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Al Foglio si sono affrettati a mettere sui referendum autonomisti appena svoltisi in Lombardia e in Veneto la loro ciliegina, che peraltro è la firma abituale del direttore Claudio Cerasa.

Quest’ultimo ha attribuito ai due referendum consultivi, ripetibili altrove e funzionali a trattative col governo nazionale per aumentare l’autonomia delle regioni che vi aspirano, il significato di una sconfitta della Lega di lotta, rappresentata dal segretario del partito Matteo Salvini, a vantaggio di una Lega “di governo” rappresentata dai governatori della Lombardia e del Veneto.

Eppure l’ex ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, presidente del Veneto, ha appena festeggiato l’esito pur virtuale della consultazione alzando subito la posta del negoziato con Palazzo Chigi, se non dovesse ottenere ciò che chiede o si aspetta sul piano finanziario. Egli ha minacciato la candidatura della sua regione al regime dello statuto speciale di quelle limitrofe – il FriuliVenezia Giulia e il Trentino Alto Adige – e di quelle lontane della Valle d’Aosta, della Sardegna e della Sicilia. Come Lega di governo di uno Stato unitario e ben amministrato, specie considerando l’uso del regime speciale che si è riusciti a farne la Sicilia, non c’è male.

Ammessa e non concessa la rappresentazione fattane dal direttore di un giornale che d’altronde ha appena celebrato a Firenze, con la partecipazione di Matteo Renzi, la festa dei “foglianti ottimisti”, l’esito dei referendum di domenica scorsa aprirebbe per la prossima legislatura lo scenario auspicato da Cerasa di una coalizione di governo fra il Pd, Forza Italia e la Lega di un Salvini rassegnato o rinsavito. Che d’altronde – ha fatto notare il direttore del Foglio – sta già contribuendo in Parlamento all’approvazione della nuova legge elettorale.

Lo stesso presidente della Repubblica, sempre secondo la ciliegina fogliante messa sui referendum autonomisti, dovrebbe avvertire l’opportunità di favorire la formazione di una simile maggioranza nella prossima legislatura.

Non so francamente se per fortuna o sfortuna, si dà il caso che gli scenari politici immaginati o raccomandati dal Foglio vengano spesso smentiti dalla realtà.

Prima di annunciare e poi disertare la festa fogliante di sabato e domenica scorsa a Firenze, convinto probabilmente che continuerà lo stesso ad essere “l’amor nostro”, come lo chiamano in redazione, Berlusconi aveva procurato al giornale di Ferrara e di Cerasa l’anno scorso la delusione di non accettare i loro pressanti inviti a partecipare alla campagna referendaria a favore della riforma costituzionale del “royal baby”. Così affettuosamente veniva definito l’allora presidente del Consiglio dal fondatore del Foglio in un libro quasi araldico.

Berlusconi non solo partecipò a quella campagna referendaria sul fronte del no, ma lo fece in compagnia di Beppe Grillo, Massimo D’Alema, Gustavo Zagrebelsky, Ciriaco De Mita, Antonio Ingroia e la Lega di Salvini. Quella riforma, peraltro, cercava di contenere i danni procurati da quell’altra sul cosiddetto federalismo, o regionalismo differenziato, improvvisata nel 2001 dalla sinistra e da questa poi rinnegata di fronte ai guasti provocati.

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