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È un periodo felice per il presidente della Russia. La politica estera di Vladimir Putin, unita alle scelte del collega americano, sta ottenendo grandi e per certi versi insperati risultati. È l’Europa il piatto più prelibato che l’inquilino del Cremlino sta pregustando. Non solo le elezioni italiane ma anche soprattutto le attenzioni dei due pilastri del Vecchio continente. Angela Merkel ha già fatto visita mentre Emmanuel Macron parteciperà al forum economico di San Pietroburgo (dove nel frattempo l’ambasciatore statunitense ha annullato la partecipazione).

Tutti ai piedi di Putin, quindi? Negli Stati Uniti si discute molto della possibilità di una rottura fra le due sponde dell’atlantico. Secondo la gran parte degli analisti la responsabilità principale sarebbe da attribuire alle decisioni unilaterali di Donald Trump (i dazi, e soprattutto la rottura dell’Iran deal). Però per il momento comunque non c’è solo da registrare l’avvicinamento di Germania e Francia alla Russia, anzi: la cancelliera tedesca ha ribadito la centralità del rapporto transatlantico, per esempio.

In effetti a Washington la preoccupazione maggiore riguarda Roma.

In effetti, l’Italia rappresenta l’unico fra i Paesi fondatori della Ue ad aver visto un risultato favorevole delle forze vicine allo zar del Cremlino. E Lega e Movimento Cinque Stelle hanno confermato la loro linea filorussa nel contratto per il “governo del cambiamento”. Nel capitolo 10, quello dedicato agli esteri, si legge la linea: “Una apertura alla Russia, da percepirsi non come una minaccia ma quale partner economico e commerciale potenzialmente sempre più rilevante. A tal proposito, è opportuno il ritiro delle sanzioni imposte alla Russia, da riabilitarsi come interlocutore strategico al fine della risoluzione delle crisi regionali (Siria, Libia, Yemen)”. In poche righe l’alleanza gialloverde non solo liquida un fondamento dell’alleanza euroatlantica, ma mette nero su bianco il concetto strategico di una sorta di golden share a Mosca sul Medio Oriente, collocando il Paese contro gli alleati in Siria e Yemen senza contare il rischio di mettere a repentaglio il gioco di equilibrio costruito faticosamente dalla nostra intelligence e dalla nostra diplomazia.

L’apertura alla Russia da parte di M5S e Lega era nota negli Usa e contenuta in un report pubblicato dalla componente democratica della Commissione intelligence del Senato americano a gennaio. Titolo esplicito, “L’assalto di Putin alla democrazia in Russia e in Europa: le implicazioni per la sicurezza nazionale americana”. Si poteva leggere con chiarezza l’obiettivo del Cremlino: minare l’Unione Europa, dividere la Nato, e ottenere la cancellazione delle sanzioni per l’attacco all’Ucraina e l’annessione della Crimea. “Negli ultimi anni – avevano scritto i congressisti americani – l’Italia ha visto il rilancio dei partiti populisti anti establishment, che hanno guadagnato appeal nella popolazione e ottenuto un certo successo elettorale. Alcuni di questi partiti sono forti sostenitori della politica estera favorevole al Cremlino, e hanno fatto un uso esteso delle fake news e le teorie cospirative nelle loro campagne mediatiche, spesso prendendole dai media di Stato russi. Con le elezioni in arrivo nel 2018, l’Italia potrebbe essere un target per l’interferenza elettorale del Cremlino, che probabilmente cercherà di promuovere i partiti contrari a rinnovare le sanzioni europee per l’aggressione russa in Ucraina”.

Già.

Probabilmente neppure gli esperti Usa si aspettavano che i due nuovi leader dell’Italia, 70 anni dopo il piano Marshall, arrivassero al punto di prevedere una rimodulazione delle missioni internazionali di fatto assestando un colpo pesante agli equilibri Nato ed uno “U-turn” sulle alleanze nel Medio Oriente. Quando Matteo Salvini sulla Siria prese le parti della Russia contro gli strike in reazione all’attacco chimico di Douma, la politica italiana reagì con sdegno. Lo stesso Luigi Di Maio prese le distanze guadagnando così gli apprezzamenti istituzionali italiani e stranieri.

Peccato che a differenza delle previsioni a cambiare idea non sia stato il leader della Lega bensì quello del M5S. Il risultato è che sì, Putin può essere soddisfatto. Merkel e Macron sfilano alla sua corte per fare ripicca a Trump contro la decisione sull’Iran e nel frattempo l’Italia si prepara a rompere il patto transatlantico. Sorprendentemente senza sorprese.

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