOCO DELLE NOMINE

Lo stallo, stando alle suddette indiscrezioni, sarebbe stato superato grazie al ritiro della candidatura per la presidenza della Commissione di Manfred Weber, lo Spitzenkandidat, cioè il candidato designato, del gruppo dei popolari. Su di lui era pesato il veto di Emmanuel Macron, anche se in verità il leader dei democristiani bavaresi non esaltava nemmeno Angela Merkel. In cambio di questo “sacrificio”, Weber sarebbe ricompensato con la presidenza dell’Europarlamento, ove prenderebbe il posto di Antonio Tajani. Lo Spitzenkandidat socialista Frans Timmermans, nonostante il drastico ridimensionamento del suo gruppo parlamentare e la generale crisi del socialismo continentale e non, siederebbe invece secondo gli accordi al vertice più alto di Bruxelles (fatto che da un punto di vista simbolico la dice lunga sull’attuale tasso di democraticità delle istituzioni europee!).

Ai “liberali” andrebbe invece la presidenza del Consiglio Ue (designato il premier belga Charles Michel) e ancora ai popolari l’Alto rappresentante per la politica estera (toccherebbe alla georgiana Kristalina Georgieva). L’attuale governatore dela Banca di Francia Villeroy de Galhau andrebbe infine a ricoprire la carica di presidente della Bce alla scadenza a ottobre del mandato di Mario Draghi.

E L’ITALIA?

Dai giochi sembra siano stati perciò del tutto esclusi sia i Paesi di Visegrad sia l’Italia. Non è detto che le indiscrezioni trapelate siano del tutto fondate, né che gli accordi non saltino all’ultim’ora, già stasera. Il fatto di aver escluso del tutto dai giochi i Paesi di Visegrad e l’Italia mostra tuttavia, a mio avviso, una assoluta cecità e insensibilità politica da parte delle forze di maggioranza europea. Un errore che potrebbe essere pagato molto caro sulla distanza.

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