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Piccola rassegna stampa internazionale, vista San Pietro. L’Osservatore Romano dedica parte delle sue colonne per raccontare due notizie che vedono coinvolte Cina e Russia. Nulla di nuovo. Il quotidiano della Segreteria di Stato Vaticana ha alle spalle una lunghissima tradizione di articoli e approfondimenti su questioni internazionali e gode di una vista panoramica invidiata da tante altre riviste di settore. A seconda delle notizie selezionate però è possibile capire dove guardano gli occhi della Segreteria di Stato nel mondo. Due articoli ci danno oggi qualche indizio su dove sono puntati quelli della Segreteria di Pietro Parolin. Entrambi senza firma in calce, e dunque, lo sanno bene gli addetti ai lavori, scritti direttamente dalla Segreteria e non da un giornalista qualunque.

Il primo dà un annuncio piuttosto enfatico: “Parte la sfida alla nuova Via della Seta”. La notizia è davvero curiosa anche se ha trovato poco spazio nella stampa internazionale. Il mastodontico progetto infrastrutturale cinese conosciuto al mondo con il nome di One Belt One Road (Obor) ha trovato un nuovo rivale. Un’azienda di trasporti danese invierà il primo carico su una nave alla volta della Siberia, attraversando un percorso che si è aperto solo negli ultimi anni, scrivono, grazie allo scioglimento dei ghiacciai artici. Da lì le merci potranno proseguire attraversando l’Asia via terra.

L’annuncio, apparentemente tecnico e di poco clamore mediatico, merita attenzione. La via artica, ad oggi minoritaria e sperimentata da poche aziende (fra cui il gigante cinese Cosco) perché troppo costosa, domani potrebbe fare concorrenza al Canale di Suez, una rotta assai più trafficata che però richiede una o due settimane in più per collegare i due continenti. I cinesi saranno costretti a un ripensamento della loro Via della Seta? Resta da vedere. Di certo sappiamo che la Segreteria di Stato guarda con favore al piano infrastrutturale di Pechino, finito invece altrove in un calderone di polemiche che vedono l’India in prima linea. Lo ha detto senza mezzi termini a marzo in un convegno il Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede Paul Richard Ghallagher, quando ha definito il Dragone di Xi Jinping “un crocevia di Sviluppo, grazie a progetti importanti come la nuova Via della seta”.

Veniamo alla Russia. Oggetto di attenzione del Vaticano è l’acquisto da parte del governo turco di sistemi missilistici di difesa aerea s-400 dal fornitore di armi russo Rosoboronexport. L’operazione, che comunque non partirà prima del 2019, avrebbe un controvalore di 2,5 miliardi di dollari e verrebbe realizzata con l’apertura di una linea di credito da parte del governo russo. Anche qui: a prima vista notizia di poco conto, ma la Segreteria di Stato ci ha visto lungo. L’acquisto di forniture militare russe da parte della Turchia non può che esacerbare le tensioni (già alle stelle) con Washington. Per di più, aggiunge l’Osservatore, “La questione è comunque molto delicata, visto che la Turchia è un paese membro della Nato”. Il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu giustifica la virata russa puntando il dito ancora una volta contro gli Stati Uniti, rei di non aver venduto in passato ad Ankara i sistemi missilistici Patriot. Il tempo dirà se la mossa turca segnerà un decisivo allontanamento dall’asse occidentale. Il Vaticano, da Roma, osserva attentamente.

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