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Prove tecniche di riavvicinamento fra Turchia e Stati Uniti e per fare in modo che funzionino, per il momento, si tengono lontani i due presidenti, soprattutto quello americano, che ha molto meno controllo sull’orientamento dei senatori e dei deputati del suo partito rispetto a quello turco. In questi giorni una delegazione di deputati turchi è in visita a Washington per incontrare omologhi americani e gettare le basi per un dialogo più proficuo fra i due alleati storici, le cui relazioni sono ormai ai minimi termini da anni.

Il primo passo è quello di intensificare gli incontri fra le delegazioni parlamentari e di stabilire maggiori contatti con il Congresso. Una missione non facile per il viceministro degli Esteri turco, Yavuz Selim Kıran, che ha definito “fondamentale” l’alleanza con Washington e aggiunto che “con uno sforzo comune si può lavorare perché vengano superati i problemi esistenti”.

Tanti i temi sul tavolo, dove per alcuni un confronto sereno potrebbe non bastare. Fra questi, prima di tutto, c’è la fornitura del sistema missilistico s-400 dalla Russia alla Turchia, che ha irritato gli Usa e messo in allarme tutta l’alleanza atlantica, di cui Ankara rappresenta il secondo esercito numerico.

Della delegazione fanno parte uomini molto vicini al presidente Erdogan fra cui il presidente della Commissione sicurezza e politica estera, Cagri Erhan, impegnato in una serie di incontri per illustrare le potenzialità di una rinnovata intesa turco-americana.

Tutti gli incontri che si terranno da qui ai prossimi mesi saranno propedeutici alla prossima visita di Trump nella Mezzaluna, che potrebbe avvenire entro la fine di quest’anno e che dovrebbe mettere la parola fine alle tensioni degli ultimi anni. Intanto però i motivi di dissidio rimangono e risolverli non sarà facile.

Gli Stati Uniti hanno già deciso il congelamento della fornitura di parti e servizi facenti parte del programma F-35, i caccia di ultima generazione americani che secondo Washington sono in aperto conflitto con lo scudo missilistico russo, acquistato da Ankara dopo le resistenze Usa a fornirne uno americano.

La politica ambivalente di Erdogan applicata all’industria di difesa, però, ha irritato e non poco gli Stati Uniti e fino a questo momento i tentativi della Turchia di mediare sulla questione non sono serviti. La versione di Ankara è che lo scudo missilistico di Mosca e i caccia americani possano coesistere senza conflitti.

Ma l’amministrazione Trump su questo punto appare irremovibile, tanto che Ankara sta tentando una strada alternativa cercando una sponda il Congresso. La Turchia da dopo il golpe del luglio 2016 ha stretto relazioni sempre più impegnative con la Russia di Vladimir Putin, con il quale condivide ambizioni progetti economici ed energetici, ma anche divisioni sul piano geopolitico, in particolare sulla questione Siria.

Quello che Erdogan non vuole accettare, è che Washington chiede una scelta di campo precisa. O fedeltà alla Nato o l’alleanza con la Russia.

Khashoggi, Turchia erdogan

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