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Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, come Silvio Berlusconi, teme le mosse del governo Conte sul dossier cinese e le conseguenze politiche che un cambio di strategia nel quadro di alleanze internazionale possa portare nei confronti dell’Unione europea e degli Usa. Fa appello anche a Salvini di mettere fine alla sua esperienza di governo con il Movimento 5 Stelle. Travolto dal polverone mediatico per le frasi riferite ieri sull’operato di Mussolini, preferisce dribblare le polemiche ribadendo il suo antifascismo e la strumentalizzazione delle sue frasi da parte dei media. Cina, Usa e i rapporti nel centrodestra sono al centro dei suoi pensieri.

Presidente, gli Usa sono molto preoccupati della svolta impressa dal governo agli accordi con la Cina. A nulla è valso anche il monito del presidente Mattarella che dal Consiglio Supremo di Difesa ha richiamato i valori euro-atlantici del nostro Paese. 

In occasione della mia recente missione a Washington e New York mi è stata espressa una forte preoccupazione per il disegno cinese che mira a controllare infrastrutture e tecnologie strategiche in Europa. Condivido pienamente le preoccupazioni dell’amministrazione Usa per il rischio che Paesi, come l’Italia, possano diventare cavalli di Troia per rafforzare la presenza cinese nella Ue.

Trump ha minacciato Berlino che qualora aprisse le porte per il 5G di Huawei in Germania, non condividerà più notizie di intelligence con gli alleati tedeschi. Rischiamo anche noi di restare isolati a livello internazionale?

Lo sviluppo della rete e degli standard 5G è fondamentale per la nostra sicurezza e per il progresso delle applicazioni digitali. Avrà un impatto rivoluzionario sulle comunicazioni, sui nostri dati personali e, su tutta l’economia digitale. Per questo, il Parlamento Ue ha votato a larga maggioranza una Risoluzione che esprime grande preoccupazione sulla possibilità che il 5G cada in mano cinese. Sono molto preoccupato da questo Governo. Siamo l’unico Paese del G7 e, tra i pochi in Europa, pronto a svendere la propria sovranità a un Paese terzo. Solo Italia e Regno Unito si sono astenuti sul sistema di controllo Ue per gli investimenti stranieri. Il nostro Governo vuole firmare una cambiale in bianco sulla Via della Seta. Rischiamo di consegnare alla Cina i nostri porti e le nostre reti strategiche, a cominciare dai 5G. Siamo sempre più isolati. E trovo singolare che un governo che non perde occasioni per professarsi sovranista, consegni le chiavi di casa a una potenza straniera. Io sono un sovranista europeo che vuole difendere davvero i nostri cittadini e rafforzare l’esercizio della sovranità nazionale.

Come lei ricordava l’Ue si è detta fortemente preoccupata per l’invasione cinese nel nostro Continente. Ritiene sia sufficiente per dissuadere l’esecutivo italiano?

Il Parlamento europeo ha una posizione inequivocabile. Abbiamo votato per indicare chiaramente che la Cina non è un’economia di mercato e per avere regole antidumping molto più dure. Abbiamo chiesto che il 5G non sia controllato dai cinesi e abbiamo adottato un regolamento Ue per il controllo degli investimenti in Europa. È tempo che anche l’Italia si svegli. È in gioco la sicurezza e il benessere dei nostri cittadini. Inoltre, l’Italia, quinta potenza mondiale per export, ha un deficit commerciale con la Cina di 16 miliardi ed esporta in questo Paese meno di quanto esporta in Belgio. Quanti posti di lavoro abbiamo perso per colpa delle pratiche cinesi? E quanti posti rischiamo ancora di perdere in futuro?

Salvini da un lato si dice preoccupato dalla “colonizzazione Cinese” (come lui stesso l’ha definita), dall’altro però non ha detto parole chiare su cosa intende fare dal governo per non consentire all’Italia di essere colonizzata. Cosa suggerisce al leader leghista?

Mi sembra che Salvini abbia espresso preoccupazione sul Memorandum d’Intesa Italia – Cina. Ma il punto è, chi guida la nave? Qual è la rotta su un tema così importante? Mi sembra evidente che questo governo contro natura abbia posizioni inconciliabili anche su un tema cruciale come la nostra appartenenza al sistema di alleanze tradizionale dell’Occidente. A pagare il prezzo di queste contraddizioni purtroppo sono gli italiani.

La Belt and Road cinese porterà benefici alle nostre imprese oppure è solo una minaccia al quadro di alleanze storico che vede da sempre l’Italia collocata tra l’Europa e gli Usa? 

L’Ue è da sempre paladina della libera concorrenza e di mercati aperti ad investimenti e commercio. A patto, però, che nessuno bari. La Cina non è un’economia di mercato. Al contrario, utilizza in modo sistematico sussidi pubblici per drogare la competitività delle sue imprese, spesso controllate dallo Stato. Sottrae, inoltre, tecnologie europee attraverso pratiche sleali. Ad esempio, obbliga chiunque investa nel territorio cinese a trasferimenti di saper fare industriale e tecnologico; oppure, compra imprese europee per sottrarre brevetti e innovazione. Il governo di Pechino ha appena varato un programma d’investimenti pubblici con +8,1% di spese militare e +14% per ricerca e sviluppo, oltre a un sistema di sussidi e protezione del 40% del suo manifatturiero. L’obiettivo dichiarato del Piano Made in China 2025 è di arrivare al 70% di consumo di prodotti cinesi nella stessa Cina. Le imprese europee sono leader nella qualità e nelle tecnologie, con un surplus commerciale rilevante con la maggior parte dei Paesi del mondo. Eppure, a causa di queste pratiche sleali, abbiamo un deficit commerciale mostruoso proprio con la Cina, che solo nel 2017 superava i 150 miliardi di euro. È tempo che anche l’Italia si svegli. È gioco la sicurezza e il benessere dei nostri cittadini. Abbiamo un deficit commerciale con la Cina di 16 miliardi ed esportiamo in questo Paese meno di quanto esportiamo in Belgio. Quanti posti di lavoro abbiamo perso per colpa delle pratiche cinesi? E quanti posti rischiamo ancora di perdere in futuro?

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