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L’Italia che si lava le mani del Venezuela? “È una condotta grave per un Paese europeo che ha tanti connazionali in Venezuela. Dà un’immagine completamente diversa rispetto a ciò che siamo realmente”.

Questa l’opinione dell’avvocato Emma Zarroli, nata in Venezuela e attualmente Presidente del Consiglio Comunale di Martinsicuro (Te), già candidata al Senato nel 2018 e attualmente in corsa per il Consiglio Regionale d’Abruzzo, che in questa conversazione con Formiche.net racconta la sua storia nel latinoamerica da cui spiccano le differenze di vita rispetto alla Caracas di oggi.

Qualcuno ha accusato il nostro governo di fare come Ponzio Pilato sui fatti Venezuelani. È così?

Sulla condotta del nostro governo posso solo ripetere ciò che leggo. Certo, al netto delle parole di solidarietà espresse dal premier, il fatto stesso di lavarsene le mani credo sia una condotta grave per un Paese europeo che ha tanti connazionali in Venezuela. Direi che tale atteggiamento dà un’immagine dell’Italia diversa da come siamo.

Perché Guaidò rappresenterebbe davvero la discontinuità con il regime di Maduro?

Perché penso che questo presidente che si è autoproclamato sia realmente l’unico votato dal popolo, mentre sulle altre elezioni non ho certezza. E credo che la sua battaglia sia quella giusta, perché il popolo venezuelano non ne può più.

Che ricordo ha del Venezuela?

Sono nata in Venezuela nel 1956, proprio sotto la dittatura di Marcos Pérez Jiménez. Erano anni complicati: pensi che i miei genitori, abruzzesi di Villarosa e Martinsicuro, emigrati in Venezuela, avevano difficoltà nel venire in ospedale a riconoscermi a causa della molteplicità dei controlli che il regime attuava. Infatti vigeva il divieto di far entrare cittadini italiani.

E dopo il crollo della dittatura?

Il Paese ha goduto di una notevole espansione: infatti Caracas, dove abitavo, era una delle città più all’avanguardia. In stile americano, dava l’impressione davvero di essere centro del mondo, con una forte immigrazione dal nord Europa, come svedesi e norvegesi. Lì ho vissuto per 18 anni, frequentando scuole italiane private parificate, riconosciute dal ministero della Pubblica Istruzione con insegnanti italiani e doppia lingua. In seguito ho preso il diploma da ragioniera e ho iniziato una vita che definisco bellissima.

Quella Caracas che città era?

Il sole e il tropico fanno vivere il doppio degli anni che ciascuno vive. Mio padre, impegnato professionalmente in una multinazionale del tabacco, non intendeva rientrare in Italia. Pensi che i centri commerciali, che in Italia ci sono da una ventina d’anni, lì erano già alla portata di tutti. Sia i venezuelani che gli stranieri avevano un alto tenore di vita, al netto delle abitudini locali, come lo stipendio che si prendeva settimanalmente. E dove la vita notturna era molto affollata, con musica e divertimento spensierato.

Come maturò la scelta di tornare in Italia?

Ad un certo punto mia madre decise di voler tornare in Italia, dove avrebbe voluto terminare i suoi giorni (ha ad oggi 94 anni ndr.): ed è stata previgente visto e considerato che successivamente le cose sono cambiate lì. Una volta rientrata mi sono iscritta alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo e per dodici anni sono stata dirigente del Comune di Martinsicuro, prima di lasciare il lavoro statale e dedicarmi alla professione forense. Sin da quando ero in Comune sono stata molto sensibile alla tematica degli stranieri, che ho sempre ben accolto, in quanto costituiscono una comunità e non posso non ricordare che allo stesso tempo noi siamo stati emigranti, nel rispetto delle regole. E così come le abbiamo rispettate noi a quel tempo, anche gli stranieri che sono in Italia devono farlo. Per cui sono molto meravigliata del fatto che oggi si voglia bloccare un fenomeno che è tale da centinaia di anni.

Come vive la crisi anche umanitaria che si sta sviluppando nel suo Paese?

Da tempo mi ero interessata delle sorti dei miei consanguinei che in Italia sono moltissimi e la comunità abruzzese credo sia la più ampia che il Venezuela abbia ospitato tra tutte le regioni italiane. Tra noi lì c’era un clima non solo di amicizia ma finanche di parentela, un elemento che è rimasto intatto nella percezione di ognuno. Per cui ho frequentato l’associazione “Ali Onlus” (Associazione Latinoamericana) che ha ramificazioni in tutte le regioni, tramite la quale effettuiamo raccolte di fondi e medicinali da inviare in Venezuela. In queste occasioni non è solo vivo il senso dell’italiano all’estero, ma è vivo il Venezuela, dove siamo nati, con le nostre tradizioni, i nostri canti, le celebrazioni religiose di Pasqua e Natale. Si tratta di un Paese molto fraterno e molto cattolico. Ricordo in particolare il Cristo morto, con manifestazioni religiose eccezionali.

twitter@FDepalo

venezuela

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