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I prossimi giorni l’Italia sarà al centro di un turbine diplomatico che avrà la crisi libica come protagonista. Mentre Roma diventa il centro nevralgico degli incontri con Tripoli, dove ha sede il governo onusiano guidato da Fayez Serraj, il vicepremier e bisministro grillino, Luigi Di Maio, vola negli Emirati Arabi Uniti, che sono uno dei paesi che dà appoggio al piano ricco di ambizioni di Khalifa Haftargenerale freelance sta da quattro anni sta cercando di bloccare il percorso avviato dalla Nazioni Unite.

La visita di Di Maio nel Golfo prevede due tappe, prima Dubai lunedì, poi Abu Dhabi il giorno seguente. Undici incontri in totale, sette a Dubai e quattro nella capitale emiratina – il motivo dell’overfocus su Dubai è perché è lì che la business community italiana finora ha attecchito meglio, spiegano con discrezione alcuni osservatori.

A Dubai si svolgerà anche l’incontro con lo sceicco Ahmed bin Saeed Al Maktoum, presidente dell’Alto Commissariato Expo Dubai 2020, seguito dalla presentazione ufficiale del Padiglione italiano ad EXPO2020: questo viene considerato il principale degli appuntamenti, visto il valore che l’esposizione può avere in termini di interessi economico-commerciali (ma anche di soft power futuro) per l’Italia.

Ad Abu Dhabi, Di Maio avrà un faccia a faccia di non più di mezz’ora – secondo l’agenda del viaggio che Formiche.net ha ottenuto – con Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ministro degli Affari esteri emiratino. E lì magari potrebbero essere discusse questioni di vario genere, toccando anche il dossier libico. Sebbene il viaggio sia più a sfondo business che strategico, e gli appuntamenti del vicepremier italiano non siano con player di primo livello sulla Libia, l’interesse dell’Italia sulla crisi e il coinvolgimento più o meno diretto di Abu Dhabi potrebbero portare le discussioni sull’argomento.

In quegli stessi giorni, il premier Giuseppe Conte, titolare del dossier insieme ai servizi segreti esteri (Aise), incontrerà a Roma due figure di primo livello del fronte tripolino – ossia quello a cui Abu Dhabi si oppone, ma anche quello internazionalmente riconosciuto impersonato da Serraj, flebile guida politica installata dall’Onu nell’ambito del progetto per rappacificare e salvare il paese avviato nel dicembre 2015.

Nel pomeriggio di oggi arriva nella capitale Ahmed Maitig, vice di Serraj, figura con ottime entrature in Italia (ha studiato a Parma, conosce un po’ l’italiano, ha rapporto costruiti anche tra le forze del governo precedente). Lunedì vedrà Conte e ha appuntamenti alla Farnesina (forze anche con Matteo Salvini, ma ancora non è definitivo l’appuntamento). Forse incrocerà il numero due del governo qatarino, Mohammed al Thani: arriverà anche lui oggi, e domani seguirà un’agenda di appuntamenti del tutto simile a quella di Maitig, dopo che nei mesi scorsi erano stati esponenti del governo italiano far visita a Doha.

Maitig e Doha sono dalla stessa parte nel confronto libico, mentre l’Italia ha un’attività di colloquio avviata praticamente con tutti gli attori: sebbene appoggi politicamente il governo Serraj che la Comunità internazionale considera legittimato, nei giorni scorsi ha tenuto contatti anche con il suo acerrimo rivale Haftar, e uno dei protagonisti del governo italiano, il vicepremier Di Maio, sarà nei prossimi giorni negli Emirati (partner di Haftar e soprattutto nemici del Qatar, posto in isolamento diplomatico da un anno e mezzo per volontà saudita ed emiratina).

Questa capacità negoziale e diplomatica con entrambi i fronti è riconosciuta da vari attori internazionali, soprattutto è apprezzata a Washington, che l’Italia sta cercando di coinvolgere per evitare che la crisi possa arrivare a un’escalation.

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