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La cooperazione tra Italia e Cina è tornata al centro dell’agenda diplomatica questa settimana. Oggi a Villa Madama si è tenuta la XII sessione del Comitato Intergovernativo Italia-Cina, presieduta dal vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal suo omologo cinese, Wang Yi. L’incontro, che rappresenta il principale strumento di impulso del Partenariato Strategico Globale avviato nel 2004, si è svolto a poco più di un anno dalla missione a Pechino della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del capo dello Stato Sergio Mattarella, durante la quale i due Paesi avevano adottato un Piano d’Azione triennale e firmato diversi memorandum di cooperazione.

La riunione di Villa Madama ha riunito rappresentanti delle amministrazioni italiane e cinesi competenti per i diversi dossier, articolandosi in tre tavoli tematici: questioni economiche e finanziarie, cultura e società civile, scienza, tecnologia e alta formazione. A margine dei lavori, Tajani e Wang Yi hanno tenuto un colloquio bilaterale sui principali temi della cooperazione e sulle crisi internazionali, mentre nel pomeriggio i due ministri hanno partecipato a un pranzo con le rispettive delegazioni e con un gruppo di imprenditori italiani — tra cui Enrico Marchi (Save), Lamberto Frescobaldi (Unione Italiana Vini), Roberto Vavassori (Anfia), Federico Bricolo (Verona Fiere), Elena Zambon (Zambon Pharma), Luigi Scordamaglia (Filiera Italia) e Paolo Mascarino (Federalimentare) — per discutere opportunità di investimento e collaborazione industriale.

La visita di Wang Yi a Roma, la quarta missione europea del ministro cinese dall’inizio dell’anno, proseguirà con un incontro al Quirinale con il presidente Mattarella, prima di fare tappa a Ginevra. Il viaggio si inserisce nel tentativo di Pechino di rilanciare il dialogo politico con i partner europei e di contrastare la percezione di un progressivo disaccoppiamento economico e strategico tra la Cina e l’Europa, acuito dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni commerciali con Bruxelles.

L’incontro ha offerto “l’opportunità per esaminare lo stato delle relazioni bilaterali e rafforzare la cooperazione in numerosi settori, a partire dai rapporti economici e commerciali, con l’impegno comune a intensificare e riequilibrare gli scambi commerciali, eliminando gradualmente quelle barriere che limitano l’accesso al mercato e impediscono di sfruttare appieno il potenziale delle due economie”, recita il comunicato della Farnesina.

Il linguaggio scelto riflette l’obiettivo di fondo di Roma: mantenere aperti i canali con Pechino e valorizzare la collaborazione economica, pur nel quadro delle nuove linee europee di de-risking. Per l’Italia, che ha lasciato formalmente la Belt and Road Initiative nel 2023, l’approccio è ora improntato al pragmatismo, alla ricerca di convergenze selettive e di un riequilibrio commerciale più favorevole.

Negli ultimi mesi Roma ha dato segnali coerenti con questa linea: l’introduzione del decreto “Buy Transatlantic”, che privilegia tecnologie prodotte in Italia, Ue, Paesi Nato e partner affini, e l’esclusione dei pannelli solari cinesi dagli incentivi alle rinnovabili. Entrambe le misure riflettono una strategia di cooperazione controllata, dove la sicurezza economica e tecnologica diventa parametro centrale nel rapporto con Pechino.

Nonostante il tentativo di rilanciare il dialogo economico bilaterale, la guerra globale dei dazi ha reso sempre più difficile riequilibrare la bilancia commerciale tra Italia e Cina. Le misure protezionistiche reciproche tra Pechino, Bruxelles e Washington hanno irrigidito i flussi, penalizzando soprattutto l’export italiano e mantenendo ampio il disavanzo strutturale. Nei primi otto mesi del 2025 gli scambi totali hanno raggiunto 49,8 miliardi di euro (+16% su base annua), ma con esportazioni italiane in calo a 9,1 miliardi (-11,1%) e importazioni dalla Cina in forte aumento a 40,7 miliardi (+24,5%).

Le vendite italiane restano concentrate su macchinari, abbigliamento e chimica, mentre crolla il comparto farmaceutico (-79%), a fronte di un’impennata dei prodotti metallurgici e minerari. Dalla Cina continuano ad arrivare soprattutto beni chimici, macchinari, elettronica e mobili. Sul piano degli investimenti, il divario resta marcato: nel 2022 operavano in Cina 1.425 imprese italiane per un fatturato di 33 miliardi, ma gli investimenti diretti italiani ammontavano a 15 miliardi, contro 2,8 miliardi di capitali cinesi in Italia. Il Piano d’Azione bilaterale per il prossimo triennio (2024-2027) – siglato a Pechino in occasione del 20° anniversario il 28 luglio 2024, durante la visita di Meloni – punta ora a favorire nuovi investimenti e cooperazione nei settori digitale e ambientale, per ridurre uno squilibrio che resta, al momento, difficile da colmare.

La visita di Wang Yi ha anche una forte dimensione economico-territoriale: il ministro è accompagnato da una vasta delegazione di province cinesi, guidata dal Jiangsu — regione dove si concentra la maggior parte degli investimenti italiani in Cina e sede di diversi parchi industriali e dell’innovazione nati da partnership bilaterali, da Suzhou a Yangzhou. Le delegazioni cinesi, presenti anche a Torino e Milano per incontri nei settori automotive, arredamento e manifattura, puntano a rilanciare la cooperazione industriale e ad attrarre imprese italiane nei parchi del Jiangsu.

L’obiettivo, condiviso nel Piano d’Azione e riaffermato nel Comitato intergovernativo, è intensificare e riequilibrare gli scambi, favorendo investimenti reciproci in un contesto trasparente e competitivo. In questo quadro, organismi come la Commissione Economica Mista, il Business Forum Italia-Cina e il Consiglio Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale assumono un ruolo chiave nel rafforzare i canali di dialogo tra governi e imprese, con l’impegno comune a prevenire rischi e dispute commerciali.

La visita di Wang Yi arriva dunque in una fase di maturazione della relazione bilaterale: l’Italia non chiude al dialogo con la Cina, ma lo ricolloca dentro i confini della compatibilità euro-atlantica. Il governo Meloni punta a un equilibrio tra cooperazione e tutela strategica, in linea con la politica di de-risking promossa da Bruxelles e con il rinnovato asse transatlantico. Per Roma è anche un test sul suo ruolo di interlocutore pragmatico, aperto ma vigile — un modello di diplomazia economica che il governo Meloni vorrebbe fondare sulla consapevolezza delle nuove vulnerabilità globali.

Tajani e Wang Yi presiedono il Comitato intergovernativo a Villa Madama. Il dialogo Italia-Cina

Wang Yi è a Roma. La quarta tappa europea dell’anno per il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, e ministro degli Esteri. Obiettivo: continuare il dialogo con gli europei, convincendoli che il disaccoppiamento totale non è nel reciproco interesse, mentre Italia e Ue lavorano per il de-risking – seguendo una traiettoria di consapevolezza che accomuna la linea transatlantica con l’amministrazione Trump

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