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In attesa del decreto di proroga per tutte le 37 missioni internazionali (che impegnano circa 6.190 militari italiani), il ministro della Difesa Elisabetta Trenta prosegue il lavoro per l’impegno in Niger, che pare effettivamente essersi sbloccato dopo mesi di incertezze. Oggi, la titolare del dicastero di palazzo Baracchini ha incontrato l’omologo nigerino Kalla Moutari, seguendo il vertice di giugno tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente Mahamadou Issoufou.

L’INCONTRO A ROMA

“L’Italia – spiega il ministero della Difesa – conferma l’attenzione nei confronti del Niger e la disponibilità ad assistere le locali Forze di sicurezza attraverso supporto addestrativo e formativo”. Sono proprio questi, infatti, gli obiettivi di una missione che, da subito, si era dimostrata particolarmente complessa, non tanto per questioni operative, quanto per l’insofferenza dei cugini francesi nei confronti di una zona che ritengono di propria competenza. Nonostante l’intesa già raggiunta con il governo di Niamey nel 2017 (con esplicita richiesta di supporto), nei primi mesi di quest’anno sono infatti arrivate a più riprese notizie di insoddisfazione da parte delle autorità nigerine per l’impegno italiano, riportate (a volte in via esclusiva) dai media francesi.

LO SBLOCCO DELLA MISSIONE

Poi, lo scorso 20 settembre, era stata la stessa Trenta ad annunciare via Facebook lo sblocco della missione “dopo otto mesi di empasse”. In quell’occasione, il ministro ne aveva inoltre ribadito gli obiettivi e le modalità di impiego: “L’Italia entrerà in pieno supporto del governo nigerino e assisterà le autorità locali attraverso delle unità di addestratori, uomini e donne delle Forze armate con alte specialità e professionalità, articolati in Mobile Training Teams che formeranno le forze nigerine al fine di rafforzare il controllo sul territorio”. Tutto questo, si è sempre precisato, “seguendo ovviamente le esigenze, le richieste e le necessità di Niamey”. Sulla stessa linea si era mosso il premier Conte incontrando a metà giugno il presidente del Niger Mahamadou Issoufou, per un vertice in cui era emersa “convergenza totale”.

I NUMERI E GLI OBIETTIVI

Nel quadro generale degli interessi italiani, la missione è pensata per arginare il traffico dei migranti in un Paese di transito e origine particolarmente rilevante. Nonostante il M5S si fosse opposto all’impegno quando fu proposto dal precedente esecutivo, il governo giallo-verde ha da subito mostrato l’intenzione di procedere con la missione. Fino al 30 settembre (giorno in cui è scaduta la copertura giuridica e finanziaria), il pacchetto approvato dal Parlamento allo scadere della passata legislatura prevedeva per la “Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger – Misin” un dispiegamento massimo di 470 militari italiani, 130 veicoli e due aerei. Numeri che non sono mai entrati a regime, e su cui il ministro Trenta ha fatto chiarezza di recente. “La consistenza media” della presenza nazionale per il 2018, ha scritto sul Fatto Quotidiano, “non supererà le 70 unità”.

LE RAGIONI DELL’IMPEGNO IN NIGER

Ad ogni modo, ci spiegava Stefano Silvestri, direttore di AffarInternazionali, e consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai), “l’Italia ha più di una ragione per partecipare” a uno sforzo in Niger. Primo, “la Libia e la necessità di meglio regolare il flusso dei migranti e la condizione dei clandestini. È illusorio pensare di stabilizzare il Paese se non si pone sotto controllo il flusso di instabilità che viene da sud e che coinvolge, attraverso confini invisibili e porosi, tutte le tribù del Sahara”, aggiungeva l’esperto. Secondo, “accrescere la solidarietà tra europei su terrorismo e criminalità organizzata, e quindi su migrazioni clandestine; partecipare a uno sforzo che vede già in prima linea francesi e tedeschi – concludeva – è un passo importante in questa direzione”.

(Foto: Ministero della Difesa via Twitter)

Avanti tutta sulla missione in Niger

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