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Luigi Di Maio frena sulla cittadinanza che il Pd vuole tramite lo ius culturae e si difende dagli attacchi che ne minano la leadership puntando sul cavallo di battaglia della sicurezza, da un lato per non farsi schiacciare dai dem, dall’altro per non essere obiettivo degli strali, da destra, sui migranti. Ma come si è passati dall’intransigenza della Lega alle aperture tout court del Pd? Come potrà il M5s, che ha condiviso con Salvini il decreto sicurezza bis e la chiusura dei porti, convivere con le pulsioni pro accoglienza di dem e Leu? Formiche.net ne ha discusso con Gaetano Pedullà, direttore de La Notizia.

Di Maio frena il Pd sullo ius culturae: crede tema il problema della sicurezza?

Partiamo da un antefatto. In questo momento l’alleanza di governo è tutta da dimostrare, con una priorità indiscutibile: la manovra finanziaria con tempi e adempimenti che richiedono ritmi molto serrati. Dunque qualunque altro elemento che in questa fase aumenti la tensione nell’alleanza, dal mio punto di vista, diventa un tema non strettamente necessario.

Quindi scontro rimandato a gennaio?

C’è un obiettivo primario, che è alla base della nascita di questo governo. Penso che prima lo si porterà a casa e poi si ragionerà su altro. Detto questo vi sono situazioni sotto gli occhi di tutti: la gestione dell’accoglienza non può essere ignorata ancora. C’è un elemento sul quale il M5s nella sua completezza, compresa la sua diversità di opinioni, è in totale accordo: l’accoglienza così come l’abbiamo conosciuta negli anni dei governi Renzi e Gentiloni, con ingressi indiscriminati, non ci sarà più. È un passaggio sul quale non si può far finta di niente.

E la ventilata ipotesi di uno scambio tra taglio dei parlamentari e ius culturae?

Totalmente destituito di fondamento. Ma il tema c’è e non si può nascondere come la polvere sotto il tappeto. La sicurezza è stata colpevolmente lasciata in monopolio a Salvini, ma il M5s ha sempre avuto un’idea molto precisa che combacia con il sentiment dell’elettorato leghista. Su alcuni provvedimenti, come la legittima difesa, è stato necessario turarsi il naso ma oggi sul fatto che in Italia ci sia un approccio diverso rispetto al passato lassismo credo non ci siano dubbi.

Ma i passi del Pd vanno nella direzione opposta: come conviveranno?

Il Pd anche sotto questo aspetto ha fatto dei passi in avanti. Il Pd, ricordo, è il partito che andava a braccetto con Buzzi nella stagione dell’accoglienza indiscriminata, ed è lo stesso che poi ha espresso Minniti come ministro dell’Interno, con il corredo della strategia di restrizione che conosciamo. Per cui dal mio punto di vista sarebbe un errore buttare a mare tutto ciò che è stato fatto nel governo giallo-verde, anche da Salvini come ministro dell’Interno. Alcuni messaggi che sono stati pienamente condivisi dai grillini, come la strategia su porti e la contrattazione con Bruxelles nel condividere gli arrivi, rientrano in una fase che non può essere ignorata né perduta. Ma va raffinata, togliendo di torno alcune ipocrisie come il muso duro con le Ong, che costituiscono solo il 3% della quantità di flussi che arrivano in Italia e che sono stati usati da Salvini come strumento per mostrare la faccia dura senza fare il lavoro che era stato inserito nel contratto di governo: espulsione degli irregolari e ridistribuzione.

Dai 600mila promessi ai 90mila effettivi: come mai?

Causa poco attivismo del Viminale e mancanza di accordi con i governi di origine. Pochi ricordano che il totale delle espulsioni nel governo Gentiloni con Minniti ministro dell’Interno è stato maggiore rispetto a quelle effettuate con Salvini sulla stessa poltrona. È uno di quei dati su cui la propaganda leghista evita di dare evidenza, ma i numeri sono argomenti testardi.

In questo momento Di Maio rischia di essere schiacciato dai dem?

Il Movimento al suo interno ha una molteplicità di sensibilità, con al suo interno cittadini spinti verso un’area più omogenea alla stessa Lega accanto ad altri che puntano a referenti molto visibili, come il presidente della Camera Fico, che su questi temi vorrebbero una sorta di regolarizzazione più aperta. Dicendo in premessa che non c’è il tema dello schiacciamento di Di Maio rispetto a terzi, se già nel Movimento vi sono pulsioni diverse sul tema, non c’è dubbio che l’immigrazione ha bisogno di una sintesi molto delicata e difficile da raggiungere, ma necessaria tra le forze dell’attuale maggioranza: Pd, M5s e Leu. Penso che la grande responsabilità non sia sulle spalle di Di Maio nell’essere incastrato, ma di Salvini che è uscito dal quel governo che invece avrebbe potuto portare avanti politiche più coerenti.

Quali conseguenze anche psicologiche potrà avere su Di Maio la lettera dei 70 senatori?

Più che su Di Maio l’aspetto psicologico incide sul racconto che si continua a fare del M5s con leader che avrebbero saldamente in mano il controllo e l’indirizzo politico del Movimento. In realtà esiste una condivisione di orientamenti che non è influenzabile da narrative apparse sulla grande stampa che tratteggiano un Di Maio traballante.

twitter@FDepalo

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