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“I provvedimenti contro gli ebrei continuavano a cadere a scansione lenta come quei goccioloni radi, ma già carichi, che preludono alla tempesta”. Bastano poche righe per concepire l’intensità dell’ultimo libro di Lia Levi, “Questa sera è già domani”, presentato per la prima volta al Centro Studi Americani, non a caso, nella settimana in cui cade il Giorno della Memoria.

“Un libro straordinario reso possibile – come ha spiegato Simona Cives dell’Ufficio promozione della Lettura delle biblioteche di Roma – dall’impegno della casa editrice E/O e dai soggetti che aiutano questa città a ritrovarsi nei momenti importanti”. Il libro si inserisce, infatti, nel più ampio contenitore “Memoria genera futuro” perché, come ha ricordato Cives, “è molto importante che si conservi il tema della memoria affinché non si generino errori in futuro”.

Il libro, illustrato da Giorgia Calò, assessore alla cultura della comunità ebraica di Roma, narra la storia di un bambino ebreo, Alessandro, costretto a vivere l’orrore della fuga e l’urgenza del doversi nascondere durante le deportazioni naziste. Ma Alessandro non è un bambino qualunque, perché la sua storia altro non è che la “biografia di fuga” del marito della scrittrice, il noto giornalista, scrittore e intellettuale Luciano Tas, scomparso nel 2014.

E alla presentazione del libro c’è infatti – sebbene in telepresenza – anche Maurizio Molinari, direttore de La Stampa. Ci tiene a dire la sua su un libro “che sento particolarmente mio”, dove si racconta la storia di “una persona che ho avuto l’onore di conoscere, una persona sempre umile e dotata di grande discrezione”. Un libro che parla “del fulmine a ciel sereno della persecuzione”, della fuga, ma anche, dell’agognata “riconquista della libertà”.

Ma non è la vita del piccolo Alessandro, come ci si potrebbe aspettare, a girare attorno alla tragedia della persecuzione nazista. È invece la fuga a fare da sfondo a una famiglia, come tutte le altre, fatta di emozioni, sentimenti e problematiche che prevaricano il dramma delle leggi razziali.

“La storia è dietro”, spiega Lia Levi rispondendo a una delle domande poste sul palco da Paolo Conti, del Corriere della Sera. “Preferisco mettere in primo piano i personaggi. È questa la differenza con i libri di saggistica, io parto dai personaggi e la storia è solo lo sfondo. Racconto come reagisce il singolo personaggio alla storia che gli ruota attorno. La storia determina, ti sfida, ti uccide, però sono i personaggi da cui scelgo sempre di partire”.

La presentazione di “questo libro indicibile, di questa storia pazzesca capace di far muovere una serie di personaggi senza mai farti smarrire”, come l’ha definito Paolo Conti, è stata accompagnata dalle letture dell’attrice Paola Villoresi, capace di proiettare il pubblico all’interno del libro dopo solo poche parole.

Un libro scritto con uno stile “semplice, pulito”, l’ha definito Conti, perché Lia Levi “ama la parola che cammina scalza”, come ha confermato lei. Una storia da leggere per chi ama il giornalismo, per chi ama la storia, ma soprattutto per chi ama le storie di persone vere, fatte di paure, sogni e speranze e soprattutto, a ottant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali, per ricordare che le pagine più buie della storia non dovranno ripetersi. Mai.

Lia Levi Memoria Olocausto

L’orrore delle leggi razziali in un racconto da leggere

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