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C’è qualcuno all’interno del governo giallo-verde che ha saputo dire di no a Emmanuel Macron e, parallelamente, rimproverare il collega dell’Interno Matteo Salvini sull’ennesima sparata migratoria. È il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, arrivata in silenzio a palazzo Baracchini e subito messa a dura prova tra appuntamenti internazionali e dossier scottanti, sfide tra cui è riuscita a destreggiarsi con pragmatismo e consapevolezza. Dalla difesa europea agli F-35, passando per la missioni internazionali e l’Alleanza Atlantica, la Trenta ha dimostrato di approcciare le questioni più delicate senza preconcetti, ma con l’attenta valutazione che si richiede a chi prende in mano uno scranno ministeriale.

Una nuova conferma è arrivata dalla secca risposta che il ministero della Difesa ha dato all’ultima proposta di Matteo Salvini: bloccare l’ingresso nei porti italiani alle navi militari straniere che partecipano alla missione EuNavFor-Med. “Porterò il tema a Innsburck giovedì prossimo”, quando i ministri dell’Interno dell’Ue si riuniranno sul tema migratorio, ha annunciato il vice premier all’indomani dello sbarco a Messina del pattugliatore irlandese Samuel Beckett, con a bordo 106 migranti, salvati tra il 4 e il 5 luglio nelle acque di competenza Sar di Malta e senza coordinamento con Roma. Tutto bene, peccato che non è il Viminale a poter decidere sulle modalità operative e le regole di ingaggio della missione EuNavFor-Med.

Una doccia fredda, tale specifica, che non è arrivata da un leader straniero o dalle opposizioni, ma dal ministero della Difesa. A decidere sulla missione, prosegue la risposta, sono i ministeri di Esteri e Difesa, e sempre all’interno di un consenso europeo trasversale. Ma soprattutto, riportano le agenzie, “l’azione deve essere coordinata a livello governativo, altrimenti l’Italia non ottiene nulla oltre a qualche titolo sui giornali, fermo restando che la guida italiana per noi è motivo di orgoglio”. In altre parole, evitiamo nuove sparate che non servono a nulla.

La frenata è imputabile ad Elisabetta Trenta, il ministro a cui è affidato l’arduo compito di dare profondità al programma firmato dai leader di Lega e Movimento 5 Stelle per quanto riguarda la parte Difesa. Un’impresa non facile, vista la scarsa considerazione che il suddetto documento programmatico rivolge al tema. Passo dopo passo però, la numero uno del dicastero di via XX Settembre sta dimostrando la capacità di approcciare i singoli temi con concretezza e consapevolezza della materia. Già alla ministeriale Difesa della Nato, un battesimo del fuoco complicato, a pochi giorni dall’insediamento, Trenta aveva fatto percepire che il suo non sarebbe stato un incarico di basso profilo o meramente interlocutorio. Di fronte ai sospettosi colleghi dei Paesi alleati, il ministro italiano ha da subito chiarito le posizioni del proprio governo: attenzione al fianco sud, e promozione del dialogo con la Russia, sempre (ben inteso) all’interno della piena partecipazione all’Alleanza Atlantica.

Un approccio pragmatico, figlio di un processo di riesame e rivalutazione che si è allargato ad altri temi, compresa la difesa europea: impegno italiano confermato in tutte le iniziative dell’Unione europea, dalla Pesco al Fondo proposto dalla Commissione, in complementarietà con la Nato, e in una logica di condivisione e rispetto delle sensibilità di tutti i Paesi membri. In altre parole, no a iniziative velleitarie di singoli Stati, a partire da quelle della Francia, che continua a intendere la difesa comune come uno strumento utile a raggiungere l’agognata autonomia strategica per un Vecchio continente a trazione transalpina. “No” dunque all’European Intervention Iniziative (Eii), proposta da Emmanuel Macron e rilanciata dal ministro della Difesa francese Florence Parly con la firma di un accordo tra nove Paesi europei. Un “no” privo di preconcetti, ma figlio di una valutazione attenta quanto necessaria. Un “no” giustificato dall’impressione (a tratti una certezza) che l’Eii, estranea al contesto dell’Ue e della Nato, fosse solo l’ennesima trovata del presidente francese per consolidare il consenso politico europeo intorno alla leadership di Parigi, in rampa di lancio con l’uscita del Regno Unito. L’Italia “valuterà” se aderirvi, ha fatto sapere la Trenta.

Un pragmatismo che è emerso anche su un dossier delicato come quello degli F-35, storicamente osteggiati dal suo stesso Movimento 5 Stelle. Nessuna decisione presa a priori e nessuno stop al programma senza un’attenta valutazione. Perché se i titoli dei giornali si sono fermati all’inciso “Non compreremo altri F-35”, ai più non è sfuggito il prosieguo del ragionamento: “Stiamo portando avanti un’attenta valutazione che tenga esclusivamente conto dell’interesse nazionale”. E in questo conto rientrano le “ricadute occupazionali” di cui ha parlato il ministro, ma anche le capacità di un velivolo richiesto a gran voce dalle nostre Forze armate per adeguarsi ai moderno contesti operativi.

In definitiva, schivate con sagacia le critiche della prima ora (relative al reclutamento di mercenari in Libia, apparso da subito una trovata mediatica, e al presunto conflitto di interessi con il marito all’interno del ministero, risolto immediatamente), Trenta sta disvelando una leadership del ministero chiara e attenta.

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