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Donald Trump continua ad attaccare sul Russiagate. Mentre i suoi legali hanno cercato invano nelle passate settimane di mettere in sordina l’inchiesta annichilendo l’interesse con la spiegazione in Tv di cavilli tecnici, il presidente non ha mai mollato la linea aggressiva. Che ora si concentra sul conflitto di interessi all’interno dell’Fbi e del dipartimento di Giustizia.

L’ATTACCO A MCCABE

L’attacco di oggi si rivolge contro l’acting director dell’Fbi, Andrew McCabe, e lo incolpa di non essere limpido perché sua moglie ha ricevuto un aiuto economico quando si candidò al senato statale della Virginia da circoli vicini ai Clinton. Non è la prima volta che Trump tira in ballo la vicenda contro colui sostituisce pro-tempore James Comey, l’ex direttore del Bureau che il presidente stesso ha cacciato (più o meno ufficialmente) perché si stava spingendo troppo oltre sull’inchiesta sulla Russia. L’attacco ai McAbes era stato già usato durante un’intervista che il presidente aveva concesso – anche in questo caso in modo inusuale – al New York Times nei giorni scorsi.

ALLA RICERCA DI SCHELETRI

Da giorni è noto che il team legale ingaggiato da Trump per sostenere la sua difesa personale all’interno dell’inchiesta sulle interferenze russe e sulle eventuali collusioni dei suoi uomini, sta cercando di delegittimare lo staff dello special counsel Robert Mueller, nominato dalla Giustizia per supervisionare l’indagine. Uno dei piani del gruppo guidato da Marc Kasowitz è cercare di scovare scheletri nell’armadio tra i collaboratori di Mueller.

LA STORIA DI JILL MCCABE

Trump tira in ballo Jill McCabe. La moglie del direttore facente funzione dei federali è una pediatra che si è candidata al senato statale della Virginia nel 2015, ricevendo un finanziamento di circa 660 mila dollari dalla governatrice Terry McAuliffe, democratica, amica di famiglia di Bill e Hillary Clinton. L’Fbi sottolineò in una dichiarazione nel 2016 che Andrew McCabe “non ha avuto alcun ruolo, non ha partecipato a eventi e non ha partecipato a raccolte di fondi o dato sostegno di alcun tipo” per la candidatura di sua moglie. Tre mesi dopo la sconfitta elettorale della moglie, McCabe fu incaricato di supervisionare l’indagine sulle mail gestite da Clinton su un server privato quando era segretario di Stato. In quell’occasione l’Fbi aprì e chiuse l’inchiesta due volte, senza trovare nessun dolo ma solo “negligenza” disse Comey, e la democratica ha raccontato che fu uno dei momenti che segnò più negativamente la sua candidatura.

LO SCONTRO CON SESSIONS

L’attacco a McCabe segna uno scontro aperto tra Trump e il dipartimento di Giustizia (che supervisiona l’Fbi) e il suo segretario, l’ex amico e alleato Jeff Sessions, contro cui Trump s’è scagliato proprio durante l’intervista al Nyt accusandolo di averlo tradito quando ha scelto di ricusarsi sul Russiagate. Sessions fece quella scelta per cercare di essere trasparente dopo che erano uscite informazioni su un suo colloquio con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti (una delle pedine centrali del caso) durante la campagna elettorale – contatti non rivelati durante le audizioni al Senato. In un altro tweet il presidente ha accusato Sessions di aver preso una posizione troppo debole sui “crimini” di Hillary – Sessions ai tempi del cosiddetto Emailgate non era a capo del dipartimento di Giustizia.

Perché Trump sballotta Fbi e dipartimento di Giustizia

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