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Che cosa sta succedendo alla trevigiana fondazione Cassamarca, nata sulle ceneri della Cassa di risparmio della Marca Trivigiana, dal 1998 confluita in Unicredit? L’ente presieduto da Dino De Poli è finito nei giorni scorsi al centro di uno scontro tra il Movimento 5 Stelle e il ministero dell’Economia, a seguito di un’interrogazione parlamentare al Mef (qui il testo) presentata alla Camera dal grillino Federico D’Incà lo scorso 6 aprile e che ha portato gli uomini del Tesoro dentro la Fondazione.

LA RELAZIONE DEL TESORO

Il punto di partenza è per l’appunto la radiografia effettuata dal Mef su Cassamarca. E il risultato non è per nulla soddisfacente. Un conto economico chiuso nel 2016 con 6 milioni di euro di perdite quando le previsioni fatte mesi prima ipotizzavano di chiudere i conti con l’anno passato registrando 1,4 milioni di avanzo. Un patrimonio in calo stimato a 494 milioni (era di 1 miliardo) ma con un ampio margine di incertezza visto che come evidenziato dai documenti interni “al netto dei debiti del gruppo , considerando il valore di Unicredit, degli asset finanziari e degli investimenti immobiliari si può ritenere che il patrimonio reale della Fondazione sia significatamente inferiore rispetto a quanto messo a Bilancio”.

LO SPETTRO DERIVATI

Immancabili poi, i derivati e la loro scia di guai. Già dalla fine del 2008 il Tesoro chiese informazioni a Fondazione Cassamarca sui suoi investimenti. Allora, scrive il Mef, emerse che “alcune tipologie di investimento in derivati non erano sempre compatibili con i vincoli sanciti dalla norma né con la natura e gli scopi delle Fondazioni” e venne chiesto a Fondazione di astenersi da simili azioni, e rendicontare le esistenti. Alla fine pare che l’Ente ha avviato “un piano di riduzione e nel 2015 ha chiuso i conti aperti”.

LA TESTA DI DE POLI

La reazione del M5S alla risposta del Tesoro non si è fatta attendere. E lo stesso giorno in cui venivano resi noti i risultati dell’indagine D’Incà gridava “all’ennesimo scandalo che colpisce la terra veneta. Dopo il Mose e le banche popolari venete. Ancora una volta assistiamo alla distruzione di valore economico che in questo caso colpisce la fondazione Cassamarca. Sono allibito nel vedere come fin dal 2008 il Mef abbia comunicato alla fondazione che non doveva gestire strumenti rischiosi come i derivati che sono al di fuori della gestione propria dell’ente e di come gli investimenti immobiliari effettuati dalla fondazione siano stati generatori di costi e non di reddito”. Di qui la richiesta per un’immediata rimozione del patron di Cassamarca, Dino De Poli, peraltro “retribuito con 10 milioni di euro di compensi e che ha portato al disastro questo Ente. Tutti i cittadini trevigiani devono chiedere le dimissioni di Dino De Poli da Presidente di Cassamarca, quest’uomo non può restare fino a scadenza 2018”.

SORVEGLIATA SPECIALE

Tornando alla risposta del Mef, nell’attesa di sviluppi l’unica certezza è che Cassamarca rimane sorvegliata speciale. Scrive infatti il Tesoro: “L’evidenza di come l’attuale situazione della Fondazione sia la risultante di varie operazioni poste in essere in anni passati, i cui aspetti critici, richiamati anche dagli onorevoli interroganti, si ritiene siano stati e siano tutt’ora puntualmente affrontati dall’Autorità di vigilanza e, alla luce dei principi operativi vigenti, non risultino oggi più ammissibili”.

Tutti i nuvoloni estivi sulla Fondazione Cassamarca di De Poli

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