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Crescita e Pmi, dopo Via della Seta e geopolitica. La partita tra Usa e Cina si gioca anche sul terreno economico e finanziario, e si lega alle note contrapposizioni su dazi, cyber security e invasività nel Mediterraneo. I dati sul clima di fiducia delle imprese mostrano che la Cina sta riprendendo lo slancio economico mentre gli Stati Uniti vedono un rallentamento.

Si arricchisce di un altro capitolo, quello su crescita e Pmi, il derby tra Usa e Cina in vista di un probabile accordo da focalizzare ai primi di giugno, con spettatore interessato l’Europa la cui motrice economica, la Germania, deve confrontarsi con il caso Volkswagen che potrebbe interessare di riflesso anche all’Italia.

DATI

Secondo gli indici dei responsabili degli acquisti di Caixin e Markit per la Cina e gli Stati Uniti, lo slancio del Pil nel primo trimestre del 2019 è del 6,4% per i cinesi, mentre gli Stati Uniti sembrano crescere a un tasso annuo inferiore al 2%. Numeri che riflettono un trend oggettivo, che vede Europa e Usa accusare risultati più deboli del previsto, con il settore manifatturiero tedesco profondamente in contrazione. Di fatto questo inizio del 2019 sta mostrando una crescita migliore del previsto in Cina e una crescita peggiore del previsto negli Stati Uniti.

Pechino pare stia riuscendo a invertire la tendenza alla fine del 2018, mentre il quadro americano si è deteriorato. Ciò si intreccia con l’agenda quotidiana tra i due paesi, ovvero con il dossier relativo ai dazi che tocca di riflesso anche Europa e Italia.

AGENDA

Il quesito che si pongono alcuni analisti relativamente all’agenda dei rapporti commerciali tra Cina e Usa, al momento, è a quali promesse possono ancora essere chiamati gli Stati Uniti. L’offerta principale di Washington nei colloqui bilaterali sembra essere quella di subordinare lo stop americano alle nuove minacce dei dazi, al via libera cinese sui nuovi propositi, come gli acquisti di prodotti statunitensi e significative liberalizzazioni economiche strutturali. Ad oggi la vulgata internazionale vuole che un accordo potrebbe semplicemente condurre a un quadro per l’esercizio indefinito della politica di potere, con un ulteriore allungamento del ping pong tra i due players: per una soluzione di breve termine e nulla di più, come recentemente sostenuto dal Financial Times.

Per cui l’agenda tra le due super potenze parla di un cronoprogramma di vertici da tenersi da oggi agli inizi di giugno, quando si proverà a giungere materialmente ad un accordo.

INTRECCI

Uno degli intrecci che rappresentano la plastica raffigurazione dei due poli, tocca l’avventura di Amazon nel campo e-commerce in Cina che ha mostrato come quel settore sia ancora lontano da una chiarificazione di mezzi e scenari in campo.

Il colosso è stato in trattative per unire le sue attività di commercio elettronico transfrontaliero con un concorrente locale, la Kaola di NetEase. Ma dal 18 luglio chiuderà le sue operazioni online in Cina. Il motivo? I cinesi pare preferiscano competitors nazionali come Jd.com (che fa capo ad Alibaba) e Tmall, che costituiscono l’82% del mercato totale. Si chiude quindi la finestra aperta nel 2000 principalmente perché Amazon non è riuscita a competere con un cartello, fatto di spedizioni spesso gratuite, senza richiedere agli utenti di soddisfare alcun minimo d’ordine.

VOLKSWAGEN

Nel mezzo c’è l’Europa, dove VW è la marca automobilistica più venduta in Cina e la Cina rappresenta metà del suo fatturato. Eppure VW ora scambia a circa 6 volte i guadagni, a fronte di 11 volte gli utili delle azioni dei suoi competitors. Ma il gruppo tedesco pare sia intenzionato a ribaltare il tavolo e fare della programmazione e delle nuove tecnologie l’arma per soffocare i rischi di natura finanziaria.

È il caso del dossier elettrico, con l’idea di produrre 11,6 milioni di veicoli elettrici in Cina entro il 2028, oltre la metà dell’obiettivo globale del gruppo di 22 milioni. Ed è stato proprio da Shangai, in occasione del salone dell’auto, che lo ha detto a chiare lettere Stephan Wöllenstein ceo di Volkswagen Group China. Si tratta di iniziative con tutte e tre le joint venture di produzione di veicoli cinesi (ovvero Faw-Volkswagen, Saic Volkswagen e Jac Volkswagen). Già dal 2019 saranno 14 i modelli presentati in Cina, con il macro obiettivo di rivoluzionare la mobilità sostenibile.

Un trend seguito a ruota da altri players primari come Tesla, che sta mettendo a punto il il nuovo Gigafactory a testimonianza del fatto che le maggiori case automobilistiche straniere investono in nuove capacità produttive nel Paese.

twitter@FDepalo

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