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Leggere una sentenza non è facile, soprattutto quando il panorama normativo è complesso. Un esercizio che però occorre fare perché spesso la lettura di qualcun altro, può essere che non evidenzi tutti gli aspetti della questione. Così quando ho letto della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio (C 305-2018) riguardante l’art., 35 dello Sblocca Italia non ho resistito e sono andata a leggermela.

LA LEGGE

Ricordo che l’articolo 35 del decreto-legge del 12 settembre 2014, n. 133 dalla legge dell’11 novembre 2014, n. 164 prevedeva che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, dovessero individuare a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti così individuati avrebbero costituito infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuando un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati e garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza.

IL DECRETO LEGGE DEL 2016

Sulla base di tale disposizione veniva adottato il decreto del 10 agosto 2016 che prevedeva:
a) l’individuazione della capacità attuale di trattamento nazionale degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati in esercizio al mese di novembre 2015;
b) l’individuazione della capacità potenziale di trattamento nazionale, riferita agli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati autorizzati e non in esercizio al mese di novembre 2015;
c) l’individuazione, per macroaree e per regioni, degli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare o da potenziare per coprire il fabbisogno residuo nazionale di trattamento dei medesimi rifiuti.

LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

Risparmio il dettaglio sul successivo contenzioso che ci porta fino alla Corte di Giustizia con una domanda di pronunzia pregiudiziale e cerco di individuare i punti cardine della vicenda e qualche principio a cui ispirarci.
Molti, infatti, hanno commentato il par. 60 della sentenza che afferma che i relativi articoli della (…) “direttiva VAS devono essere interpretati nel senso che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, costituita da una normativa di base e da una normativa di esecuzione, che determina in aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale natura, rientra nella nozione di ‘piani e programmi’, ai sensi di tale direttiva, qualora possa avere effetti significativi sull’ambiente e deve, di conseguenza, essere soggetta ad una valutazione ambientale preventiva”. Ciò significa che le infrastrutture strategiche di preminente interesse sono piani e programmi assoggettati ad una preventiva valutazione ambientale.

Ma c’è anche il par. 39 della sentenza. Esso afferma che il principio di gerarchia comunitario, “quale espresso all’articolo 4 della direttiva ‘rifiuti’ e letto alla luce dell’articolo 13 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che qualifica gli impianti di incenerimento dei rifiuti come ‘infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale’, purché tale normativa sia compatibile con le altre disposizioni di detta direttiva che prevedono obblighi più specifici”. Insomma c‘è di che riflettere.

UN PIANO DI INFRASTRUTTURE STRATEGICHE

Dobbiamo far meglio, ma un piano di infrastrutture strategiche non è contrario al diritto comunitario, né di per di sé sovverte il principio di gerarchia comunitario. Non si può continuare a ignorare che è indispensabile pianificare l’uso delle infrastrutture (di recupero energetico e discariche) e autorizzarne di nuove, facendo in modo che si privilegino il recupero dei rifiuti rimossi nelle operazioni di recupero e riciclaggio.

Questi rifiuti hanno di fatto origine e caratteristiche di un rifiuto urbano e, ad esempio, dovrebbero rientrare obbligatoriamente nella pianificazione regionale. Insomma la gerarchia non può servire a bloccare le infrastrutture, ma deve essere funzionale ad una priorità nella realizzazione delle stesse.

rifiuti, infrastrutture

Rifiuti, un piano di infrastrutture strategiche non è contrario al diritto comunitario

Leggere una sentenza non è facile, soprattutto quando il panorama normativo è complesso. Un esercizio che però occorre fare perché spesso la lettura di qualcun altro, può essere che non evidenzi tutti gli aspetti della questione. Così quando ho letto della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio (C 305-2018) riguardante l’art., 35 dello Sblocca Italia non ho resistito e…

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