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Hanno fatto molto bene il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ed il direttore generale Giovanni Sabatini ad insorgere contro le recenti proposte della Vigilanza europea (SSM – Single Supervisory Mechanism) di imporre alle banche svalutazioni integrali e automatiche sui nuovi crediti deteriorati (Npl) in tempi stringenti e tassativi. Come hanno fatto altrettanto bene Confindustria, Confcommercio e Rete Imprese Italia ad unirsi al coro del dissenso visto che le proposte dell’SSM avranno ripercussioni non solo sugli istituti, ma anche sul nostro tessuto imprenditoriale.

E questo per almeno due ordini di motivi. Il primo è che le nuove regole sui Npl, attualmente poste in consultazione, colpirebbero il nostro sistema bancario in termini di maggiori accantonamenti e maggior patrimonio proprio mentre si va consolidando un processo continuativo di riduzione delle sofferenze nette (- 23% nei primi 7 mesi del 2017). Il secondo è che queste norme di vigilanza presentano almeno 2 fattori di criticità: uno legato al momento del loro impatto, l’altro alla loro diversa velocità di impatto.

Per quanto riguarda il primo fattore, ispirandoci alla scala utilizzata per l’allarme terrorismo, possiamo rappresentare la rischiosità della situazione economico finanziaria europea utilizzando una scala composta da 4 stadi di allerta. Allarme rosso (elevato rischio di crisi sistemica), allarme arancione (consistente rischio di crisi sistemica), allarme blu (rischio moderato/ ripresa moderata e fragile), allarme verde (rischio di crisi  basso/ ripresa sostenuta e strutturale). Volendo calare la scala su un asse temporale, direi che fino al 2015 l’Europa ha alternato situazioni da allarme arancione a momenti da allarme rosso. Sicuramente, però, era in allarme rosso nella notte del 26 Ottobre 2011 quando il Consiglio Europeo impose precipitosamente alle principali banche europee di innalzare il patrimonio di prima qualità (Core Tier 1) al 9% degli impieghi ponderati per il rischio entro una manciata di mesi. Seguirono momenti da “panico allo stadio” anche perchè molte banche avevano un rapporto intorno al 6% e le ripercussioni sui flussi creditizi diretti alle imprese furono molto pesanti. Ma eravamo in emergenza conclamata. Dalla fine del 2015, sopita la crisi greca e grazie alle misure straordinarie volute da Mario Draghi, navighiamo in una situazione intermedia di allarme blu, caratterizzata da rischi sistemici moderati abbinati, però, ad una crescita ancora fragile e disomogenea a livello europeo. Il grosso problema è che interventi drastici quali quelli oggi proposti sui crediti deteriorati dall’SSM possono avere un senso in situazioni di allarme rosso dove l’obiettivo è la gestione dell’emergenza. Oppure possono avere una validità in situazioni di allarme verde quando l’andamento aggressivo dell’economia è in grado di assorbire l’impatto di misure, anche violente, volte al rafforzamento strutturale dei sistemi bancari (funzione anticiclica). Ma non dovrebbero mai essere attivati nelle fasi di “innesco” della crescita come quella attuale. Altrimenti, il grosso rischio è che l’applicazione di misure di emergenza in questa fase impedisca ai sistemi bancari di supportare con adeguati flussi creditizi un sistema imprenditoriale non ancora sorretto da una congiuntura vivace, strangolando così la debole ripresa.

Il secondo fattore di criticità riguarda invece la diversa velocità di impatto delle misure in esame. Ora, non c’è dubbio che l’obiettivo dell’SSM, assolutamente condivisibile, sia quello di rendere il sistema bancario europeo più solido e resiliente a fronte di futuri shock sistemici. Tuttavia, questo consolidamento strutturale può esplicare i suoi effetti solo in un arco temporale di medio periodo. Il grosso problema è che le regole in proposta sugli Npl tendono, invece, ad avere un impatto immediato sul mondo imprese in termini di riduzione dei flussi creditizi e di possibile aumento del costo del denaro. Inoltre, come se non bastasse, l’SSM ha più volte affermato che probabilmente interverrà anche sullo stock di credito non performing oggi in essere (al momento escluso dalle proposte in esame), iniettando così una buona dose di incertezza nei mercati. Il punto è che con questi annunci si sottovaluta la pericolosità del “ Fattore S”, ossia del sentiment dei mercati che rappresenta le ansie, le paure, le elucubrazioni, le aspettative dei mercati stessi. Infatti, questo “Fattore S” è perfettamente in grado di aumentare la velocità di impatto delle nuove proposte sugli Npl creando contraccolpi al sistema bancario e al tessuto imprenditoriale anche prima che le nuove regole di vigilanza siano approvate definitivamente. E allora ciò che oggi dovremmo davvero evitare è che misure di emergenza quali quelle in esame abbiano sulla ripresa lo stesso effetto di una chiave inglese che, sfuggita di mano nel tentativo di stringere troppo i bulloni, finisca nella turbina bloccando il reattore ancora in riscaldamento.

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