Skip to main content

Di “numerini” (Di Maio op. cit.) ne hanno sparati tanti, naturalmente sempre aggiungendo che non si occupano degli zerovirgola, ma del popolo. E il popolo li segue, specie perché non saprebbe chi altro seguire. Perché queste sono le due caratteristiche del mercato politico odierno: a. nessuno è credibile nel sostenere cose ragionevoli; b. la ragionevolezza stessa non è segno di buon senso, ma di negazione della sovranità popolare. Messe così le cose i conti del governo sono e saranno farlocchi.

Ci s’accapiglia sul deficit, facendosi calvi (riassunto delle precedenti puntate: era previsto, nei conti approvati dal Parlamento, allo 0.8 per il 2019; il ministro Tria lo annunciò all’1.6; i due vice presidenti gli dissero che se lo poteva scordare, talché festeggiarono la presa della pastiglia, avvelenata, fissandolo al 2.4 per tre anni; la mala parata delle ore successive, con ricchezza bruciata sull’altare della parola loro, li spinse a rifissarlo al 2.4 per il primo anno, 1.8 per il secondo e 1.6 per il terzo; ora si discute di riaggiustarlo, naturalmente senza volersi occupare di numerini e non sia mai ci si impicchi a uno zerovirgola). Il problema è il numerone: 1.5. Quella è la percentuale di crescita che il governo stima per il 2019, dalla quale discendono le quantificazioni percentuali del deficit, del debito e altre simili quisquiglie. L’1.5 è nel libro dei sogni. Se il quarto trimestre 2018, come tutto lascia immaginare, sarà negativo come e più del terzo ci troveremo in recessione. Anche ammesso che la si pianti con questa fiera dell’arrogante incompetente, sarebbe già tanto (ma tanto) se riuscissimo a crescere dell’1, l’anno prossimo.

Da ciò discende che i conti del governo non stanno in piedi. Si può scegliere se ovviare facendoli volare, magari con il lisergico Savona e il fantasioso tasso di crescita sopra il 2%, oppure rimetterli in posizione eretta, che vuol dire rifarli da capo. In questo secondo caso servirebbe smetterla di contrarre debiti in capo a chi lavora per dare soldi a chi non lavora o vuol smettere di lavorare. Non si può dire perché impopolare? Può darsi, ma trovo asociale la presa per le chiappe.

Ultimo dettaglio: come avvisammo la Commissione europea non è il nemico, ma il mediatore, che sta facendo di tutto per evitare che l’Italia sia condotta allo scontro, il fatto è che ha alle spalle il Consiglio, composto da capi di Stato e di governo, ove i nostri governanti si sono voluttuosamente isolati. Per carità, si può sempre gestire la faccenda insultando tutti e promettendo che presto il loro mondo finirà. Poi si vota per le europee, i nostri prodi fanno il botto dialettale, invitando i descamisados a ripudiare l’aritmetica e anche la forza di gravità, per riprendere sovranità, mentre quello dei popolari resta il primo partito e la maggioranza europea assicurata da europeisti come i liberali, i socialisti e i verdi. La mattina dopo ci accorgeremo di avere buttato qualche decina di miliardi, di avere generato ostilità, di non essere andati in pensione e di avere dato il reddito di cittadinanza agli evasori fiscali e previdenziali. Ma volete mettere, la soddisfazione?!

I numerini, il numerone e il libro dei sogni. La manovra secondo Giacalone

Di “numerini” (Di Maio op. cit.) ne hanno sparati tanti, naturalmente sempre aggiungendo che non si occupano degli zerovirgola, ma del popolo. E il popolo li segue, specie perché non saprebbe chi altro seguire. Perché queste sono le due caratteristiche del mercato politico odierno: a. nessuno è credibile nel sostenere cose ragionevoli; b. la ragionevolezza stessa non è segno di…

palmieri

#Luinoncisarà. Le campagne social sono utili, ma governare è un'altra cosa. Parla Palmieri

La Lega di Matteo Salvini scende in piazza e lo fa sabato 8 dicembre, a Roma, in Piazza del Popolo. “Sarà un test delle capacità organizzative della nuova struttura di partito che si sta creando nella Capitale e nel Lazio”, si legge nel comunicato, un momento per contarsi, insomma. E per pubblicizzare la mobilitazione, Salvini ha scelto di lanciare la…

infrastrutture

Non solo Tav. Torino porta la politica del Sì nel mondo 4.0

Il tema delle grandi infrastrutture aveva già diviso nell’elaborazione del Contratto di governo Lega e M5S, la prima interessata a sostenere gli investimenti europei all’interno delle nuove direttrici di sviluppo, mentre il Movimento con un atteggiamento più ostruzionistico. Se dopo la tragedia di Genova bisognava evitare una pericolosa dicotomia tra la manutenzione delle infrastrutture esistenti e la necessità di realizzarne…

La sindrome di Torino contagia anche l'automotive (nonostante Conte)

Un po' come cercare la stazione giusta alla radio, c'è sempre quel fruscio quando si passa da un'emittente all'altra. Tra governo e mondo produttivo sta succedendo esattamente questo. Il primo non è sintonizzato sulle frequenze del secondo. Ed è un problema. Lo si è capito ieri, a Torino (qui il resoconto di Formiche.net), dove quasi tre quarti del pil italiano,…

milano

Milano parla sempre meno l'italiano. E non conviene

Torno a scrivere di Milano, perché il momento del Paese, visto attraverso la lente meneghina, appare ancora più complesso e stimolante di qualche mese fa. Non mi dilungherò, nel sottolineare lo splendente momento vissuto dalla città. Cifre e sensazioni non mentono: Milano attraversa una sorta di età dell’oro, una fase fortemente espansiva dal punto di vista economico, accompagnata da tutta…

nato putin mosca

Gli effetti (geopolitici) dell’addio del Qatar all’Opec. L’analisi di Tabarelli (Nomisma Energia)

Il Qatar lascia l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec). Il ministro per l'Energia di Doha, Saad al-Kaabi, ha confermato che dal 1° gennaio del 2019 il Paese abbandonerà l’organizzazione internazionale perché vuole concentrarsi su una nuova strategia per lo sviluppo della politica energetica. La notizia, che arriva a pochi giorni dal meeting annuale dell’Opec a Vienna, ha provocato un…

Dal mare d'Azov al trattato sui missili. La strategia Usa spiegata da Richard Burt

Con l'insofferenza dell'amministrazione Trump per l'attivismo di Macron circa “l'esercito europeo” e per la decisione con cui la Germania porta avanti il progetto del Nord Stream 2, l'Italia può guadagnare punti importanti nel rapporto transatlantico, diventando il pilastro del nuovo equilibrio tra le due sponde dell'Atlantico. È quanto emerge dalle parole dell'ambasciatore Richard Burt, attualmente managing partner per Europa, Russia…

legge marziale, mosca

Mar d'Azov, perché Mosca ha implicitamente riconosciuto l'aggressione alla Crimea

Il presidente ucraino Petro Poroschenko vuole portare l’aggressione russa nello stretto di Kerch di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG). Mentre sale l’attesa per l’incontro fra il ministro degli Esteri ucraino Pavlo Klimkin e quello russo Sergei Lavrov in occasione della riunione ministeriale dell’Osce a Milano il 6 e 7 dicembre, le autorità ucraine sono pronte a far rispondere…

Israele attacca i tunnel di Hezbollah e sposta verso il Libano lo scontro con l'Iran

L'esercito israeliano ha lanciato un'operazione per "esporre e contrastare" i tunnel costruiti dal gruppo militante di Hezbollah. Infrastrutture clandestine che si estendono dal Libano al nord di Israele, considerate come una via d'accesso allo stato ebraico che il Partito di Dio, sciita e filo-iraniano, potrebbe sfruttare come mossa per un attacco a sorpresa. I tunnel per ora non sono operativi, hanno detto i…

nato

La Nato c'è ed è forte. Mike Pompeo a Bruxelles per parlare di Russia e Ucraina

Sarà il comportamento destabilizzante della Russia il fulcro della due giorni di ministeriale Esteri della Nato. A dirlo è stato proprio il segretario generale, Jens Stoltenberg a margine dell'inizio dei lavori a Bruxelles. "Affronteremo il comportamento destabilizzante della Russia, abbiamo visto di recente come questa ha usato la forza militare contro le navi ucraine e ha arrestato le navi e…

×

Iscriviti alla newsletter