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Un “Paesaggio infernale” di sistemi unmanned capace di saturare l’intero stretto di Taiwan, atto a impedire alle forze della People’s Liberation Army di realizzare con successo qualsiasi tipo di manovra ostile nell’area. Questo è l’obiettivo che gli Stati Uniti intendono realizzare con il progetto Hellscape, di cui l’ammiraglio Samuel Paparo, nuovo capo dell’Indo-Pacific Command, ha discusso con il Washington Post in un’intervista a margine dello Shangri-La Dialogue, l’evento incentrato sui temi della sicurezza e della difesa nell’area indo-pacifica che l’International Institute for Strategic Studies organizza a Singapore con cadenza annuale.

“Voglio trasformare lo Stretto di Taiwan in un paesaggio infernale di droni, utilizzando una serie di capacità classificate… Posso rendere le loro vite assolutamente miserabili per un mese, il che mi fa guadagnare tempo per il resto di tutto”, sono le parole utilizzate da Paparo per descrivere il progetto, concepito per contrastare “la probabile strategia di Pechino per sopraffare [Taiwan] con un attacco massiccio, [realizzato] con poco preavviso”.

Seppur senza fornire dettagli tecnici per ovvi motivi di riservatezza, le parole di Paparo permettono di trarre alcune conclusioni sull’evoluzione degli scenari di sicurezza internazionale nel settore indo-pacifico. A partire dal crescente ruolo dei droni e dell’utilizzo militare dell’Intelligenza Artificiale: la struttura di base del progetto che l’Indo-Pacific Command intende realizzare nelle acque antistanti Taiwan ricorda molto quella di Replicator, il programma del Dipartimento della Difesa atto a dispiegare nell’Oceano Pacifico prima della fine del 2025 una rete di capacità unmanned guidate dall’intelligenza Artificiale che attraversi tutti i domini bellici, di cui Indopacom ha ricevuto i primi componenti all’inizio del maggio scorso.

Ma in questa corsa agli armamenti, Washington non è certo da sola. “Negli ultimi anni, i droni militari e civili cinesi si sono sviluppati rapidamente. Gli Stati Uniti non devono dimenticare che la Cina ha la più grande capacità di produzione di droni al mondo. Anche noi utilizzeremo un gran numero di robot aerei per affrontare i nostri avversari. Gli americani dovrebbero pensare a come contrastare una flotta di droni della Pla più grande per numero”, ha commentato l’analista militare cinese Fu Qianshao, affermando che il nuovo piano operativo degli Stati Uniti trova ispirazione in quello che sta accadendo nella guerra in Ucraina, e che questa nuova strategia sia stata sviluppata sullo sfondo di un’industria navale americana in declino. “È possibile per gli Stati Uniti dispiegare migliaia di droni nello Stretto di Taiwan, ma la chiave è che le sue basi aeree saranno attaccate e noi abbiamo una serie di contromisure, tra cui l’interferenza elettromagnetica o i metodi di intercettazione emergenti” ha specificato Fu. A cui fa eco un altro consigliere militare della Repubblica Popolare, Song Zhongping, secondo il quale la Pla potrebbe dispiegare sistemi senza pilota che utilizzano tecnologie avanzate di intelligenza artificiale su scala più ampia per contrastare gli sciami di droni statunitensi.

Altri esperti vedono nel progetto illustrato da Paparo un segnale del cambiamento della postura statunitense nei confronti di Taiwan. Shi Yinhong, professore di relazioni internazionali presso la Renmin University, ha osservato che gli Stati Uniti stanno mostrando maggiori segni di “chiarezza strategica” nella difesa di Taiwan, il che potrebbe segnare un allontanamento dalla loro politica di lunga data basata invece sulla cosiddetta “ambiguità strategica”: a riprova di ciò l’esperto fa notare il fatto che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden avrebbe affermato in almeno quattro diverse occasioni che gli Stati Uniti avrebbero difeso Taiwan dall’ eventuale attacco proveniente dalla terraferma, rivelando la sua “profonda e ferma convinzione”.

 

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