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Io capisco che il caldo non aiuta, in particolare in questo fine settimana piuttosto arroventato. Però il video del ministro Di Maio in cui contesta la relazione tecnica al decreto che lui stesso ha voluto, assemblato e sostenuto in ogni sede è qualcosa che stupisce anche chi segue da tempo le vicende politiche italiane, notoriamente inclini a presentare sorprese di ogni genere.

Il ministro si infervora contro la relazione tecnica poiché essa contiene la previsione di 8.000 posti di lavoro in meno in un anno per effetto del decreto e accusa “le lobby di ogni genere” di essere scatenate contro il governo.

Inoltre ci comunica che quel dato è sbucato all’ultimo momento e che comunque non è frutto del lavoro di nessuno dei ministeri interessati, men che meno quelli che dipendono da lui (Welfare e Sviluppo Economico).

In buona sostanza punta il dito, senza nominarli, contro quei soggetti tipicamente coinvolti nel processo legislativo con relazioni tecniche, a cominciare dalla Ragioneria Generale dello Stato.

Allora, caro ministro, dobbiamo capirci una volta per tutte, soprattutto in vista dell’autunno che sarà molto impegnativo proprio sulle materie economiche.

Punto primo: non si governa facendo a sportellate con tutti. Il ragionamento sulle lobby è armamentario buono per gli anni passati, quando il movimento era impegnato a scalare la montagna del potere. Adesso però siete (e Lei in particolare) in vetta, quindi con le lobby si ragiona e si trovano soluzioni, magari non sempre condivise. Ma di certo non si abbaia alla luna, poiché in un attimo si passa dall’autorevolezza all’irrilevanza.

Punto secondo: il suo governo ancora non è in grado di distribuire le deleghe tra i sottosegretari, con evidente impazzimento della macchina amministrativa e delle dinamiche parlamentari. Allo stesso modo vanno molte vicende importanti sulle nomine (come Cdp), dove non si capisce cosa aspettate, visto che siete il governo del cambiamento, non quello della continuità e del manuale Cencelli.

Punto terzo: se c’è qualcuno che per mesi ha detto in tutte le sedi che avrebbe lavorato con senso della realtà e dialogo con i soggetti organizzati e proprio Lei, caro ministro Di Maio. Non a caso saggiamente presente alle assemblee di categoria, dalla Confcommercio alla Coldiretti. Se adesso siamo alla svolta “Casalino” diciamolo, ma Le posso garantire che non Le porterà fortuna. Il Di Maio che ha raccolto vasti consensi è quello in giacca e cravatta, quello col vestito della festa, perché determinato ma anche serio e credibile. A sei settimane dalla nascita del governo cercare una svolta “movimentista” è indice di scarsa lucidità.

Anche perché i nodi al pettine arriveranno tra ottobre e novembre, quando i gommoni partono con più fatica dalla Libia.

Sarà bene (per il governo e per noi tutti) arrivarci dimenticando le “sparate” del sabato mattina.

Quanto a Casalino non c’è molto da aggiungere, se non che Il Foglio sarà in edicola,  bello come il sole, anche quando lui uscirà da Palazzo Chigi (alla fine del mandato del governo). E va bene così, perché si chiama democrazia.

salvini

Di Maio si rimetta la cravatta e lasci perdere lo stile “Casalino”

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