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In vista delle celebrazioni per il 4 novembre, giorno dell’Unità nazionale e giornata delle Forze armate, è stato finalmente pubblicato il Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2018-2020. Presentato alle Camere nel corso della settimana, il documento prevede l’incremento del budget difesa, previsto per il 2019 pari a poco più di 21 miliardi, rispetto ai 20,9 del 2018. Numeri che in realtà sono già stati superati dal dibattito politico, visti i ripetuti annunci da parte dell’esecutivo sui cospicui tagli al settore (oggi, Luigi Di Maio ha ribadito il “mezzo miliardo in meno per le spese militari”). A dire l’ultima parola sarà l’iter parlamentare sulla Legge di Bilancio.

L’ITER

Il Dpp è stato presentato con circa quattro mesi di ritardo, tempi inevitabilmente dilatati in virtù dell’insediamento del nuovo esecutivo. Secondo prassi consolidata, infatti, il documento viene presentato a inizio estate, tra maggio e giugno, offrendo gli intendimenti di spesa della Difesa a legislazione corrente e rispetto alle previsioni per il bilancio futuro. Poi, il Dpp viene modificato e corretto alla fine dell’anno, sulla base del budget effettivo che risulta dal complesso iter della Legge di Bilancio. Per quest’anno, la coincidenza della pubblicazione del Dpp rispetto al ddl sul bilancio dello Stato rende il primo immediatamente superato, per quanto sia possibile comunque notare alcune indicazioni, prima di tutto sul quadro strategico-militare che l’Italia, secondo la Difesa, è chiamata ad affrontare.

LE SFIDE DEL PAESE

In tal senso, si legge nel Documento, “il quadro strategico di riferimento si conferma incerto, instabile e in continua evoluzione, influenzato da molteplici dinamiche politiche, economiche, sociali, culturali, demografiche e ambientali, che incidono e spesso modificano gli equilibri geopolitici mondiali”. Particolare attenzione è posta al quadrante mediterraneo, all’Africa del nord e al Medio Oriente, a partire dalla Libia. Il terrorismo e la crisi migratoria continuano a essere all’apice delle sfide per la sicurezza nazionale, mentre particolare enfasi viene posta anche sulla dimensione cyber, come già evidenziato nella nota di aggiornamento al Def e (ancora prima) nelle linee programmatiche del dicastero Difesa presentate da Elisabetta Trenta. I pilastri della proiezione estera su questi temi restano la Nato e l’Unione europea, con la promozione di una maggiore attenzione al fianco sud per la prima, e l’adesione alle iniziative della Difesa comune (Pesco e Fondo europeo) nella seconda.

I PROGRAMMI

Per quanto riguarda i programmi, il documento risulta come detto superato dal dibattito. Ad ogni modo, rispetto alle anticipazioni, ci sono alcune conferme, come l’eliminazione del “Polo unico della Difesa”, anche noto come “Pentagono italiano”, e il passaggio nell’ambito della programmazione “al momento priva di finanziamento” del programma Camm-Er per il rinnovo delle capacità di difesa aerea a corto e medio raggio. Appaiono invece tra i programmi “con assicurazione di finanziamento” i droni P.2HH di Piaggio Aerospace (per 766 milioni fino al 2032, di cui 72 nel 2018), sebbene i ritardi dell’iter parlamentare stiano alimentato le preoccupazione dei lavoratori di Villanova d’Albenga, tanto che un incontro al Mise (grande contributore degli investimenti per la difesa) è atteso per il 13 novembre con lo spettro della liquidazione da parte della proprietà emiratina del fondo Mubadala. Allo stesso modo, sarebbero coperti da finanziamenti i carri armati Ariete per l’Esercito, con un onere complessivo di 421 milioni di euro in 12 anni, e i missili Teseo per le capacità anti-nave della Marina, per 150 milioni in otto anni (di cui 1 nel 2018). Tra i programmi “operanti”, vengono confermati gli impegni di spesa sia per l’F-35, sia per gli elicotteri NH90, nonostante per entrambi ci potrebbe essere la volontà del governo di dilazionare gli acquisti.

IL BUDGET

Stando al Dpp, il budget per la difesa dovrebbe aumentare il prossimo anno, passando dai 20,968 miliardi del 2018 a 21,017. Per il 2020, si prevede invece un calo a 20,646, con annesso passaggio all’1,10% del Pil rispetto all’1,19 di quest’anno e all’1,15% per il prossimo. Percentuali che non aiuterebbero in ogni caso la posizione italiana nella Nato, dato il forte focus che l’amministrazione Trump ha impresso sull’impegno a spendere il 2% del Pil entro il 2024. Ad ogni modo, a tal proposito, il documento della Difesa ricorda la proposta presentata dall’Italia all’Alleanza Atlantica, tesa a considerare nel conteggio anche le spese per la cyber-security, su cui il governo ha manifestato l’intenzione di investire. Il bilancio Difesa si conferma comunque sbilanciato sul Personale, a cui va quest’anno il 73% della “Funzione Difesa” (che di per sé rappresenta il 66% del budget complessivo). Considerando che il 10% della stessa funzione va all’Esercizio, per la voce Investimenti è destinato il 17%, con percentuali che dovrebbe cambiare poco nei prossimi anni.

VERSO LA LEGGE DI BILANCIO

Come detto, visto che gli annunci del governo non sembrano confermare quanto scritto nel Dpp, pare opportuno osservarne, più che i numeri, gli intendimenti. Essi descrivono una linea di continuità rispetto al passato, decisamente utile per un comparto che vive nel lunghissimo periodo, con la conseguente necessità di stabilità programmatica per definire gli investimenti. Eppure, a dire l’ultima parola sarà la Legge di bilancio, nella quale (a detta di Luigi Di Maio, tornato oggi sul tema) ci sarà mezzo miliardo di tagli alla difesa. Ad ora, la bozza circolata su diversi organi di stampa (da prendere con le pinze) parla di una riduzione di 60 milioni per il 2019 per le spese militari, tra l’altro da definire “con apposito decreto” dal ministro della Difesa “entro il 30 gennaio 2019”. Oggi, Se così fosse, il comparto potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Ogni valutazione risulta tuttavia prematura. Per i numeri ufficiali si deve aspettare il testo che uscirà dalla Camere.

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