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Non ci sono le condizioni sociali per garantire elezioni democratiche. Così il presidente della Repubblica albanese Ilir Meta annulla le elezioni amministrative previste a fine mese, dopo un semestre di scontri di piazza contro il governo socialista di Edi Rama. Singolare che proprio adesso che le condizioni generali in Albania sono migliorate, con business diversificati da parte di molti players stranieri, ci sia più instabilità di quando la povertà era dilagante. Si parla insistentemente addirittura di un voto in parlamento per rimuovere il presidente, facendo precipitare il Paese in una vera e propria crisi costituzionale. Ma sullo sfondo si staglia la grande partita per le influenze (cinesi) sul costone balcanico.

CRISI

I rapporti tra i vertici dello Stato albanese sono da tempo conflittuali, ma è la prima volta che lo scontro si fa così plasticamente aspro. E accade proprio mentre l’area è interessata da una serie di fatti e cambiamenti che si riverberano su governi e partnership. È il caso del futuro del Kosovo, dei suoi rapporti con Belgrado e Skopje, della nuova collocazione della Macedonia del nord dopo il cambio del nome, e del progetto della Grande Albania che gioco forza apporterà nuovi equilibri all’intera macro regione. È utile ricordare che pochi giorni fa la Serbia ha lanciato un segnale preciso dopo uno strano episodio nella provincia del Kosovo e che in queste ore Usa e Polonia sigleranno un accordo per una maggiore presenza di marines sulla Vistola.

VERSO L’UE?

Edi Rama si è posto l’obiettivo di essere l’uomo che mette il suo Paese sulla strada europea, con le procedure di adesione che dovrebbero essere avviate a giorni, anche se due sono gli scogli principali sulla sua strada. Alcuni players che giocano la partita dell’allargamento si stanno rivelando alquanto diffidenti nell’accettare nuovi potenziali membri in un momento di crescente populismo ed euro-pessimismo. In secondo luogo le manifestazioni di protesta contro il suo governo, messe in campo dall’opposizione di centrodestra pro-Ue, puntano apertamente il dito contro il governo accusandolo di corruzione e di legami con il crimine organizzato, ragion per cui si chiedono elezioni anticipate. Ultimo corteo di protesta, in ordine di tempo, quello andato in scena la scorsa settimana con migliaia di cittadini in piazza a Tirana con palloncini e fuochi d’artificio, scandendo il grido “Rama, vai!”.

IN PIAZZA

L’ambasciata americana a Tirana ha condannato la violenza durante le manifestazioni, mentre il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che era in visita a Tirana domenica scorsa, ha invitato entrambe le parti “a risolvere le eventuali divergenze attraverso il dialogo e i processi politici stabiliti”. “Questa unione ha imposto l’annullamento delle elezioni del 30 giugno”, ha detto Lulzim Basha, leader del Partito democratico di opposizione, impegnandosi nel continuare la sua battaglia, che programmaticamente si traduce nella nomina di un governo di transizione e in elezioni generali da tenersi presto (in autunno?) Per corroborare questa strategie, ecco che i membri dell’opposizione hanno rinunciato ai loro seggi in Parlamento, dove il governo può contare su una solida maggioranza.

CONTROMOSSA

Ma Rama non ha intenzione di lasciare scoperto il fianco che guarda a Bruxelles, come ribadisce in comizi e interviste, certo che l’ingresso tra gli stati membri consentirà al paese di posizionarsi in una zona sicura “dalla maledizione della storia”. Ed è sostenuto dai paper tematici di Bruxelles: secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea sia l’Albania sia la Macedonia settentrionale sono a buon punto nel cammino delle riforme per iniziare il processo di adesione, ma la decisione finale spetta ai leader politici europei.

ALLEANZE E INFLUENZE

Attenzione anche alla geopolitica, con la partita per gli idrocarburi nello Ionio e le mire cinesi sui Balcani: è questo un periodo di forte liquidità nei Balcani occidentali, che fa indirizzare dal premier albanese un messaggio a Bruxelles: si sbrighi, oppure il vuoto di euro-potere potrebbe essere riempito da altri soggetti pronti a nuove mosse e di fatto già attivi in quel quadrante (come Mosca e Pechino).

La prospettiva della “One Belt, One Road” infatti potrebbe avere interessi anche in Albania, che mira ad entrare in un periodo di luna di miele economica con Pechino. La Cina non dimentica che durante gli anni della Rivoluzione Culturale, quando c’era una forte contrapposizione tanto con gli Stati Uniti quanto con l’Unione Sovietica, l’Albania era l’unico alleato straniero del presidente Mao Zedong.

E ad oggi l’Albania è considerata da Pechino il suo avamposto strategico nei Balcani. Lo dimostra tre le altre cose il fatto che tre anni fa la Geo-Jade Petroleum Corporation della Cina ha acquisito la Bankers Petroleum, che era precedentemente nota come la National Oil Company albanese.

twitter@FDepalo

Mire cinesi sui Balcani. Cosa c'è dietro la crisi politica in Albania

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