Skip to main content

In vista dello sbarco nell’Aula di Montecitorio del c.d. “Decreto dignità”, il dibattito parlamentare si sta purtroppo concentrando soprattutto su possibili emendamenti migliorativi del testo, che, nei suoi variegati aspetti, attira, comprensibilmente, giudizi di stretto merito assai articolati, spaziando in materie non poco diversificate.

Ma, almeno sul tema del “lavoro” (art. 1, 2 e 3), se si pretende di tirare in ballo la “dignità” delle persone, le forze politiche farebbero bene a dichiarare cosa intendano con un concetto tanto impegnativo.

Una dignità “onirica”, facile da scrivere sui titoli di cronaca per guadagnare i maggiori spazi possibili nelle mazzette delle rassegne stampa o la dignità per un uomo in carne e ossa, con nome e cognome, fatto di difficoltà e bisogni drammaticamente concreti, che, innanzitutto, un “lavoro” lo deve trovare e conservare?

Facciano capire le forze politiche se vogliono assumere la “realtà” come premessa da cui partire e a cui piegarsi per favorire un nuovo passo di “bene comune” o se si accontentano di mere astrazioni, che – siano o meno teoricamente condivisibili – violenteranno comunque il già fragile tessuto economico e sociale, danneggiando qualcuno che esiste per davvero, seppur con il torto di essere invisibile fra i plebisciti dei like delle piattaforme web più alla moda.

Allora, prima di accapigliarsi in Aula su modifiche millimetriche al testo-base (di solito strumentalmente utili alla propaganda di singoli politici che preferiscono mascherare il senso complessivo), serve soprattutto che le rappresentanze parlamentari si domandino sinceramente e giudichino quale “direzione di marcia” sia stata imboccata, in tema di lavoro, con il decreto legge n. 87/2018.

E nella prima versione della relazione tecnica girata informalmente a fine giugno, questa “direzione” veniva innocentemente dichiarata in un passaggio, che, birichinamente, è poi scomparso dalle versioni successive della stessa.

A commento, cioè, dell’irrigidimento della disciplina dei contratti a tempo determinato introdotta dall’art. 1 e a margine delle ulteriori penalizzazioni di cui all’art. 2 per la somministrazione di lavoro e all’art. 3 per i licenziamenti, il governo confessa(va) che “in questo modo sarà possibile disincentivare l’utilizzo del contratto a termine”.

Ecco, allora, la “direzione” scelta: non promuovere la stabilità, togliere pesi alla possibilità di rendere “definitivo” il rapporto lavorativo, bensì, all’apposto, “disincentivare”, forzare un pezzo di realtà economica, quella, cioè, che ricorre ai contratti a tempo determinato.

Dunque, il giudizio sotteso è che si presume che un imprenditore, un professionista, un artigiano che assuma a tempo determinato non sia mai in buona fede, ma voglia sempre sfruttare, approfittare dell’opera del dipendente.

Ma corrisponde al vero questa premessa culturale nemmeno tanto implicita, anzi quasi confessata, che sta all’origine della supposta “dignità” del lavoro? E se, invece, il “tempo determinato” corrispondesse al massimo sforzo possibile per un operatore economico in un certo momento, per offrire occupazione? Non sarebbe questo un tentativo del tutto stimabile sotto il profilo della sua “dignità”? E non sarebbe altrettanto “dignitoso” quel lavoratore dipendente che accettasse le possibilità limitate del suo datore di lavoro e si sentisse impegnato con lui – con lui e non contro di lui! – nel far progredire l’impresa al fine di far maturare condizioni più favorevoli anche ad una assunzione a tempo indeterminato?

Quindi, non appare molto più necessaria una azione legislativa che sostenga la “dignità” del lavoro possibile per incentivarne una stabilità, ad esempio, tagliando il cuneo fiscale, alleggerendo i vincoli, dando prevalenza ai contratti territoriali rispetto a gabbie normative centrali?

Se queste domande urgessero alla politica italiana, mai come alla vigilia del lavoro d’Aula per convertire questo “Decreto dignità”, i parlamentari dovrebbero riflettere su un passaggio di una grande enciclica sociale: “Il dovere dello Stato non consiste tanto nell’assicurare direttamente il diritto al lavoro di tutti i cittadini, irreggimentando l’intera vita economica e mortificando la libera iniziativa dei singoli, quanto piuttosto nell’assecondare l’attività delle imprese, creando condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulta insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi” (cfr. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 48, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, cap 291).

Auguriamo, pertanto, al Parlamento di aver l’autorevolezza di invertire nel senso indicato dalla Centesimus annus la direzione imboccata dai primi tre articoli del Dl 87/18, senza accontentarsi di concedere qualche minuscolo alibi per consentire a seppur importanti deputati di nascondere al proprio circuito elettorale una scelta culturale sbagliata, in quanto ideologica e astratta, come dimostrano le nette e sofferte testimonianze che provengono dall’imprenditoria veneta di questi giorni.

lavoro dignità

Dignità nel lavoro o del lavoro? L'opinione di Domenico Menorello

In vista dello sbarco nell’Aula di Montecitorio del c.d. “Decreto dignità”, il dibattito parlamentare si sta purtroppo concentrando soprattutto su possibili emendamenti migliorativi del testo, che, nei suoi variegati aspetti, attira, comprensibilmente, giudizi di stretto merito assai articolati, spaziando in materie non poco diversificate. Ma, almeno sul tema del “lavoro” (art. 1, 2 e 3), se si pretende di tirare…

Regionalismo, province digitale, italiani, riforma costituzionale

Perché è ora di cambiare registro sulla questione delle province

Il decreto detto “mille proroghe” quest’ anno si presenta in estate e non, come d’abitudine da circa 15 anni, alla fine dell’anno. Tra i vari argomenti oggetto di rinvio quest’anno troveremo un ulteriore rinvio della scadenza dei consiglieri provinciali. Su questo, tre considerazioni si impongono. La prima considerazione è di tipo generale, per nulla originale ma importante ribadire: la necessità…

dall'oglio

Padre Dall'Oglio, dalle macerie di Raqqa emerge una nuova pista sul rapimento

Espulso dal regime di Assad, sequestrato dall’Isis. Il destino di padre Paolo Dall’Oglio sembra riassumere in sé il destino del popolo siriano: un popolo che è stato espulso dal suo Paese, sequestrato dai signori della guerra. La storia di Dall’Oglio è dunque la storia di altre decine di migliaia di siriani inghiottiti nella notte siriana dei quali non si parla,…

washington

La libertà religiosa come strategia diplomatica. Cosa si è detto al summit di Washington

"Grazie ai molti ministri degli esteri, ai leader religiosi e ai superstiti di persecuzione religiosa che hanno condiviso le loro storie all'#IRFMinisterial spiegando perché il la libertà religiosa è così essenziale. L'amministrazione Trump, tra cui il vice presidente, si impegna a proteggere questa preziosa libertà". È questo il commento che il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, affida alla conclusione della ministeriale sulla…

putin

Anche Putin gioca la carta religiosa. Il rapporto con la Chiesa ortodossa

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha affermato che l'adozione del cristianesimo più di mille anni fa nel territorio che in seguito divenne la Russia segnò il punto di partenza per formare la stessa Russia. Putin ha scelto un momento simbolico per i suoi commenti, usciti durante una cerimonia che ha segnato il 1030esimo anniversario dell'adozione del cristianesimo da parte di Vladimir I di…

Il referendum in Macedonia, fra progressi e divisioni interne

La nuova Macedonia del Nord, dopo il raggiungimento dell'accordo con Atene sul nome, si trova oggi a un passo dal referendum che ufficializzerebbe effettivamente il cambiamento. Il primo ministro Zoran Zaev, infatti, ha riferito che il parlamento dovrebbe riunirsi lunedì 30 luglio per discutere dell'importante appuntamento previsto per il prossimo ottobre. Skopye continua dunque a guardare all'Europa e alla Nato…

prescrittiva 5G telemedicina medicina comunicazione cimo comunicazione

Riforma delle relazioni sindacali nella sanità. La proposta di Cimo

Di Guido Quici

Il voler fare seriamente sindacato comporta la capacità di formulare proposte concrete per affrontare nodi e malfunzionamenti del proprio settore, anche a costo di essere voci fuori dal coro o “disruptive”. O, perlomeno, di stimolare un sano dibattito intorno alle possibili soluzioni ai problemi della propria categoria con l’obiettivo di migliorare il sistema per tutti gli attori/stakeholder coinvolti. È quanto…

Il parlamentino sindacale contro l’obbligo dell’alternanza a scuola

Nessuno glielo aveva chiesto, ma il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi, organismo controllato da sindacati e amministrazione) l'altro ieri, mercoledì 25 luglio, ha approvato, con il solo voto astenuto del rappresentante dei dirigenti scolastici dell'Anp, un parere autonomo per togliere l'obbligatorietà dell'alternanza scuola-lavoro (Asl) introdotta dalla legge 107/2015 per tutti gli indirizzi di studio del secondo ciclo. Staremo a…

Suez, antica suggestione divenuta realtà. La storia raccontata da Marco Valle

Suez è stata un’antica suggestione, oltre che un luogo geografico. Essa si è intrecciata con la storia del Mediterraneo e ne è divenuta parte. Essenziale, strategica, vitale. Una suggestione che nel corso dei secoli si è fatta politica, e pure ha alimentato  incontri  e scontri tra civiltà. Non solo un istmo, uno stretto, una via di comunicazione che ha determinato…

Ecco le novità di Leonardo tra l'aeroporto di Zurigo e le nuove tecnologie per gli elicotteri

Di Fulvio Moriani

Un contratto da 120 milioni di euro per il sistema di smistamento bagagli dell'aeroporto di Zurigo e un ampliamento dell'accordo con il Politecnico di Milano per nuove tecnologie dedicate agli elicotteri. Sono queste le ultime novità per il campione nazionale dell'aerospazio e difesa, Leonardo, l'azienda guidata da Alessandro Profumo. IL CONTRATTO PER L'AEROPORTO DI ZURIGO In consorzio con la società…

×

Iscriviti alla newsletter