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Ieri un portavoce del Pentagono, il colonnello Christopher Logan, ha annunciato ufficialmente che gli Stati Uniti hanno ritirato l’invito alla marina cinese, precedentemente chiamata a far parte all’esercitazione “Rim of the Pacific” (Rimpac); i più grandi wargame navali del mondo, che hanno cadenza biennale e coinvolgono un paio di dozzine di Paesi (si svolgono al largo delle Hawaii).

La Cina, invitata a gennaio, s’è vista notificare il rifiuto sotto l’accusa di aver militarizzato alcuni isolotti del Mar Cinese Meridionale, fascia pacifica dall’enorme valore commerciale (e di giacimenti) che Pechino contende a Vietnam, Malesia e Filippine – tre Paesi alleati americani. In particolare, Logan ha parlato dei missili anti-nave, quelli terra-aria, e i sistemi da guerra elettronica, piazzati sulle Spratly Islands, e dei bombardieri strategici a potenziale nucleare – come i tecnologici HK-6 – fatti atterrare alle Woody Islands.

“Riteniamo che questi recenti schieramenti e la continua militarizzazione di queste zone siano una violazione della promessa fatta dal presidente Xi [Jinping] agli Stati Uniti e al mondo”, ha detto Logan nella dichiarazione che l’amministrazione Trump gli ha affidato.

Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, che mercoledì a Washington ha incontrato il segretario di Stato americano Mike Pompeo, ha definito la decisione americana “non costruttiva”, scrive il Washington Post: “Speriamo che gli Stati Uniti cambino questa mentalità così negativa. Sia la Cina, gli Stati Uniti sono grandi Paesi, e siamo ben posizionati per avere una maggiore cooperazione in mare”, ha detto Wang in una conferenza stampa. “La Cina sta costruendo impianti civili, e alcune strutture di difesa sono necessarie sulle nostre isole”. Da notare il “nostre”: “Questo è un diritto all’autodifesa e alla conservazione di ogni stato sovrano”, ha detto Yi.

La vicenda è sintomatica del confronto globale a corrente alternata tra cinesi e americani: senza misteri, Washington ha definito Pechino una “rival power” con cui competere a tutto campo, e dunque anche se attualmente i due Paesi sembrano vicini alla soluzione (momentanea) dello scontro commerciale, ci sono altri dossier su cui si trovano in contrapposizione completa.

Il Mar Cinese è uno di questi: l’America non appoggia nessuna delle rivendicazioni di Pechino, anche perché sa che quelle acque hanno un valore strategico (vengono solcate dalla gran parte dei traffici commerciali che tagliano il Pacifico), e poi perché molti dei suoi partner regionali – necessari per bilanciare la presenza cinese nella regione – sono ai ferri corti con la Cina sulla disputa.

Con l’esclusione cinese dalle esercitazioni Rimpac gli Stati Uniti vorrebbero inasprire il meccanismo di pressione contro la militarizzazione degli isolotti contesi, che però di fatto è stata considerata un’occupazione illegittima già da una sentenza del 2016 – e nonostante questo Pechino non ha fermato la sua strategia.

La decisione arriva in un momento delicato per le relazioni tra Cina e Stati Uniti: oltre al dialogo sul dossier commerciale, c’è il maxi vertice programmato tra Kim Jong-un e Donald Trump. Inoltre, il prossimo mese James Mattis – che è il capo del Pentagono e dunque colui che formalmente ha sollevato l’invito alla Cina – andrà in visita di contatto a Pechino.

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