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Quello con protagonista Nuctech, società controllata dal governo cinese e specializzata in scanner per merci, bagagli e persone, sembra un film già visto. Ricorda molto, infatti, quello sui fornitori cinesi – Huawei e Zte in particolare – nel settore delle telecomunicazioni, a incominciare dal 5G. Gli alleati dell’Italia, a partire dagli Stati Uniti, li considerano un rischio per la sicurezza nazionale e si aspettano che di questi timori si tenga conto nelle procedure degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni, che spesso vedono nel fattore economico l’elemento decisivo (e per i prodotti “made in China” questo è un vantaggio).

Per il 5G il governo ha lavorato rafforzando lo strumento Golden Power e realizzando il Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica per mitigare i rischi legati alle tecnologie cinesi. Su prodotti come gli scanner, invece, la Pubblica amministrazione continua ad aspettare l’indicazione politica, anche perché non vuole rischiare procedimenti della Corte dei conti per aver affidato un bando a chi non offriva la soluzione più conveniente economicamente.

E così si verifica quanto accaduto nei mesi scorsi. A ottobre il South China Morning Post ha rivelato che Nuctech aveva vinto due bandi di gara dell’Agenzia delle Dogane per sei scanner mobili per altrettanti porti italiani e quattro scanner a retrodiffusione di raggi X per gli uffici della stessa agenzia. L’offerta della società cinese era stata valutata la migliore in quanto meno costosa nel caso dei primi sei scanner per i porti (7 milioni di euro in meno rispetto al prezzo di gara) e più veloci nella consegna dell’attrezzatura. Secondo il giornale il costo complessivo per l’Agenzia delle Dogane sarebbe di 15 milioni di euro che arriverebbero dai fondi del Piano nazionale ripresa resilienza. “I fondi dell’Unione europea destinati a proteggere i nostri confini non dovrebbero andare a una società cinese legata all’esercito che è sotto inchiesta per sussidi ingiusti”, aveva commentato l’europarlamentare olandese Bart Groothuis.

Il tema riguarda i rapporti tra Italia e Stati Uniti, considerato che Nuctech è stata tra le aziende tecnologiche cinesi inserite nella lista nera dal governo degli Stati Uniti nel 2020 per ragioni di sicurezza nazionale. E la scorsa settimana Tilman Fertitta ha evidenziato che darà priorità ai rapporti tra Roma e Pechino nel suo mandato da ambasciatore americano in Italia.

Ma riguarda anche i rapporti tra Italia e Unione europea. A fine marzo Nuctech si è vista respingere dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea un ricorso contro la decisione della Commissione europea di ispezionare l’azienda ai sensi del Regolamento sulle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno. Il tutto dopo che la stessa Commissione europea aveva deciso di avviare indagini per valutare se i sussidi avessero permesso ad alcune aziende cinesi di presentare offerte eccessivamente vantaggiose nelle gare d’appalto, a scapito dei concorrenti europei. “Ribadiamo che Nuctech non ha ricevuto sussidi illeciti né ha intrapreso pratiche che distorcono il mercato interno dell’Unione europea”, ha affermato in una dichiarazione la società rendendo nota la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione europea. “Continueremo a confrontarci con le autorità competenti per chiarire la nostra posizione e mantenere il nostro impegno per una concorrenza leale e il rispetto delle normative sul mercato interno dell’Unione europea”, si legge ancora.

Nuctech, come e perché la “nuova Huawei” spaventa gli alleati

La società cinese, controllata dal governo e specializzata in scanner per merci, bagagli e persone, ha vinto bandi d’appalto per l’Agenzia delle Dogane. Il caso richiama alla mente le controversie precedenti legate a fornitori cinesi nel 5G, evidenziando le crescenti preoccupazioni sulla sicurezza nazionale espresse dagli alleati, in particolare Usa e Ue. Per questi prodotti manca una chiara indicazione politica, con il rischio di affidare appalti basandosi principalmente su valutazioni economiche

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