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Ieri il governo cinese ha deciso di aprire i propri mercati alla aziende straniere anche su campi come i gasdotti (e infrastrutture connesse) e la ricerca mineraria. Per fare il punto su quello che può significare questa apertura di Pechino, Formiche.net ha contatto Davide Tabarelli, presidente e fondatore, dal 2006, di NE-Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente.

Che cosa significa questo per il settore? 

La notizia è positiva e fa parte delle risposte alle pressioni esercitate da Donald Trump con la guerra dei dazi (lo scontro commerciale tra Cina e Stati Uniti per cui il presidente americano vuole trattare un accordo e inserirci anche riforme strutturali al mercato interno cinese, ndr).

Queste presunte aperture avranno una dimensione reale?

Certo, che sia un vera apertura è tutto da verificare, ma in altri settori altrettanto importanti l’ingresso c’è stato.

La Cina è un mercato attrattivo?

La decisione di Pechino è positiva soprattutto per questo, la Cina è il mercato in assoluto più importante per crescita attesa. Da sempre uno dei fattori chiave per le attività minerarie di successo è la vicinanza ai centri di consumo, perché petrolio e gas vanno sempre trasportati e questo costa.

Qual è in questo momento il ruolo di Pechino nel mondo dell’energia globale?

In certi casi è bene far parlare i numeri: la domanda di Energia Primaria cinese è di 3273,5  milioni di tep (il tep è la tonnellata equivalente di petrolio, un’unità di misura dell’energia che ne rappresenta la quantità rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo. Ndr). Parliamo di qualcosa che vale il 23,6 per cento sul totale mondiale (dati 2018). La domanda di petrolio è di 641,2 mln tep, ossia il 13,8 per cento su totale mondiale; quella di gas 243,3 mln tep (7,4 su totale mondiale) e per quanto riguarda al carbone siamo a 1906,7 mln tep (50,5 per cento del totale mondiale).

Dato che l’Italia s’è piuttosto esposta con la Cina – intendo passi come la firma del protocollo di adesione alla Belt & Road Initiative, per esempio – ci sono, collegate a queste nuove aperture in quegli importanti settori, possibilità di sviluppo per gli interessi italiani?

Saipem è il primo nome da tenere a mente. Dietro decine di aziende italiane, che sono molto competitive in tutto il mondo. Per fare gasdotti, oleodotti, impianti di perforazione, le trivelle volgarmente. Poi ricerca e accordi anche con la nostra Eni, dietro le grandi compagnie americane.

Altro che dazi. L’energia che c’è fra Trump e Xi, secondo Tabarelli

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