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Una boccata d’aria al Sum di Ivrea, la kermesse annuale in ricordo di Gianroberto Casaleggio, per staccare dal tour de force di questi giorni. Laura Castelli, viceministro dell’Economia in quota M5S, non nasconde una certa stanchezza. Fra Def, sblocca cantieri, decreto crescita, decreto Brexit, numeri attesi e disattesi, al Mef non tira una buona aria. Lo sa bene Giovanni Tria, il ministro dell’Economia finito nel doppio mirino di Lega e Cinque Stelle per il rimpallo sul rimborso ai risparmiatori truffati e l’affaire Claudia Bugno.

Laura Castelli, le tensioni con il ministro Tria sono finite?

Noi lavoriamo tutti i giorni, mattina e sera. Abbiamo appena confezionato due decreti e un Def e restiamo concentrati. Nessuno nasconde le tensioni, c’è stato un fastidio durato alcuni mesi rispetto alla sua consigliera che si permette di fare politica pur non avendo voce in capitolo e oggi lo abbiamo reso pubblico.

Quanto è diverso il M5S di questo Sum da quello dell’anno scorso?

Siamo più concentrati nei lavori. L’anno scorso eravamo all’indomani del 4 marzo e stavamo cercando di capire cosa fare di un enorme bagaglio di voti.

Un bagaglio che, sondaggi alla mano, non è più lo stesso…

Non c’entrano i sondaggi. Oggi qui ci sono persone che hanno molte più responsabilità di quelle che avevano l’anno scorso e che sono impegnate ogni giorno a risolvere i problemi del Paese. Abbiamo appena chiuso due decreti, la prossima settimana chiudiamo il Def.

I numeri della bozza che circola non sono proprio quelli annunciati a fine anno…

È appena passato un trimestre, non è abbastanza per vedere gli effetti delle misure messe in campo. Come ha detto Luigi, l’anno finisce a dicembre.

Cioè quell’1% di crescita rimane un obiettivo a portata?

L’economia è fatta di processi che non si attivano in un minuto. Peraltro questo non è un trimestre negativo. Siamo i migliori nel mercato azionario. Stiamo cercando di migliorare la prospettiva dell’1% di crescita, che però era stata fatta in previsione della fine del 2019.

Nella bozza del Def quota 100 è elencata fra le cause del rallentamento. Perché?

Sappiamo benissmo che questa misura è stata criticata fin dall’inizio. Si ricorderà quanto Bruxelles si è innervosita quando abbiamo annunciato di voler ridiscutere la legge Fornero, che per loro era un diktat intoccabile verso tutti i Paesi membri.

E la linea del Mef qual è?

È la linea di questo governo, il Mef è fatto di tecnici che fanno quel che chiede loro il governo. Certo che qualcuno è perplesso ma non si tratta né del governo né tantomeno dei tecnici. Quella è una misura necessaria per fare una transizione che Bruxelles non ci aveva permesso di fare. Quando cambiano velocemente le tipologie di posti di lavoro, le specificità e le competenze, non puoi avere gente che non esce dal mondo del lavoro, deve essere sostituita. Entro quattro, cinque anni ci saranno 50mila posti di lavoro in più e diversi da quelli che ci sono oggi, è fondamentale avere uno strumento che faciliti la transizione.

In che modo?

La transizione serve perché le persone che dovranno essere impiegate devono avere competenze adeguate al progresso tecnologico. Ci sono due soluzioni: fare andare le persone in pensione e formarle. Abbiamo fatto entrambe con Quota 100 e reddito di cittadinanza. L’Ocse può anche dire che è una brutta riforma pensionistica, ma se un Paese è un minimo lungimirante sa che il processo innovativo cui sarà chiamato farà perdere posti di lavoro, ma ne farà guadagnare molti di più.

Def? I numeri torneranno. Parola di Laura Castelli (M5S)

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