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L’Italia sbanca in Europa il tavolo delle rinnovabili. È seconda soltanto alla Svezia per energia elettrica prodotta da fonti “pulite” nel 2017. Non solo. Il nostro Paese, grazie al mix di combustibili del parco termoelettrico, è tra quelli a minore contenuto di carbonio; soprattutto per via del livello di gas naturale, tra i più elevati d’Europa. È questa la novità che emerge dall’ultimo report dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) “Fattori di emissione atmosferica di gas a effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali Paesi europei”, in cui si raccontano le diverse performance degli impianti termoelettrici dei principali Paesi dell’Ue tenendo in considerazione la composizione dei combustibili, l’efficienza di conversione elettrica e, cosa non di poco conto, le emissioni atmosferiche di gas a effetto serra (anche se, su questo aspetto, non entra nella top ten della classifica).

Il fattore di emissione nazionale è il tredicesimo in Europa considerando la produzione elettrica da fonti rinnovabili e da fonte nucleare – che da noi non è presente – che non contribuiscono alle emissioni di gas serra. Tra i grandi produttori è superiore a quello di Spagna, Regno Unito, Francia e Svezia che però, a differenza dell’Italia, hanno a disposizione quote rilevanti di energia di origine nucleare. Se si tenesse conto soltanto della produzione elettrica di origine termica l’Italia sarebbe al ventiduesimo posto tra i 28 Stati membri dell’Ue. Dal confronto con Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Polonia e Svezia (che insieme all’Italia rappresentavano il 75% della produzione elettrica lorda e quasi il 70% delle emissioni da produzione elettrica dei 28 Paesi Ue nel 2010), emerge che le emissioni di gas serra dal settore elettrico nazionale sono diminuite del 31% rispetto al 2005, mentre la produzione elettrica è scesa dell’1%. È riuscita a fare meglio, quanto a riduzione delle emissioni, soltanto il Regno Unito che ha fatto registrare un calo del 56%; la Polonia con il 7% e la Germania con il 12% hanno le minori riduzioni rispetto al 2005.

“Abbiamo un sistema termoelettrico che è tra quelli che produce minori emissioni in Europa – osserva Antonio Caputo, tecnologo dell’Ispra – allo stesso modo è positiva la quantità di rinnovabili. Le stime preliminari al 2018 di emissioni di CO2 per kilowattora, che contemplano un certo grado di incertezza sia per il mix che per la tecnologia, fanno registrare un ulteriore calo, maggiore del 5% rispetto al 2017. Tra l’altro al 2018 si intravede una ripresa della produzione di rinnovabili dovuta soprattutto all’idroelettrico che compensa così il solare e l’eolico”.

Nel mix delle fonti per la produzione elettrica – spiega l’Ispra – il nostro Paese ha la quota di gas naturale più elevata tra i principali Paesi Europei, pari al 47,4%. Allo stesso tempo produce poca elettricità con combustibili solidi (soprattutto carbone), e cioè l’11%; un risultato con cui ci piazziamo al terzo posto, dopo Regno Unito (al 6,7%) e Svezia (allo 0,3%). Ma l’Europa viene alimentata ancora da oltre un quinto di energia elettrica prodotta da combustibili solidi, come per esempio in Germania e in Polonia dove le quote di elettricità provenienti da questi combustibili (tipo la lignite) con emissioni elevate sono rispettivamente del 37% e del 77%.

Nel 2017 il parco termoelettrico per la produzione di energia elettrica e calore ha un rendimento del 53,7% rispetto all’energia contenuta nei combustibili usati; un dato superiore alla media europea che arriva al 51,3% ma comunque inferiore alla Svezia (che tocca l’83%) e che ha una produzione di calore tra le più alte in Europa. Il rendimento nazionale per la sola produzione elettrica è del 41,5%, è maggiore della media Europea (che arriva al 40%) ed è superato anche dalla Spagna (al 43,5%) e dal Regno Unito (al 47%).

rinnovabili

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