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Mentre il Partito Democratico e Matteo Renzi hanno ancora in testa il 40% ottenuto alle Elezioni Europee del 2014, in Francia già si pensa a quelle del 2019. Il sasso nello stagno lo ha lanciato Alain Juppé, ex primo ministro e oggi sindaco di Bordeaux. All’età di 72 anni Juppé è “en marche” verso Emmanuel Macron: questo il gioco di parole con cui Le Figaro ha illustrato le grandi manovre già in corso tra il movimento del presidente e l’ala juppeista dei “repubblicani”. C’è infatti bisogno, questa è la sua proposta politica, di un grande centro attorno alla figura di Macron per arginare l’avanzata del populismo anti-euro. E l’ancien primo ministro è disponibile a dare una mano, dopo aver perso un anno fa le primarie per la guida dei Repubblicani contro François Fillon e Nicolas Sarkozy. Un grande movimento di centro, una lista, che raccolga anche la parte del partito socialista disposta a collaborare, per contrastare i “nemici” del Front National di Marine Le Pen e de la “France Insoumise” di Jean-Luc Mélenchon.

Juppé spinge per una nuova composizione politica che unisca En Marche con neogollisti e socialisti. E il progetto, ovviamente, avrebbe la benedizione di Manuel Valls, del centrista François Bayrou e anche di Sarkozy. Un modo come un altro, per l’ultimo presidente dell’Ump approdato all’Eliseo, per dare fastidio a Laurent Wauquiez, probabile futuro leader de Les Républicains. Secondo i suoi detrattori, Wauquiez alla guida virerebbe troppo a destra, ripescando temi e argomenti cari al Front National.

Ma c’è anche chi è rimasto sorpreso dal tentativo di Juppé di costruire un fronte comune con l’inquilino dell’Eliseo. Valérie Pécresse, presidente dell’Île-de-France, ha subito preso le distanze dal primo cittadino di Bordeaux, che aveva pure sostenuto alle primarie repubblicane di pochi mesi fa. “Ci sono europeisti – ha detto Pécresse – sia a destra come a sinistra, Mitterrand lo era e non ho mai votato per una lista dei socialisti. Macron è un discendente di Dominique Strauss-Kahn, è un blairiano e io sono per costruire una destra europea all’interno del Ppe”. Anche un’altra maggiorente del partito condanna la proposta politica: l’ex ministro Michèle Alliot-Marie, oggi eurodeputata, ha annunciato il suo pieno sostegno a Wauquiez. Il rebus, ovviamente, sarebbe quello della leadership: chi potrebbe mai mettersi alla testa di questo rassemblement, con Macron già impegnato a governare il Paese? Senza dimenticare il collocamento nei gruppi parlamentari europei. Così le dichiarazioni di Juppé hanno messo subbuglio nei Républicains, che meditano già la rivincita contro Macron nel 2022 e sono in piena campagna per decidere chi guiderà il partito.

Le Figaro ha provato a confrontare i profili dei protagonisti di questa unione d’intenti. “Juppé – scrive il quotidiano – ha perso, ma lo “juppeismo” ha vinto per interposta persona, grazie a Macron. La sua idea di dar vita a un grande movimento centrista, non sbilanciato a destra, l’ha realizzata Macron, che ha incarnato quel rinnovamento che Juppé non è mai riuscito a rappresentare”. Juppé è stato poi interrogato da Le Point. Sta tendendo una mano a Macron o sta sbarrando la strada a Wauquiez? Né l’uno né l’altro, però condivido le posizioni europeiste di Macron, che sta facendo cose buone per il Paese. Ma rimango critico su altre, come la sua riforma delle politiche abitative. Non sono en marche, ma non sono neanche immobile. Diciamo che sono in movimento”. Una Democrazia Cristiana francese punta dritta verso le Europee del 2019.

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Che cosa stanno studiando insieme Macron, Juppé e Valls

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