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Donald Trump va di nuovo a impicciarsi della Brexit, come fece il giorno del referendum, quando era ancora solo un candidato alla presidenza degli Stati Uniti: trascorse il 23 giugno 2016 in Scozia per inaugurare un campo da golf, dopo avere fatto tifo – e propaganda – per il Leave. Adesso, torna in Gran Bretagna per una visita di Stato dal 3 al 5 giugno, formalmente invitato, com’è protocollo, dalla regina Elisabetta; una visita quasi d’obbligo, per un presidente americano, ma che pesa a tutti, anche a Melania che dovrà confrontare la sua eleganza con quella delle nuore glamour di Elisabetta (ma Meghan, che sta per diventare mamma, potrebbe non esserci).

Trump sarà a Londra in vista del 75° anniversario del D-Day, lo Sbarco in Normandia, ma anche poco dopo le elezioni europee che Londra sta cercando di evitare, e probabilmente ancora a metà del guado della Brexit, per la cui gestione il magnate presidente ha più volte criticato, a modo suo, senza peli sulla lingua, Theresa May, “colpevole”, fra l’altro, di non avere seguito i suoi consigli.

Ci sono precedenti non brillanti. George Bush jr rimase chiuso due giorni a Buckingham Palace, perché non voleva imbattersi nelle proteste in città contro di lui per l’invasione dell’Iraq; e pure Trump, che fece una visita meno formale a Londra nel luglio scorso, fu male accolto dalla gente e, alla vigilia dell’arrivo, guastò il clima politico dei suoi incontri con rozze dichiarazioni “anti-May”.

Che ora “accoglie l’alleato americano con un mezzo schiaffo e un mezzo inchino al dragone cinese” scrive sull’Ansa Alessandro Logroscino. Il governo britannico sta infatti per aprire uno spiraglio alla partecipazione del colosso Huawei al progetto 5G nel Regno Unito, nonostante Washington sia ostile e l’intelligence britannica manifesti alcune preoccupazioni in materia di sicurezza nazionale.

Trump sarà ricevuto a Buckingham Palace e, ovviamente, incontrerà la May. Il magnate e Melania saranno ospiti della sovrana, che darà un banchetto in loro onore con 150 ospiti. La visita di Stato comprende di solito anche un discorso al Parlamento, ma lo speaker di Westminster John Bercow s’è già detto “fortemente contrario” a un intervento del presidente Usa. E le proteste di piazza si stanno già riorganizzando.

Il programma prevede pure la partecipazione a una cerimonia a Portsmouth, il porto di partenza dell’Operazione Overlord. Il 6 giugno Trump sarà in Normandia per un’analoga commemorazione al cimitero di guerra americano di Colleville sur Mer, su invito del presidente Emmanuel Macron. Ci saranno altri leader e qualche superstite – sono sempre meno -: il 70°, presenti, fra gli altri, Barack Obama e Vladimir Putin, fu una giornata intensa; la scarsa attitudine di Trump alla storia e ai valori rischia di rendere il 75° meno memorabile.

Le prese di posizione ufficiali non tradiscono, però, l’imbarazzo e la vischiosità delle relazioni Usa/Gran Bretagna, lontane da quel “rapporto speciale” su cui puntava chi voleva la Brexit a Londra. C’è molto di personale nell’attuale freddezza: tra Trump e la May, come tra Trump e ogni interlocutore che non s’adegui alla sua rozzezza.
Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno una profonda e durevole partnership che affonda le radici nella nostra storia comune e nei nostri interessi condivisi”, ha commentato la May dopo l’annuncio della visita. “Noi facciamo insieme più di qualsiasi altre due nazioni al mondo e siamo più sicuri e più prosperi grazie alla nostra cooperazione”, ha sottolineato, considerando la visita di Trump “un’opportunità per rafforzare la nostra relazione, già ravvicinata, nel commercio, gli investimenti, la sicurezza o la difesa”. Quanto al significato dello sbarco in Normandia, la May ha ricordato che “la libertà che abbiamo oggi non sarebbe stata possibile senza il sacrificio incredibile” dei soldati delle “nazioni alleate” che vi parteciparono.

La Casa Bianca, dal canto suo, esprime la convinzione che la visita “ribadirà la salda e speciale relazione tra Stati Uniti e Regno Unito”. Ma non è un mistero che il feeling tra Donald e Theresa non sia mai stato buono, nonostante la premier di “Brexit means Brexit” e il presidente di “Make America Great Again” sembrassero avere punti in comune.

Da parte della May, aprire alla Huawei il progetto G5 britannico non è uno zuccherino per Trump e potrebbe pure essere un’esca avvelenata per l’eventuale successore della premier tory. Gli Usa, che a casa loro hanno tagliato fuori Huawei, nel timore di esporsi a potenziali cyber-intrusioni cinesi, avrebbero in effetti preteso l’esclusione totale del gigante asiatico anche da parte degli alleati che aderiscono alla rete di cooperazione d’intelligence denominata “Five Eyes” (Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda). Ma il governo britannico, valutate le analisi sui fattori di rischio affidate ai suoi 007 (e sfociate in allarmi solo parziali), ha valutato che evitare una rottura con Pechino – partner commerciale strategico e di prospettiva – valesse di più di una frizione con Washington.

Trump a Londra. Visita di Stato e d’obbligo, ma l’ospite è mal tollerato

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