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Il primo segnale era arrivato otto giorni fa (qui lo speciale di Formiche.net), all’indomani dello stop di Matteo Salvini e Luigi Di Maio alla proposta di Sergio Mattarella per un un governo di tregua, giusto per approvare legge elettorale e finanziaria, fino al nuovo voto. Un brutto scivolone in Borsa (-1,6%) aveva accolto l’altolà dei due leader e lo spread era salito a 131 punti base. Oggi, la storia si ripete, ma per ragioni diverse. La famigerata bozza del contratto giallo-verde non trova la sponda dei mercati, in altre parole non convince.

Lo dicono i  numeri della giornata, con Piazza Affari in calo del 2,3% e lo spread sui 150 punti base. Ma stavolta c’è un terzo dato che forse allarma più degli altri. E cioè il rallentamento delle richieste del Btp Italia a 8 anni con tasso cedolare reale annuo minimo garantito allo 0,4%: il volume delle domande nei primi due giorni si è attestato a 3,723 miliardi di euro circa. Attenzione, nessun panico. Ma se gli investitori iniziano a diminuire l’acquisto di titolo pubblici, con cui lo Stato finanzia il suo debito pubblico, vuol dire che bisogna trovare un assetto politico e anche alla svelta.

Qualcosa, indubbiamente, sta innervosendo i mercati. Certamente le incertezze sulla formazione dell’esecutivo, ma sarebbe riduttivo. Una risposta l’ha provata a dare Bloomberg. Ad agitare le acque sarebbe l’indiscrezione (smentita dalla Lega) di un possibile accordo sulla richiesta all’Eurosistema di cancellare 250 miliardi di debito italiano. Un’idea definita “superata” nelle stesure seguenti del contratto di governo ma che comunque ha messo la pulce nell’orecchio agli investitori di mezzo mondo. Per gli addetti ai lavori la turbolenza  di queste ore è da leggere come un segnale di preoccupazione, senza isterismi.

“Brutta reazione stamane sia per l’azionario che per il governativo dopo il contratto pubblicato ieri sera”, dice a caldo Vincenzo Longo da Ig Markets. “Anche se i partiti hanno detto di aver rivisto i punti più discussi, gli investitori sembrano essere rimasti spiazzati dalle ipotesi  prese in considerazione dalle parti politiche”. In ogni caso, secondo l’esperto “la reazione è modesta, se si considera la portata della notizia”.

D’altronde, Confindustria ieri lo ha detto chiaro e tondo (qui il focus) in Parlamento. Basta scherzare col fuoco, si faccia un governo politico, il tempo dei giochetti è finito. Formiche.net ha sentito il parere Marecello Messori, economista e docente alla Luiss. “Partiamo da una premessa, fino ad ora siamo stati graziati dai mercati, perché si è creata una situazione di attesa. Ma l’attesa ha un termine e quello che più temono gli investitori è il rischio istituzionale. Dunque stiamo attenti, ma soprattutto evitiamo di lanciare messaggi negativi privi di ogni fondamento economico e finanziario”. Messori si riferisce proprio ai rumors circa la cancellazione di parte del debito italiano in pancia alla Bce.

“Pensare di poterlo fare equivarrebbe a monetizzare il nostro debito pubblico. Ma questo è contro agli attuali equilibri europei e non si può fare. Dunque basta con questi ballon d’essai anche perché questi sì che fanno innervosire i mercati, portando al punto di rottura”.

Chi sembra non temere proprio lo spread è Alberto Bagnai, economista e senatore in quota Lega. Che, ai microfoni di Radio 1 respinge ogni ipotesi di speculazione in chiave spread. “Se dopo l’esperienza Monti, insediato con il ricatto dello spread, che ha fatto aumentare il debito di 13 punti di Pil, gli italiani sono disposti ad accettare questo ricatto, allora direi che se lo meritano. Ma io non credo che siano disposti. Lo spread non dipende dal Dio mercato, ma da come viene gestito dalla Bce, adesso è basso nonostante il debito sia più alto e questo vuol dire solo una cosa: che il costo del debito pubblico viene gestito dalle politiche monetarie della Bce. Un differenziale che salisse sarebbe indicazione di un atteggiamento ingiustamente aggressivo della Bce nei nostri confronti”.

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