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Oggi, a Beirut, alla presenza del ministro della Difesa italiana, Elisabetta Trenta, il generale dei Bersaglieri Stefano Del Col assumerà il comando della missione United Nations Interim Force in Lebanon (Unifil). Del Col succede all’irlandese Michael Beary, e diventa il quarto italiano a guidare Unifil.

Questo incarico, affidato direttamente all’italiano dal segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è un riconoscimento internazionale del ruolo delle Forze Armate Italiane? Lo chiediamo a Matteo Bressan, analista della Nato Defence College Foundation, docente di Relazioni internazionali presso la Lumsa, piuttosto esperto della realtà libanese.

“La nomina del Generale di Divisione Stefano Del Col come comandante della Missione Unifil è un risultato che conferma, da un lato quanto il modello di peacekeeping dei nostri militari sia apprezzato a livello internazionale, dall’altro quanto la missione Unifil rivesta una particolare importanza per l’Italia”, ci dice Bressan. “Dobbiamo infatti tener presente, quando andiamo ad analizzare il contributo globale che il nostro Paese fornisce alla sicurezza collettiva, che l’Italia è impegnata in 34 missioni di cui 32 internazionali in ben 22 paesi. Una presenza militare, con elevati livelli di responsabilità come appunto in Libano con Unifil o in Kosovo con Kfor, che complessivamente vede impegnati circa 6.000 militari. Numeri, è bene ricordarlo, che vanno a fornire sicurezza non soltanto al nostro Paese, ma anche agli altri paesi dell’Unione Europa e agi alleati della Nato”. La considerazione dell’analista va anche inquadrata nel clima di incessanti richieste per aumentare le spese nel settore difesa che arriva dalla Washington trumpiana: l’Italia, al di là della contabilità secca, fa già molto in termini di impegni in missione.

Che cos’è Unifil in questo momento? Il Libano è ancora un paese critico: la missione Onu che ruolo ha? “La missione Unifil, di cui l’Italia riprende la guida dopo l’esperienza di comando del generale Claudio Graziano, e i prigrado Paolo Serra e Luciano Portolano, è oggi, più che mai, di fondamentale importanza per gli equilibri regionali. La missione ha garantito la stabilità lungo uno dei confini più tesi del Medio Oriente sin dalla fine della guerra dei 34 giorni tra Israele e gli Hezbollah e la sua opera di formazione del personale militare, insieme alla missione bilaterale di addestramento (MIBIL) varata nel 2015, rappresentano dei tasselli fondamentali per la stabilizzazione del paese”.

La situazione in Libano, oltretutto, soffre anche per il vicino conflitto siriano, da cui è stata contagiata sia in termini politici, sia dal gigantesco numero di profughi che sono arrivati nel paese. “Certamente, ecco perché il ministro Trenta ha dichiarato attraverso il suo profilo Facebook che l’Italia gioca un ruolo fondamentale per la stabilità della regione. “Regione”  diventa la parola chiave, diciamo. “Sì, perché è un ruolo che, anche grazie alla presenza in Libano, ha consentito e consente all’Italia di esser quell’interlocutore credibile in Medio Oriente, capace di ascolto e dialogo e pronto a cogliere quegli indicatori delle più vaste dinamiche regionali che spesso, proprio in Libano, hanno anticipato il trend dell’intera regione. Per queste ragioni nel momento in cui il Libano, dopo 9 anni, è tornato ad eleggere i suoi rappresentati parlamentari e la crisi siriana, rispetto agli anni 2014/2015, sembra volgere verso uno scenario di graduale ricomposizione, la stabilizzazione del Paese dei Cedri diventa cruciale per cogliere i segnali di normalizzazione che si stanno manifestando”.

Il ruolo italiano in Libano ci dà anche spunto per ragionare sull’importanza della cooperazione civile-militare, su cui gli italiani sono un campione globale, giusto? “In questo difficile e complesso percorso, ovviamente la capacità militare non basta ed è per questo che poche settimane fa è stata rafforzata la cooperazione civile-militare (CIMIC) con l’apertura del Cimic, Centre regionale nell’area di Operazione dell’Unifil che, oltre a rafforzare le relazioni tra militari della missione e dei militari della Forze Armate Libanesi (LAF), metterà in pratica quei progetti che potranno soddisfare gli abitanti del Sud del Libano, attraverso la distribuzione di viveri, materiali sanitari e scolastici, ristrutturazione delle scuole, costruzione di cliniche e realizzazione di sistemi di irrigazione”.

L’azione dell’Italia in Libano si sviluppa quindi con un approccio sistemico, ci spiega Bressan, anche alla luce del ruolo e degli indirizzi indicati all’interno dell’International Support Group (ISG) per il Libano che hanno visto la Farnesina organizzare, lo scorso 15 marzo a Roma, la seconda Conferenza ministeriale a sostegno delle Forze di sicurezza libanesi, con la partecipazione del Segretario Generale dell’Onu Guterres e il premier libanese Saad Hariri – con cui in questi giorni Trenta ha avuto un colloquio, con cui ha ricordato “l’impegno italiano per la stabilità della regione e rinnovare i sentimenti di amicizia che uniscono i nostri due popoli”.

L’Italia, continua Bressan, è impegnata in “un percorso di sforzi e aiuti sinergici alle LAF e per la prima volta anche alla polizia libanese (ISF) che conferma l’importanza del contributo del nostro Paese nella stabilizzazione di un’area e, nello specifico, di un paese oggetto spesso di pressioni esterne, che tuttavia ha saputo trovare un precario equilibrio nonostante le turbolenze regionali”.

Il Libano è un territorio complesso, dove esiste il rischio di sbilanciamenti davanti alla divisione confessionale, che può facilmente prendere la deriva del settarismo. “La capacità di dialogo dell’Italia in Libano, anche con diversi gruppi confessionali e con attori geopolitici con differenti agende, è un punto di forza in una regione che, negli ultimi 10 anni, è stata e continua ad esser travagliata a causa delle grandi crisi interne di Iraq e Siria, delle contrapposizioni tra le superpotenze regionali, a cui si è andata ad aggiungere la drammatica esperienza dell’Islamic State che, proprio contro la convivenza confessionale, ha scatenato la sua violenza puntando a dividere le comunità”.

(Foto: Twitter, @UNIFIL_)

Italia alla guida della missione Onu in Libano. L’analisi di Bressan (Ndcf)

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