Skip to main content

Il presidente eletto Donald Trump affina la squadra in vista del suo ritorno alla Casa Bianca – che sarà ufficiale tra meno di un mese. Tra i nomi di spicco annunciati nell’ultimo round di nomine, che ha interessato il dipartimento della Difesa, c’è anche quello di Elbridge Colby, scelto come futuro vice segretario al Pentagono per le policy, figura nota nel mondo dell’analisi strategica sulla sicurezza, più volte sentito per i suoi commenti anche da Formiche.net. La nomina di Colby si inserisce in un quadro di scelte che riflettono la volontà di Trump di rafforzare la postura americana nella competizione con la Cina e di ridefinire i rapporti con gli alleati.

In un contesto di crescente pressione strategica sull’Indo-Pacifico, dove gli Stati Uniti cercano di contenere l’ascesa cinese e garantire la stabilità nella regione, il suo ruolo sarà quello di costruire politiche coerenti con la visione trumpiana ma anche con la traiettoria che gli Usa stanno prendendo pensando al loro futuro su lungo raggio. Colby, considerato uno dei principali architetti della nuova strategia di difesa americana, è noto per le sue posizioni chiare e pragmatiche, che pongono al centro l’interesse nazionale e tarano su questo un uso mirato delle risorse americane.

Passato per la prestigiosa formazione di Harvard e Yale, ha costruito la sua reputazione come uno dei pensatori più influenti nel dibattito sulla difesa americana. Già autore del libro “The Strategy of Denial: American Defense in an Age of Great Power Conflict”, Colby sostiene che gli Stati Uniti debbano concentrare i propri sforzi sul contenimento della Cina, considerata la principale minaccia geopolitica del nostro tempo. Secondo questa lettura, la strategia vincente consiste nel negare a Pechino la possibilità di ottenere successi militari significativi, soprattutto in scenari critici come quello di Taiwan. L’America deve prepararsi per una guerra su Taiwan: “essere pronti è il modo migliore per evitare una lotta con la Cina”, spiegava in un articolo su Foreign Affairs.

Durante un’intervista al New Statesman, Colby ha dichiarato che il suo obiettivo non è provocare la Cina, ma segnalare chiaramente che gli Stati Uniti sono pronti a difendere lo status quo. Questo equilibrio tra fermezza e moderazione si riflette anche nel suo dialogo con Paesi come Giappone, Corea del Sud e Australia, che considera partner essenziali per garantire la sicurezza regionale.

L’importanza di prepararsi a un possibile conflitto nell’Indo-Pacifico, attraverso una postura difensiva solida e credibile, è considerato il modo migliore per scoraggiare la Cina ad azioni avventate, e mantenere la pace, da diversi pensatori americani. Questo approccio, tuttavia, richiede investimenti significativi non solo da parte degli Stati Uniti, ma anche degli alleati – siano essi gli europei del blocco Nato o gli indo-pacifici like-minded. E qui Colby ha ripetutamente invitato i partner americani, a Bruxelles come a Tokyo, ad aumentare la loro spesa militare e ad assumere un ruolo più attivo nella difesa collettiva.

Un altro elemento distintivo del pensiero di Colby è la sua critica alla tendenza degli Stati Uniti a voler essere il “poliziotto del mondo”. In un’intervista al Monde, Colby ha ribadito recentemente che Washington non può più permettersi di essere ovunque, soprattutto quando si tratta di scenari che gli alleati possono gestire autonomamente – su Formiche.net spiegava, a gennaio 2022, che dell’Ucraina devono occuparsi gli europei, per esempio, mentre gli Usa sono concentrati sull’Asia. Questo non significa un disimpegno, ma una redistribuzione delle priorità: meno focus sull’Europa e sul Medio Oriente e più risorse per contrastare la Cina nell’Indo-Pacifico, come da indicazioni generali fornite da Trump e dal suo precedente mandato.

È una sfida per un’Europa che intende configurarsi come attore geopolitico globale, alla ricerca di un’autonomia strategica su cui un parziale disimpegno degli Stati Uniti offre un’opportunità. L’amministrazione Trump si distinguerà per l’approccio pragmatico alle relazioni con gli alleati, e per Bruxelles sarà l’occasione di dimostrarsi in grado di muoversi – unita – in ottica non solo normativa. Le sfide geoeconomiche sono sempre più interconnesse a quelle geopolitiche, e se l’Ue vuole difendere le proprie unicità deve prendere consapevolezza su alleati e rivali.

Come sottolineato da un articolo di Gabriele Carrer, Colby ha puntualizzato che la difesa comune deve essere un impegno condiviso. Le sue dichiarazioni, spesso percepite come un avvertimento, mirano a spingere gli alleati a contribuire in modo più sostanziale, sia economicamente sia operativamente. Non stupisce, dunque, che Colby abbia trovato particolarmente interessanti alcuni passaggi del rapporto sulla crisi di competitività dei Paesi dell’Unione europea presentato a settembre da Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio italiano, spiegava Carrer: “Su X ne ha pubblicato alcuni estratti, in particolare quelli sulle dipendenze strategiche dell’Europa e sulla difesa, premettendo ‘Non prendetevela con me’”.

La nomina di Colby si inserisce perfettamente nella visione strategica di Donald Trump, che già durante il suo primo mandato aveva enfatizzato l’importanza di ricalibrare il ruolo globale degli Stati Uniti. Se confermato, lo stratega co-fondatore della Marathon Initiative, porterebbe essere tra i principali architetti di una politica di difesa che mira a garantire il predominio americano nel lungo termine, con una particolare attenzione alla competizione con la Cina – che servirà anche a bilanciare con profondità strategica traiettorie di maggiore apertura, che l’amministrazione potrebbe seguire secondo ottiche transazionali e di interesse (come quelle promesse da Elon Musk).

Chi è Colby, la mente strategica dietro il rilancio della politica di difesa americana

Trump compone la squadra e sceglie Elbridge Colby per guidare le policy del Pentagono secondo una strategia di lunga gittata, con la richiesta agli alleati (per primi gli europei) di aumentare il loro peso geopolitico

L’ultima risata, i 100 anni del capolavoro di Murnau che racconta la vecchiaia

Compie cento anni uno dei film-capolavoro dell’espressionismo tedesco: «Der letzte Mann», di Friedrich W. Murnau. Fu la rivelazione sul grande schermo di Emil Jannings. La Germania era sotto inflazione economica a causa dei debiti per la guerra persa. Un biglietto del tram 50 miliardi; un litro di latte 360 miliardi; un uovo 320 miliardi…

La Silicon Valley sfida i giganti della difesa. In arrivo un nuovo consorzio

Filtrano indiscrezioni su un nuovo consorzio di aziende high-tech, guidato da Palantir e Anduril, che punterebbe a rivoluzionare il settore degli appalti militari statunitensi. Sfidando i tradizionali colossi della difesa

Honda e Nissan insieme. Così il Giappone risponde alle auto elettriche cinesi

​Due dei principali costruttori asiatici annunciano l’avvio dei negoziati per una fusione da quasi 200 miliardi di dollari. Una scelta quasi obbligata per non essere travolti dalla spietata concorrenza di Pechino, che già in Europa ha mietuto le sue vittime

Xi mastica amaro. La Cina chiude il 2024 nel segno della sfiducia

Il premio sui titoli sovrani cinesi è ai minimi da 15 anni. Segno che per gli investitori i consumi non stanno ripartendo e che la Banca centrale dovrà per forza di cose intervenire, tagliando i tassi. Non è un buon segnale

Il pasticciaccio italiano per il governo con o senza referendum. Scrive Sisci

L’assoluzione di Salvini limita le possibilità della Lega di sganciarsi dal suo segretario, in un momento in cui all’orizzonte la situazione sembra complicata. Anche se non per tutti i componenti del governo. E il referendum sull’autonomia differenziata in tale chimica rischia di essere fatale

Il vertice in Lapponia rafforza il ruolo dell'Italia in Ue. Parla Calovini

Meloni partecipa al vertice in Lapponia assieme ai capi di governo di Svezia, Finlandia e Grecia e rafforza il ruolo dell’Italia sul piano internazionale. Migrazione e sicurezza rappresentano due priorità dell’agenda politica europea e l’approccio pragmatico del premier aiuta il nostro Paese a consolidarsi come interlocutore fondamentale. Colloquio con Giangiacomo Calovini, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Affari Esteri

Perché l’incontro tra Fidan e il nuovo signore della Siria è importante

Per la prima volta in giacca e cravatta, il leader di Hayat Tahrir al-Sham ha accolto il ministro degli Esteri turco. Al centro dell’incontro l’architettura costituzionale della nuova Siria e il futuro dei gruppi armati (comprese le Forze democratiche siriane sostenute da Washington)

Non è da Trump la pace giusta in Ucraina. L’opinione di Guandalini

Il mondo guarda al 20 gennaio 2025 quando si insedierà The Donald alla Casa Bianca. Da quel momento scatterà il countdown per chiudere la guerra tra Kyiv e Mosca. Non ci sarà la cosiddetta e male interpretata “pace giusta” ma prevarrà la filosofia del nuovo comandante in capo, comunque e sempre american first. A quel punto si sveleranno le debolezze dell’Unione europea, di Zelensky e di Putin. L’opinione di Maurizio Guandalini

Verde a tutti i costi? I dubbi di Lombardi e Maglio

Di Domenico Lombardi e Gabriele Maglio

Alcuni fattori combinati rendono il Green deal un campo minato di potenziali difficoltà economiche, sociali e politiche che l’Unione europea dovrà navigare con estrema cautela. L’analisi di Domenico Lombardi, professore di Pratica delle politiche pubbliche e direttore del Luiss policy observatory, e di Gabriele Maglio, research fellow presso il Luiss policy observatory

×

Iscriviti alla newsletter