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Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Mark Esper, ha fatto sapere che la prossima settimana sarà in visita in Europa per incontrare gli alleati della Nato — dunque probabile una tappa a Bruxelles, al quartiere generale dell’alleanza, mentre il resto dell’agenda per ora non è nota.

“La prossima settimana, viaggerò in Europa per incontrare alcuni dei nostri alleati della Nato per discutere della posizione degli Stati Uniti in Europa e dei nostri continui sforzi per scoraggiare l’aggressione russa”, ha detto Esper durante un incontro con la stampa al Pentagono.

È la seconda visita in Europa in pochi mesi. A giugno, il segretario americano aveva partecipato alla ministeriale della Nato per discutere del Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (Inf), l’intesa tra Usa e Urss che dal 2 agosto è decaduta dopo che gli Stati Uniti avevano deciso unilateralmente di tirarsi fuori tra svariate critiche per il comportamento scorretto russo, con Mosca più volte accusata anche dalla Nato di varie violazioni. 

La visita di Esper si abbinerà a quella della leadership statunitense, con il vicepresidente Mike Pence (in sostituzione del presidente Donald Trump, che doveva essere in Polonia ma ha rinviato la visita per seguire da vicino l’evoluzione dell’Uragano Dorian) e il segretario di Stato, Mike Pompeo, impegnati in altri appuntamenti europei. È la dimostrazione della centralità delle relazioni transatlantiche, nonostante tra Usa e Europa persistano problematiche. Da quelle legate al commercio (Trump lamenta di soffrire un deficit import/export) a quelle sulla difesa (con diversi paesi del Vecchio Continente che non rispettano i patti Nato sulle quote di Pil da investire nel settore, a cominciare dai più grandi come Italia, Germania e Francia).

La Russia è un argomento di interesse: Trump ha chiesto (con sponda macroniana) il reinserimento di Mosca nel gruppo dei Grandi e il recupero quindi del formato G8, al punto che secondo uno scoop di Politico avrebbe invitato il suo team di sicurezza nazionale a rivedere il programma di finanziamento noto come Ukraine Security Assistance Initiative. Si tratta di 250 milioni di dollari in assistenza militare all’Ucraina, detestati dalla Russia, che è ancora in guerra con Kiev. Secondo Politico la richiesta avrebbe come fine “garantire che il denaro venga utilizzato nel migliore interesse degli Stati Uniti”, ossia rallentare sul dossier per riagganciare Mosca.

Il Pentagono e diversi altri apparati (intelligence community, Congresso) continuano però a vedere l’Orso come un minaccioso rivale contro cui sviluppare, insieme agli alleati, mezzi di pronta risposta sia in ambiente fisico che in quello cyber. La scorsa settima Esper ha detto a Fox News che è possibile che la Russia abbia piazzato missili nucleari verso l’Europa, ossia quello che l’Inf puntava a prevenire: “Non è una cosa buona”, ha chiosato ricordando che Mosca sta lavorando per ampliare il proprio arsenale.

Tra gli argomenti sul tavolo anche l’Afghanistan. Ieri Trump ha spiegato che parte dei soldati americani (oltre ottomila) resteranno comunque nel paese anche con la firma dell’accordo di pace con i Talebani, e questo perché la riduzione del contingente Usa promessa dal presidente (che sarà parzialmente ottenuta entro il 2020) riguarderà sostanzialmente la missione a targa Nato (Resolute Support) e non quella unilaterale statunitense (Freedom Sentinel) — tarata dagli Usa su contro-terrorismo, con occhi su al Qaeda e Is, ma anche sulla penetrazione cinese all’interno del tessuto afgano, perché come ha recentemente spiegato Esper la Cina è il principale rivale (anche Nato), e sempre con carattere strategico come presenza nel Sudest asiatico. Il ritiro parziale americano tuttavia si porterà dietro dei cambi di equilibrio — e richieste simili da parte degli alleati — che richiedono la ricalibrazione della missione Nato.

Sul tavolo, secondo le informazioni diffuse, anche le attività maligne (come le chiamino gli americani) dell’Iran, ossia la diffusione in Medio Oriente di partiti milizia finanziati dai Pasdaran con il compito di creare un sistema di influenza filo-sciita e anti-occidentale in diversi paesi, dall’Iraq alla Siria, Libano, Yemen. Domanda di uno giornalista ieri: “La crisi è passata con l’Iran?”, risposta di Esper: “Non stiamo cercando conflitti con l’Iran, vogliamo impegnarci diplomaticamente con loro […] Non sono sicuro che siamo pronti a fermare la crisi, ma finora, tutto bene”.

Il Segretario della Difesa Usa in Europa. Ecco la sua agenda per gli alleati

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