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“Un embargo può aiutare, ma ormai il danno è fatto”. David Ignatius taglia le parole con l’accetta. Firma di punta della redazione esteri del Washington Post, saggista e analista di politica estera di fama internazionale, oggi è nero con il presidente Donald Trump. L’annuncio di un ritiro immediato delle truppe americane stanziate in Siria che ha dato il via all’invasione turca delle aree in mano ai curdi nel Nord Est è l’ultima puntata della politica estera trumpiana da lui ribattezzata “uno show da clown”. E, confida Ignatius a Formiche.net, “ha gravemente danneggiato l’immagine del Paese”.

Non solo. “Ha messo in imbarazzo l’esercito americano”, aggiunge il giornalista, che con gli apparati militari e di intelligence statunitensi vanta da sempre un filo diretto. “Trump ha commesso un grave errore – dice – ma dietro la decisione presa non c’è alcuna cospirazione”. C’è una coerenza dietro il disegno dell’amministrazione Usa in Siria. “Trump non ha mai voluto mantenere le truppe sul territorio siriano, avremmo dovuto prenderlo in parola. È convinto di essere stato eletto per portare via i soldati statunitensi dalle guerre in Medio Oriente”.

Una promessa mantenuta che proietta una grande incognita sulla prossima corsa allo Studio Ovale nel 2020. Non sono poche le voci critiche all’interno del Partito repubblicano che già si sono sollevate contro il presidente. È il caso di Lindsey Graham, consigliere fidato del presidente per la politica estera che ultimamente ha allentato i rapporti con la Casa Bianca per le sue molte prese di distanza dalla linea ufficiale dell’amministrazione.

Ma anche di Mitch McConnell, il leader della maggioranza repubblicana al Senato che in un comunicato ha definito “una calamità strategica” la scelta di Trump e si è detto “gravemente preoccupato”. Difficile per il momento valutare gli effetti elettorali del retrofront, spiega Ignatius. “Non sappiamo se gli elettori repubblicani saranno d’accordo, né se un candidato democratico voglia davvero far propria una politica diversa”.

L’avanzata turca non si arresterà con un blocco dell’export, dice l’analista americano. “Erdogan non si fermerà finché non avrà sradicato il Pkk, lo Ypg e l’Sdf. Cercherà in tutti i modi di installare un cordone sanitario intorno al confine turco-siriano. E vorrà riallocare i suoi rifugiati arabo-siriani”. Con il ritiro dei soldati dalla Siria, dice Ignatius, Trump ha dato via a una doppia campagna di conquista. Da una parte Erdogan. Dall’altra Vladimir Putin, che ha già iniziato a mettere un’ipoteca sulle aree riconquistate da Bashar al Assad dopo anni di conflitto e ora messe a rischio dalle mire di Ankara. “Putin lavorerà con il regime di Assad per tentare di consolidare il controllo sul Nord Est della Siria e porlo sotto l’egemonia russa”.

 (Foto: Poor Stuart’s Guide)

Siria? Trump ha commesso un grave errore ma... Parla David Ignatius

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