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Il Prof. Michele Ciliberto, filosofo e storico italiano, considerato uno dei massimi esperti del pensiero di Giordano Bruno, e autore del volume “Il nuovo Umanesimo” (Laterza) racconta a Formiche.net perché ci occorre un nuovo umanesimo, così come il premier Giuseppe Conte e Papa Francesco hanno recentemente e più volte osservato. Nella consapevolezza che non abbiamo ancora l’esatta percezione delle enormi trasformazioni del nostro tempo.

È possibile un nuovo umanesimo e con quali perimetri valoriali e ideali?

Certamente è possibile, ma ne vanno specificati al meglio gli elementi che lo differenziano da quello più classico. Quando si parla di nuovo umanesimo si intende riproporre l’attualità dell’umanesimo stesso come elemento di novità. Naturalmente bisogna aver presente ciò che è stato l’umanesimo storico.

Perché il Premier incaricato lo ha citato come bisogno sociale?

Anche lui ha percepito che in questo momento la condizione del destino umano è di straordinaria trasformazione e precarietà. Ciò emerge dalle sue parole. Ci troviamo in una situazione nella quale la condizione umana dell’uomo europeo appare profondamente trasformata. Penso a quello che nell’umanesimo è stato il rapporto con la Chiesa cattolica: in effetti anche Papa Francesco insiste su questo aspetto.

È cambiato anche il rapporto tra Europa e Cristianesimo?

Dentro l’Europa convivono una pluralità di religioni differenti come l’Islam, che è diffusissimo, o altre di carattere diverso. Sono venuti meno i pilastri su cui si è basata la storia europea lungo molti secoli, dal medioevo alla modernità. Ciò ha determinato un mutamento multilivello nella vita dell’uomo, anche dal punto di vista della quotidianità. Lo vediamo oggi anche nella composizione demografica dell’Italia e dell’Europa, con la presenza di stranieri dai diversi costumi e culture. Credo che non abbiamo ancora l’esatta percezione delle enormi trasformazioni del nostro tempo. Quindi alla luce di ciò diventa centrale il nuovo destino dell’uomo. E porre il problma del nuovo umanesimo significa interrogarsi su quale debba essere il destino dell’uomo in un tempo come il nostro, denso di cambiamenti radicali che mettono in discussione persino la sopravvivenza stessa della terra.

Se ieri il ritorno dei filosofi fu la base per immaginare un nuovo umanesimo, oggi di quali interpreti o valori necessitiamo?

I valori fondamentali sono i grandi valori della cultura europea. Cito il caso particolarmente drammatico della tolleranza che Alexis de Tocqueville definisce “madre”. Oggi l’idea di tolleranza ci basta o ci troviamo in una situazione in cui dovremmo andare al di là?

Ovvero?

Prendiamo il concetto di cittadinanza che era legato all’idea di uno Stato Nazionale ancorato alla dimensione territoriale. Oggi in virtù della composizione demografica italiana possiamo mantenere ancora quel concetto di cittadino? E se non possiamo, ciò non implica che dovremmo anche cambiare il concetto di tolleranza, andando al di là del semplice riconoscimento del diverso ad esistere? Quindi il concetto di nuovi cittadini che sono sì cittadini ma di uno Stato comune, che è l’Italia e di un continente comune che è l’Europa. Per cui occorre ripensare i grandi valori della cultura occidentale e riproporli alla luce delle trasformazioni religiose e demografiche che hanno sconvolto l’assetto dell’Europa spingendola in una traiettoria della quale a stento ne cogliamo i lineamenti.

Pensa ad una sorta di nuova Costituente di morale e mores?

Assolutamente sì, è un problema cardine della vita di un popolo. La vita quotidiana lo dimostra nell’idea che abbiamo della vita e della morte. Oggi abbiamo a disposizione numerose tecniche che consentono di allungare il tempo della vita dell’uomo in un modo inimmaginabile, contenendo le pulsioni della morte come mai era avvenuto prima. Sta cambiando il concetto: e ciò concerne anche il vivere sessuale degli individui ancorato al cambiamento del rapporto uomo-natura.

twitter@FDepalo

 

Vi spiego il “nuovo umanesimo” di Conte. Parola al prof. Ciliberto

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