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L’intenzione del governo non è quella di chiudere l’Ilva ma di conciliare i temi dello sviluppo produttivo, il risanamento ambientale, i livelli occupazionali. Presto ci sarà un nuovo incontro con le parti interessate alla prospettiva del più grande gruppo siderurgico presente in Italia.
È questa la sintesi della prima tornata di incontri che il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha tenuto presso la sede del suo dicastero.
Il ministro ha chiesto informazioni sulla situazione e ha salutato la delegazione assicurando che qualunque soluzione emergerà “sarà condivisa”, sottolineando che “ambiente e tecnologia non possono essere in contrasto”. I sindacati, da parte loro, hanno ribadito la loro posizione, chiedendo di riconvocare la trattativa velocemente, spiegando che l’accordo fino a oggi non è stato raggiunto per problemi di merito legati alla garanzia occupazionale.

LE POSIZIONI DEI SINDACATI

“L’indotto – ha ribadito il segretario della Fim, Marco Bentivogli – è senza risorse e si risparmia in manutenzione e sicurezza, no a ulteriori i rinvii. Non saremo mai d’accordo alla chiusura, vogliamo ecosostenibilità”. Rocco Palombella, leader della Uilm, ha sostenuto che “i lavoratori sono in attesa e hanno fiducia. Il tempo non gioca a nostro favore, ma se questo gruppo industriale ci tiene davvero deve compiere uno sforzo in più e assicurare la piena occupazione a tutti i lavoratori”. Francesca Re David, segretaria generale della Fiom, ha sottolineato che nell’incontro “il ministro ha detto due cose importanti, la prima è che bisogna fare un accordo condiviso, la seconda è che non siamo in un’epoca in cui salute ambiente e lavoro possono essere messi in contrapposizione tra di loro”.

IL CALENDARIO DEGLI INCONTRI

Il ministro Di Maio, dopo i sindacati, ha incontrato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano; poi, il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci; in seguito, il prefetto di Taranto, Donato Cafagna. Domani alle ore 14.00, sempre nella medesima sede ministeriale, si incontrerà con le associazioni ambientaliste di Taranto; alle 15.30 con il Codacons e alle 16.30 con Arcelor Mittal che, attraverso la controllata Am Investco, è intenzionata a rilevare l’Ilva. La scorsa settimana Di Maio si era già confrontato con gli attuali commissari Ilva, Gnudi, Carrubba e Laghi. In questa occasione era emersa la possibilità di far slittare l’ingresso nella proprietà di Mittal, previsto per l’1 luglio, di prorogare la gestione dei commissari per altri tre mesi e di assicurare ad Ilva la necessaria provvista finanziaria per superare l’estate, atteso che l’azienda, ora come ora, ha cassa sino a fine mese.

L’INTESA SINDACALE DA FARE

L’accordo sindacale è una clausola sospensiva dell’efficacia del contratto di cessione (in affitto) degli asset dell’Ilva in amministrazione straordinaria; i sindacati e Am Investco Italy hanno tempo fino al 30 giugno per trovare un accordo, altrimenti l’azienda potrà prendere possesso degli impianti, anche con un mancato accordo. Il contratto prevede però la possibilità di prorogare fino a novanta giorni la scadenza del 30 giugno. “Secondo fonti vicine all’azienda -si legge dalle colonne del Sole24Ore– però, Ilva non può continuare a funzionare per altri tre mesi con le risorse della procedura: la cassa è in esaurimento, e per questo servirebbe un rifinanziamento, operazione delicata sotto i profili delle regole europee sugli aiuti di stato. Tutto questo non esclude però che la discussione al tavolo sindacale possa proseguire anche oltre il 30 giugno, per altri dieci-quindici giorni, se necessari per trovare in extremis un accordo”.

LA SITUAZIONE ATTUALE DELL’ILVA

Il nodo da sciogliere, che ha tenuto le parti impegnate per mesi, è però tutt’altro che semplice. In ballo c’è il destino di 13.800 dipendenti che salgono a 20.000 se si tiene conto dell’indotto. AmInvestCo prevede di assorbire 10.000 lavoratori, mentre i restanti 3.800 resterebbero ‘a stipendio’ dell’amministrazione straordinaria. Inoltre, l’anno scorso il gruppo in questione ha prodotto 4,7 milioni di tonnellate, portandosi al 68esimo posto, sette posizioni in meno rispetto all’anno precedente, quando l’output era stato di 4,76 milioni di tonnellate.

LA POSIZIONE DI EMILIANO

Anche Michele Emiliano, governatore della regione Puglia, si è fatto sentire annunciando che non farà nessuno sconto a Di Maio come non ha fatto nessuno sconto a Calenda. “Quel piano non funziona, non tutela i livelli occupazionali e la salute e quindi non si va da nessuna parte”. “Il ministro deve decidere se chiudere ma se chiude dovrà pensare a come rioccupare i lavoratori e ci sono molti metodi per farlo”. “La regione non può stabilire se la fabbrica deve andare avanti o meno. È chiaro che quella fabbrica per la Puglia è stata una dannazione per numero di morti che ha provocato ma la tecnologia per non ammazzare la gente esiste”.

Luigi Di Maio stringe i tempi per salvare l'Ilva dalla chiusura

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