Skip to main content

Nel suo discorso d’inaugurazione della riunione plenaria all’Assemblea dell’Onu, il presidente Donald Trump ha attaccato, non solo le Nazioni Unite per la loro presunta opposizione alla sua politica, ma anche l’Unione Europea, minacciando, sia pesanti sanzioni secondarie o extraterritoriali contro gli Stati e le imprese che violassero le nuove sanzioni decise contro l’Iran, sia dazi per i paesi, come la Cina e la Germania, con un forte attivo commerciale nei riguardi degli Usa. Il deficit commerciale degli Stati Uniti, che ammonta a oltre 800 miliardi di $ all’anno, avrebbe causato la chiusura di decine di migliaia d’imprese e tre milioni di disoccupati negli Usa.

Dopo il discorso all’Assemblea generale, il presidente Trump ha lanciato un’altra accusa, affermando che la Cina starebbe inaccettabilmente interferendo sulle elezioni di mid-term del prossimo novembre. Le accuse di Trump a Pechino sono state rafforzate da una personale notazione del presidente Usa, sul fatto che la fiducia e amicizia riposte nel presidente cinese XI Jinping sono state tradite e che, pertanto, il presidente cinese non sarebbe più considerato un partner affidabile.

Gli esperti si interrogano sui motivi che hanno indotto Trump a fare un tale rilievo e a cosa, in particolare, facesse riferimento. Da una parte si è ritenuto potesse trattarsi di una affermazione arguta come è nel carattere del presidente Usa. Dall’altra, potrebbe essere stata motivata dall’aumento della competizione strategica fra gli Usa e la Cina, dimostrata, anche, dalla crescita, nell’opinione pubblica americana, della persuasione che le due superpotenze abbiano imboccato una rotta di collisione che potrebbe portare al limite a di uno scontro militare. È un fatto che gli Usa sono preoccupati della continua crescita dell’influenza cinese in Eurasia e in Africa. Della prima, per la “Belt and Road Initiative” (Bri), che prevede l’espansione commerciale e anche geopolitica cinese in tutta la massa continentale eurasiatica, anche in Europa centro-orientale, tramite l’accordo “16+1” che presenta consistenti investimenti (ad esempio nel porto del Pireo e nella ferrovia Belgrado-Budapest). Dell’influenza cinese in Africa preoccupa, invece, il piano d’investimenti per 60 mld di $ in tre anni, che si aggiungono ai 125 mld di $ già investiti da Pechino nel “continente nero” (altro che “Piano Marshall europeo per l’Africa”). Un’altra preoccupazione americana sarebbe conseguente all’intensificazione della cooperazione militare fra la Cina e la Russia, dimostrata dalla partecipazione di 3.200 soldati cinesi alla grande esercitazione Vostok 2018 in Siberia Occidentale, che ha visto impegnati 300mila soldati, decine di migliaia di mezzi corazzati e migliaia di aerei russi.

È mia opinione che il motivo alla base delle accuse di Trump alla Cina non consista in tali preoccupazioni geopolitiche, alle quali l’imprevedibile presidente americano è alquanto indifferente. Deriva, invece, dalle reazioni degli agricoltori americani del Midwest alla decisione cinese di porre forti dazi sulle importazioni agricole dagli Usa, come replica alla mossa protezionistica di Washington che colpisce le importazioni cinesi con l’aumento di 200 miliardi di $ di dazi. Le dure sanzioni Usa terrorizzano i dirigenti cinesi, divenuti “apostoli” del libero mercato. Anche se la crescita cinese non è, per ora, significativamente diminuita, la Cina conosce grossi problemi finanziari derivanti da un debito che si aggira sul 300% del Pil. Ha dovuto aumentare i tassi d’interesse e quindi ritardare l’assorbimento della disoccupazione e frenare l’esodo dalle campagne alle città. Pechino sa di essere vulnerabile ad una guerra commerciale da parte degli Usa, non solo economicamente ma anche socialmente. Malgrado la forza del Partito e i successi in politica estera, Pechino teme possibili rivolte e teme che gli Usa approfittino di tali sue vulnerabilità. È certamente per questo motivo che le reazioni cinesi alle accuse di Trump sono state caute, limitandosi a una smentita delle affermazioni del presidente Usa.

Ma in che cosa consistono le interferenze a cui accenna Trump? La Cina si è mobilitata con annunci pubblicitari e certamente anche con finanziamenti alle lobby e ai media americani, contro il protezionismo di Washington, gabellato, come sempre avviene in tali casi, da “patriottismo economico”. Nel Midwest i media si sono lamentati per i danni inflitti alla loro regione. Trump è sensibile a tali critiche e teme che possano influenzare il risultato di elezioni particolarmente importanti per la sua stessa permanenza alla Casa Bianca. La veridicità di questa ricostruzione sembra rafforzata dal fatto che Trump non abbia parlato delle interferenze russe nelle presidenziali del 2016. Anzi, non ha neppure annoverato la Russia tra i nemici degli Usa. È una conferma che, nell’era dell’informazione e dei “social network”, anche la politica estera degli Usa è sempre più condizionata dai contingenti interessi di quella interna.

dazi, armistizio, cinese

Perché la Cina spaventa Trump. Lo spiega (anche al governo) il gen. Jean

Nel suo discorso d’inaugurazione della riunione plenaria all’Assemblea dell’Onu, il presidente Donald Trump ha attaccato, non solo le Nazioni Unite per la loro presunta opposizione alla sua politica, ma anche l’Unione Europea, minacciando, sia pesanti sanzioni secondarie o extraterritoriali contro gli Stati e le imprese che violassero le nuove sanzioni decise contro l’Iran, sia dazi per i paesi, come la…

festa

Phisikk du role - Sovranista sarà lei

Uno spettro si aggira per l'Europa, diceva una volta qualcuno nel 1848. Questa volta, però, non è lo spettro del comunismo, evocato dal "Manifesto" di Marx ed Engels, ma quello del sovranismo, un concetto ricorrente nelle autopromozioni di una parte politica, nell'antagonismo delle opposizioni, nel richiamo dei commentatori. Uno spettro che non si accontenta di aggirarsi solo per l'Europa, ma…

Dentro lo Stato e la Democrazia. Per un nuovo pensiero politico

Come notavo, richiamando le parole di Hannah Arendt del 1959, quando alla politica viene richiesto  se non di prestare la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà privata, siamo in tempi bui. Senza voler essere pessimisti, in tempi di radicale e profonda metamorfosi, il dato che va evidenziato, e che dovrebbe farci riflettere, è che ci troviamo…

Caro Salvini, l’assistenzialismo 5S non paga. Sconfitta flat tax. Parla Carfagna

Non è abituata ai giri di parole, Mara Carfagna. Fra tutte le colonne di Forza Italia la vicepresidente della Camera è una delle più convinte sostenitrici della necessità di un centrodestra unito al governo del Paese. Una causa non facile da difendere, tanto più se Matteo Salvini, che si è presentato agli elettori con la solenne promessa di non abbandonare…

giovanni, ROBERTO SOMMELLA, costituzione

Non è solo colpa del Def. In Europa si è rotto qualcosa. Parla Roberto Sommella

Il tonfo c'è stato, eccome. Borsa in profondo rosso a -3,7%, spread a 267 punti base (30 in più di giovedì) e rendimenti sul decennale. Male. Eppure poteva andare peggio, all'indomani di quel Def nel quale il governo gialloverde ha sancito un deficit al 2,4%, ampiamente superiore rispetto al tetto concesso dal Tesoro, di concerto con l'Ue (1,6%). Venticinque miliardi…

Vi spiego perché il Def gialloverde merita fiducia. La versione di Carelli

La reazione dei mercati alla nota di aggiornamento al Def gialloverde non è stato un armageddon, ma nemmeno rose e fiori. E sì, sono alte le probabilità che la Commissione Europea rispedisca al mittente una manovra che prevede su tre anni un rapporto deficit-Pil del 2,4%. Però, a sole 24 ore dall’esultanza (un po’ scomposta) del governo Conte per l’azzardo…

pd

Il Pd va in piazza. Rilancio o ripiego?

Una manifestazione contro la paura. E contro il governo gialloverde. È questo il senso del corteo del Pd che domani partirà alle 14 da Piazza del Popolo. Inizialmente convocato per il 29 settembre, il raduno dei militanti di partito è stato spostato al giorno successivo per evitare la concomitanza con il derby della capitale. Tutti i big del partito hanno…

infocamere, mezzogiorno, industria, sud

Ilva e non solo. Una grande conferenza nazionale sull’industria nel sud

Con l’accordo sottoscritto al Mise dal ministro Di Maio, azienda e sindacati per il passaggio di proprietà dell’Ilva alla Am Investco controllata da Arcelor Mittal si è aperta un’altra fase nella crescita dell’industria manifatturiera non solo in Puglia e nel Sud, ma nell’intero Paese. Certo, ora bisogna gestire la transizione dalla amministrazione straordinaria del gruppo alla nuova gestione, cominciando ad…

pompeo

Così aumenta l’allerta Usa verso l’Iran

Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha alzato un ordine scritto chiedendo l’evacuazione rapida del personale del consolato di Bassora, Iraq meridionale, seconda città del paese. Il motivo è che lo staff diplomatico nelle scorse settimane è finito più volte sotto le minacce, anche con fuoco indiretto contro l'edificio, di milizie filo-iraniane. Pompeo dice che Washington riterrà Teheran responsabile di qualsiasi…

exxonmobil

Dispute petrolifere. Così Exxon ha ottenuto un maxi sconto in Russia

Che succede se uno dei maggiori progetti di investimenti offshore della Russia è all'80% di proprietà di aziende straniere? Che può innescarsi un meccanismo di convivenza complessa e articolata per la gestione lineare dell'investimento. Il giacimento Sakhalin-1 si trova al largo dell'isola di Sakhalin, a circa 6.329 km a est di Mosca e, di fatto, è la nuova frontiera degli…

×

Iscriviti alla newsletter