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“Il capo di Stato ha lanciato un drammatico appello ai partiti affinché tornino a dialogare tra di loro. E noi non lasceremo cadere nel vuoto questa richiesta. Non è da escludere che potremmo in un modo o in un altro anche contribuire alla formazione di un governo. L’ultima parola in merito spetterà però ai nostri militanti”. Così twittava venerdì pomeriggio, dopo l’ennesima riunione dei vertici, il capo dei socialdemocratici Martin Schulz.

Insomma, alla fine nemmeno lui ha potuto tenere ferma la sua precedente posizione di chiusura totale, cioè quella decisa la sera delle elezioni, di andare all’opposizione e cercare nei prossimi quattro anni di ricostruire il partito. Troppo forti le pressioni sia interne che esterne (per quanto, l’elettorato socialdemocratico si presenti diviso esattamente a metà) a rivedere quella decisione. Dunque Schulz ha aperto uno spiraglio, senza però aver ancora disinnescato la miccia e sgomberato il campo dalla possibilità di tornare subito alle urne. Anzi ha reso la situazione ancora più al cardiopalma. Perché il destino del Paese, a questo punto, è in mano ai 443 mila militanti dell’Spd. Una situazione non nuova a dire il vero, anche nel 2013 i socialdemocratici avevano sottoposto il programma della grande coalizione al voto dei loro iscritti. E già allora c’era chi si era chiesto, perché mai i militanti dell’Spd dovessero avere la prerogativa di prendere da soli questa decisione.

Dunque, è ancora assolutamente prematuro dire come finirà questa partita. Certo, per i tedeschi che stavano già pregustando il clima natalizio, che volentieri si sarebbero occupati di questioni assai più amene e gratificanti come la visita a un mercatino di Natale, la preparazione dei tradizionali biscotti, la scelta dell’abete da addobbare, la situazione attuale deve dare la sensazione di essere stati trasportati a loro insaputa in un altro Paese. Mai dalla fine della guerra si era verificata una situazione di tale incertezza.

Uno scenario in continuo mutamento, dove un giorno il capro espiatorio è Christian Lindner leader del partito liberale dell’Fdp, colpevole di aver chiuso le porte alla possibilità di una coalizione Giamaica (Cdu e Csu, più Verdi e Fdp); il giorno dopo viene messo in croce Schulz, che peraltro si trova in una situazione ancora più scomoda, perché qualsiasi cosa decida, ci sarà sempre un parte che lo attaccherà.

Non stupisce allora, per quanto la notizia appaia piuttosto priva di fondamenta, che la Welt abbia ventilato l’ipotesi che Schulz possa a un certo punto gettare la spugna, passare il testimone alla capogruppo parlamentare Andrea Nahles o al sindaco di Amburgo, Olaf Scholz. Ma c’è anche chi nega decisamente questa possibilità.

Anche perché Schulz l’attuale situazione – che pare assai scomoda – potrebbe volgerla a suo vantaggio e usarla per comportarsi da protagonista. Il capo dell’Spd ha due opzioni in mano: ritornare sui suoi passi, dichiararsi disponibile a entrare ancora una volta in una grande coalizione, ma ponendo tante e tali condizioni che Merkel non potrebbe più fare il gioco che ha fatto fino a ora, cioè avocare a sé tutti i meriti anche se, come per esempio nel caso del salario minimo, si è trattato di una iniziativa voluta e realizzata grazie all’Spd. Potrebbe porre come condizione per esempio, la revisione dell’età pensionabile, uno dei cavalli di battaglia dei socialdemocratici in campagna elettorale. Insomma Schulz potrebbe farsi pagare a caro prezzo il proprio ripensamento. Oppure costringere Merkel questa volta a stare su un bastimento molto ballerino, assicurando l’appoggio esterno dell’Spd a una coalizione di minoranza tra Unione (Cdu, Csu) e Verdi.

Questa seconda ipotesi, che piace meno all’elettorato nel suo insieme, per i socialdemocratici potrebbe invece rivelarsi la strategia vincente per loro. Perché Merkel con un governo di minoranza dovrebbe esporsi molto più di quanto abbia fatto in questi dodici anni.

Anche perché in questi ultimi giorni, c’è un fatto che curioso che a un certo punto è saltato agli occhi. Ci si è scervellati sulle ragioni del rifiuto di Lindner, ci si è chiesti quale possa essere la decisione migliore per l’Spd. In Baviera intanto si consuma la resa dei conti tra il governatore e capo della Csu Horst Seehofer e Markus Söder che si è stufato di fare l’eterno candidato al trono.

E Merkel? Di lei al momento si sa e si sente poco se non addirittura nulla. E così l’unico gesto plateale che ha fatto è stato registrato da tutti i media, cioè quello di andare martedì, all’apertura dei lavori parlamentari, a salutare personalmente Schulz. Questi appariva più che sorpreso da tanta attenzione e forse ne avrebbe fatto anche a meno. Per il resto il suo ruolo di capo del partito, di Kanzlerin e di eventuale candidato di punta se si dovesse tornare alle urne, appaiono ora come ora punti certi.

Appuntamento dunque alla prossima puntata che, a meno di imprevisti, dovrebbe andare in onda giovedì prossimo con tutti i protagonisti invitati dal capo di Stato.

Che cosa sta succedendo davvero fra Lindner, Merkel e Schulz

“Il capo di Stato ha lanciato un drammatico appello ai partiti affinché tornino a dialogare tra di loro. E noi non lasceremo cadere nel vuoto questa richiesta. Non è da escludere che potremmo in un modo o in un altro anche contribuire alla formazione di un governo. L’ultima parola in merito spetterà però ai nostri militanti”. Così twittava venerdì pomeriggio,…

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