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Eppur si muove. In Italia sta iniziando a germogliare una cultura di destra. Un piccolo ma agguerrito gruppo di neonate case editrici, scrittori, intellettuali ha gettato il guanto di sfida al monopolio che da sempre la sinistra vanta nel dibattito culturale nostrano. Un monopolio che, va detto, non è certo ascrivibile solo alla sinistra, ma deve molto alla pigrizia e alla mancanza di idee dell’ampio fronte della destra italiana. Pigro non è di certo Francesco Giubilei, giovanissimo astro nascente dell’editoria (ha 27 anni) che si è appena guadagnato un posto fra i Forbes 30, presidente della Fondazione Tatarella, fondatore del movimento Nazione Futura e della casa editrice Giubilei Regnani con cui da anni cerca di riportare alla luce autori e lavori degni di nota e tuttavia messi in sordina dall’intellighenzia italiana, da Leo Longanesi a Giuseppe Prezzolini, da Indro Montanelli a Giovanni Volpe e Giovanni Guareschi. Un’operazione di sdoganamento che sta dando i suoi frutti, e non merita di essere accostata al solito, polveroso incontro di boxe fra fascismo e antifascismo, razzismo e antirazzismo.

Per quanto nobile, questo recupero della cultura di destra deve fare i conti con il vocabolario del presente. Esiste ancora la destra in Italia e in Europa? Se c’è, si nasconde sotto altri pseudonimi, tant’è che il termine “destra” viene rispolverato ormai solo dalla sinistra, va da sé, con accezione negativa. Una miriade di altre parole affolla il largo fronte identitario europeo. Nazionalismo, conservatorismo, patriottismo. Poi la più gettonata di tutte: sovranismo. Così abusata che è ormai divenuta un catch-all term, buono per tutte le stagioni. Cos’è davvero questo sovranismo che minaccia di scuotere l’Europa alle elezioni del 26 maggio? Cos’hanno in comune due movimenti come Lega e Fratelli d’Italia con le decine di altri movimenti politici europei che come loro si definiscono sovranisti pur avendo programmi, idee, storie agli antipodi? A queste domande prova a rispondere un nuovo libro di Giubilei, “Europa Sovranista” (Giubilei Regnani) presentato questo martedì al Centro Studi Americani di Roma con il collega Daniele dell’Orco (fondatore di Idrovolante Edizioni), il filosofo Corrado Ocone e l’economista Antonio Rinaldi.

“Cosa vuol dire essere sovranista? Conoscere e rispettare l’articolo 1 della nostra Costituzione – ha esordito Rinaldi, volto noto dei salotti tv e ora candidato della Lega alle europee per la circoscrizione di Centro – se vogliamo che il suffragio universale abbia ancora senso, dobbiamo ridare il primato alla politica, rimettere la sovranità nelle mani del popolo”. L’incipit è un pretesto per ripercorrere a grandi pennellate la storia dell’Ue, non nel più roseo dei modi. “L’unica volta che noi italiani abbiamo deciso qualcosa fu quando Ciampi in tv fece scegliere con il televoto quali immagini dovevano finire sull’euro – scherza l’economista, che si alza in piedi invitando la sala a fare lo stesso ogni volta che cita quelli che chiama i suoi “maestri”, Giuseppe Guarino e Paolo Savona. Uno ad uno Rinaldi elenca i nodi che a suo parere hanno increspato il percorso comunitario. L’Euro? “I cittadini si devono adattare alle rigidità di una moneta, ma dovrebbe essere il contrario”. Il Fiscal compact? “Un accordo intergovernativo illegittimo, va contro i Trattati”. Per ultimo, il trattato di Aquisgrana fra Germania e Francia: “A che serve parlare di Ue a 28 se poi si crea un direttorio franco-tedesco?”.

È fallita l’Ue, non l’Europa che resta la nostra comunità di destino” gli fa eco Ocone, che ha appena scritto un saggio sul tema dal titolo eloquente: “Europa. L’Unione che ha fallito” (Giubilei Regnani). “Siamo europeisti – dice il filosofo – ma vogliamo un’Europa delle diversità”. Il guaio di questi anni invece sta nella confusione che ha messo su due fronti opposti liberalismo da una parte e sovranismo e nazionalismo dall’altra. “Il liberalismo delle origini, quello di autori come Hanna Arendt e Benedetto Croce, è alieno dalla curvatura che il pensiero liberale ha preso negli ultimi 50 anni, quello che vede nello Stato nazione un nemico da abbattere ed estirpare per far posto a un super-Stato mondiale è un progetto illiberale di cui l’Ue di oggi è intrisa”.

Quest’ambiguità lessicale non fa bene all’universo politico sovranista, che paga il prezzo di non avere alle spalle un mondo culturale a sostegno. Non basta prendere il potere e vincere le elezioni. Perché la tanto acclamata “internazionale sovranista” entri nella sua fase di maturità c’è bisogno che nasca un’élite sovranista, spiega Giubilei. “Serve un collante culturale che unisca movimenti diversi come Vox, Afd, Lega, Rassembement National”. Può essere un punto fondante di un contratto europeo fra movimenti sovranisti, sulla scia di quello gialloverde, spiega il giovane editore, che si lancia in un pronostico per il 26 maggio: “I sovranisti non hanno i numeri per una maggioranza. Per cambiare l’Europa dovranno stringere un patto con il Ppe e i conservatori dell’Ecr”.

Al sovranismo manca un'élite, sennò il progetto politico non regge

Eppur si muove. In Italia sta iniziando a germogliare una cultura di destra. Un piccolo ma agguerrito gruppo di neonate case editrici, scrittori, intellettuali ha gettato il guanto di sfida al monopolio che da sempre la sinistra vanta nel dibattito culturale nostrano. Un monopolio che, va detto, non è certo ascrivibile solo alla sinistra, ma deve molto alla pigrizia e…

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