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La tecnologia non è mai neutrale, insegnano gli storici. Gli impatti delle trasformazioni nella produzione coinvolgono anche i consumi e le abitudini. È in arrivo un nuovo paradigma, anche nell’editoria e nella fruizione dell’informazione.

Secondo i futurologi, entro il 2040 in Italia l’informazione giornalistica viaggerà esclusivamente online. Molto banalmente, più che di crisi, bisogna parlare di transizione: sì, i giornali vedono calare gli abbonamenti cartacei, ma migliorano quelli online; le piattaforme online si adeguano, dai motori di ricerca ai social network; persino la capacità di attenzione ha subito una trasformazione.

Il sottosegretario Andrea Martella annuncia una riforma complessiva per il rilancio dell’editoria? Le vere domande da porsi qui non sono tanto quelle alle quali siamo abituati. Per affrontare i problemi relativi al nuovo ecosistema comunicativo, dobbiamo concentrarci sulla comprensione di quanto abbiamo davanti.

Per esempio sul fatto che quattro delle applicazioni più usate – Facebook, Messenger, Whatsapp e Instagram – appartengono a uno stesso soggetto, con nette criticità come abbiamo visto nella generale azione di FB contro chi non rispetta le linee guida dell’azienda, decise in maniera arbitraria e incongruenti con il dettato costituzionale sulla libertà d’espressione, di stampa e di opinione.

Ancora, domande rilevanti riguardano la natura del diritto d’autore e delle licenze di distribuzione dei contenuti, oggi sempre più in rete e sempre più replicabili, citabili, copiabili, modificabili. L’infrastruttura pubblica di sostegno all’editoria deve essere riformata per affrontare le sfide del digitale.

Ci siamo impegnati e abbiamo vinto come FdI in questi mesi la battaglia per stabilizzare il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari per l’editoria online, incontrando le categorie, proponendo emendamenti su ogni provvedimento utile e presentando una proposta di legge specifica, che ha ricevuto la firma delle principali forze in parlamento. Ci siamo battuti poi, affinché la web tax venisse applicata agli “Over the top”, e non solo e male ai gruppi del mercato digitale italiano.

Ci batteremo ora affinché vengano difesi gli editori e gli autori sul riconoscimento del copyright per i contenuti editoriali che i predatori del web saccheggiano. Su questo il Governo italiano deve recepire subito la direttiva europea come ha fatto la Francia.

Riteniamo che il Parlamento debba impegnarsi ora a coinvolgere le categorie in un processo ampio nello spazio pubblico, che possa includere la Federazione Italiana Editori Giornali, l’Associazione Italiana Editori e le principali associazioni interessate, in una “Indagine conoscitiva sullo stato dell’Editoria e le prospettive di una riforma globale del settore” che certo non rallenti i tempi dell’annunciata riforma ma sia una bussola per il legislatore, in cui vengano sintetizzate le principali posizioni, nel più breve tempo possibile senza rallentare la riforma.

L’editoria – sia essa radiofonica, televisiva e digitale – di qualità in Italia raggiunge ogni mese il 75% della popolazione, una platea di circa 40 milioni di individui che la scelgono e l’acquistano. Gli stessi investimenti pubblicitari globali si spostano dai media tradizionali alle piattaforme online. È ora di affrontare il tema, per salvaguardare la libertà d’espressione, la creatività e certamente i posti di lavoro.

Un'indagine del Parlamento sul futuro dell'editoria. La proposta di Mollicone (FdI)

Di Federico Mollicone

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