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Il Muos non si può smantellare. Non ci sono le ragioni sanitarie, ambientali e tecniche. Ci sono, invece, tutti i motivi per mantenerlo, dall’operatività di un sistema fondamentale per la lotta al terrorismo, alla ben nota questione della credibilità internazionale. Prima di tutto, infatti, il tema chiama in causa il rapporto con gli Stati Uniti, proprietari e primi utilizzatori del sistema posto a Niscemi, in Sicilia, nonché l’alleato più importante dell’Italia dal secondo dopoguerra. A parte l’evidente simpatia tra l’esecutivo gialloverde e Donald Trump, il rapporto tra Roma e Washington appare già stressato sul fronte della Difesa. L’incertezza sul programma F-35 non piace all’amministrazione americana, così come l’annunciata riduzione del budget a fronte dell’impegno, preso in sede Nato, a spendere entro il 2024 il 2% del Pil.

UN NUOVO CAPITOLO DELLA SAGA

Non sono numeri, ma tasselli di una postura internazionale che ha ripercussioni sull’immagine del Paese nel mondo, sulla capacità di attrarre investimenti, di costruire rapporti e, in definitiva, di crescere. Il Muos è un altro di questi tasselli. Operativo dal 2016, il sistema del dipartimento della Difesa Usa ha da tempo superato con successo la lunga battaglia legale promossa da gruppi ambientalisti siciliani e dalle sezioni locali del M5S, per lo più legate al presunto impatto dell’impianto sulla salute dei cittadini. All’epoca, sulla scia dei risultati emersi da numerosi studi, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia sbloccò l’attività delle antenne, la cui realizzazione era in realtà terminata due anni prima, nel 2014. Ora, a metà mese, lo stesso Consiglio è chiamato a discutere se confermare o meno quella decisione, fatto che ha inevitabilmente riacceso il dibattito. Eppure, a frenare l’entusiastico “smantelleremo!” di un consigliere regionale in quota M5S è stato il ministero della Difesa guidato da Elisabetta Trenta: “L’unica voce ufficiale sul tema è e sarà quella del governo”. Non una marcia indietro rispetto alle promesse elettorali, non un tradimento della base, ma un’assunzione di responsabilità di fronte a tutto il Paese. Un cambio di prospettiva inevitabile per chi assume il governo della cosa pubblica.

IL COMMENTO DI TRICARICO

“Il Muos è questione che attiene alla sicurezza nazionale”, ci ha spiegato il generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e presidente della Fondazione Icsa. “Quindi – ha aggiunto – nella gerarchia degli interessi legittimi della collettività, intesa nella sua accezione più ampia, deve avere sicuramente una collocazione di preminenza rispetto a qualunque altro interesse, soprattutto quando l’interesse della collettività locale, come in questo caso, è tutt’altro che minacciato da alcun pericolo”. D’altra parte, ha rimarcato il generale, “ci troviamo in una condizione in cui non è stato dimostrato il rischio per il quale ormai si discute da anni”.

UN’INFRASTRUTTURA PER LA SICUREZZA

Per di più, il Muos di Niscemi rientra in un’infrastruttura complessa, pensata dagli Stati Uniti per avere copertura costante per le comunicazioni destinate ai militari impegnati in missione. Ne beneficiano anche gli alleati della Nato, Italia compresa, potendo contare su un sistema definito “onnipresente”, tale per cui il segnale dei satelliti in orbita non può essere interrotto. Ciò è possibile perché ognuno dei quattro satelliti (più uno di riserva) è in contatto con due delle quattro stazioni a terra, assicurando continuità di trasmissione a frequenze molto elevate, che assicurano un’alta qualità del segnale. Così, ha evidenziato Tricarico, “le antenne del Muos vanno a integrare una catena di interlocuzione e comunicazione decisamente importante ai fini della lotta al terrorismo e di qualsiasi altro rischio alla collettività nazionale e internazionale”.

QUESTIONE DI LANA CAPRINA

Di conseguenza, il nuovo capitolo di una vicenda anche troppo lunga è, per il generale, “una questione di lana caprina”, frutto di “un’ideologia stantia e ammuffita”. Certamente, “ognuno ha il diritto di protestare – ha rimarcato Tricarico – ma questa è una protesta di carattere puramente preconcettuale e ideologico”. Così, “bene ha fatto la Difesa a ribadire che la questione riguarda il governo centrale; mi pare che non ci debba essere storia”.

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