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L’economia russa non vive un buon momento. La Russia ha quasi finito le riserve custodite nei fondi sovrani e ha deciso di chiudere il rubinetto. Sono finiti gli aiuti, almeno finanziari, per i suoi alleati. Alexey Kudrin, capo della Corte dei Conti, ha annunciato che il Fondo per il Benessere Nazionale della Russia (Nwf) sgancerà le risorse solo per affrontare un’altra crisi economica del Paese, simile a quella dell’anno 2014.

Kudrin, liberale amico di Putin e uno dei padri dei fondi di riserva, ha spiegato la situazione dei numeri di Mosca: “Nel 2008 e 2014, metà del Fondo di Riserva è stato speso per salvare e mantenere il bilancio statale. Negli ultimi anni, in particolare durante l’ultima recessione, è stata spesa la seconda metà del fondo”.

Il Fondo di Riserve si è svuotato a dicembre perché circa 7,62 milioni di dollari sono stati stanziati per coprire il deficit del bilancio federale. Era rimasto il Fondo per il Benessere Nazionale, nato a gennaio, con 65,15 milioni di dollari. In termini economici la Russia non è una solida potenza perché dipende dalle entrate petrolifere, sempre variabili. L’analista Alexei Antónov spiegò sul quotidiano digitale Gazeta.ru che il Fondo di Riserve era destinato ad affrontare “riforme strutturali e progetti per migliorare le condizioni sociali ed economiche del Paese. Ma è diventato un fondo che si nutre dell’eccedente della vendita del petrolio e finanzia il deficit nazionale”.

La disponibilità di Mosca di aprire il portafoglio per “alleati” esterni non è nuova. Un’inchiesta del quotidiano inglese The Telegraph sostiene che il Cremlino ha finanziato alcuni partiti europei, tra cui la Lega di Matteo Salvini, prima della campagna elettorale (per L’Espresso il delegato russo ai rapporti con le formazioni politiche europee si chiama Sergey Zheleznyak).

Marco Zatterin su La Stampa questa mattina aveva scritto in un retroscena dell’ipotesi di valutare un’alternativa esterna per fare quadrare i conti italiani: “Se fossimo attaccati, se ne deduce, potrebbe essere un fondo sovrano di Mosca a tutelarci”. Con tutti gli effetti diplomatici che ne conseguono. “L’Italia, un grande Paese occidentale, uno Stato fondatore dell’Unione che non si cura abbastanza, viola i parametri a dodici stelle e poi chiede aiuto a Putin […] – si legge sul quotidiano di Torino -. La tesi del governo è che la nostra economia non sia in disequilibrio strutturale, anche se i numeri dicono il contrario. Pertanto si argomenta che l’offensiva dei mercati creerebbe uno sbilanciamento di liquidità che potrebbe essere serenamente rintuzzato dalla Bce. Oppure, alla peggio, dai russi. O dalla ‘fantasia al potere’”.

Ma con i fondi di Mosca a secco si sfuma anche questa opzione del governo, realistica o meno che fosse, di trovare in loro un’alternativa per pagare i costi dell’“esperimento politico italiano” che – secondo Salvini – tutti vogliono fermare.

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