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L’Italia è l’unica grande economia della zona euro che non ha recuperato il livello del Pil che aveva prima della crisi del 2008. E, secondo quanto dicono i numeri, molto difficilmente l’avrà, almeno nel breve termine. Con un grande buco di debito, l’invecchiamento della popolazione e la bassa competitività nel settore imprenditoriale, la crescita economica è compromessa.

Gli impegni però restano. Finite le vacanze estive, il Paese dovrà affrontare un calendario fitto di negoziati con l’Europa per trovare un accordo sulle politiche fiscali. Il 27 settembre è la deadline della seconda versione del documento economico finanziario con la legge di stabilità e il programma di riforme (flat tax, pensioni e reddito di cittadinanza).  I mercati premono e le agenzie di rating attendono con apparente pazienza (pronti però alla stangata). L’americana Moody’s ha rimandato la revisione sul debito italiano perché ancora non è chiara la linea che prenderà il nuovo governo, mentre per il 31 agosto si attende la pagella dell’agenzia Fitch.

La stampa italiana crede nell’attrazione di investimenti stranieri, ma sui giornali esteri si legge il contrario. Il quotidiano americano The Wall Street Journal sostiene che c’è una fuga di capitale dall’Italia a causa dell’incertezza politica. Per il vicepremier Matteo Salvini si tratta di un complotto del mondo finanziario, dei poteri forti (cioè banche e mercati) che vogliono colpire l’esperimento italiano di cambiamento.

Il Financial Times ha pubblicato oggi un’analisi sui record dei titoli di Stato italiano: “L’esodo degli investitori stranieri dal mercato obbligazionario italiano sta prendendo ritmo, con le vendite nette del debito sovrano del Paese a un livello record per il secondo mese consecutivo”. Secondo i dati della Banca centrale europea, le disponibilità di debito italiano da parte di investitori stranieri sono diminuite di 38 miliardi di euro nel mese di giugno, superando l’altro record di 34 miliardi di euro nel mese precedente. Un dato di fatto, non un’opinione.

Il caso italiano è in controtendenza, già che la zona euro ha percepito negli ultimi mesi un ingresso netto di capitale. La fuga dall’Italia è attivata soprattutto dall’incertezza che genera l’attesa per la presentazione del Documento di Economia e Finanza dell’esecutivo e il piano di riforme. “Con il governo che adesso negozia il suo bilancio d’esordio, le obbligazioni italiane rimarranno volatili”, sostiene il FT.

Il quotidiano della City ha consultato alcuni banchieri: i più ottimisti credono che la ritirata di investitori stranieri si deve allo stallo di questi mesi, ma alla prima mossa del governo si allenterà la tensione. Resta vedere cosa sarà fatto di concreto.

C’è un dato interessante privo di lettura. Un esperto consultato da Formiche.net ricorda che l’agitazione per lo spread questa volta è diversa rispetto al 2011: avviene con la proprietà dei titoli di Stato da parte delle banche italiane, non da investitori stranieri.

Anche nel mercato dei titoli di Stato c’è chi vende ma anche chi compra. Nel deal dei bond italiani, la proprietà netta delle banche italiane è aumenta di 40 miliardi nel secondo trimestre del 2018; un altro vero e preoccupante record. Il mercato dei titoli di Stato in Italia è diventato domestico. Questo vuole dire che i titoli venduti dagli investitori stranieri sono in gran parte ricomprati dalle istituzioni finanziarie. A sua volta, le banche hanno come garanzia il denaro di risparmiatori e obbligazionisti grazie al bail in, dopo la vicenda di Veneta Banca e Popolare di Vicenza.

Lo spread, quindi, non è un più un indice astratto del mondo finanziario. Molti titoli dipendono dalle banche. Se succede qualcosa, potrebbero essere i conti correnti dei risparmiatori italiani a pagare le conseguenze.

Attenzione! Perché la fuga dai titoli di Stato riguarda i risparmiatori italiani

L’Italia è l’unica grande economia della zona euro che non ha recuperato il livello del Pil che aveva prima della crisi del 2008. E, secondo quanto dicono i numeri, molto difficilmente l’avrà, almeno nel breve termine. Con un grande buco di debito, l’invecchiamento della popolazione e la bassa competitività nel settore imprenditoriale, la crescita economica è compromessa. Gli impegni però…

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